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Mandato di arresto europeo: la validità del cumulo pene

La Cassazione chiarisce la validità di un mandato di arresto europeo basato su un provvedimento di cumulo pene. Il ricorso di un cittadino rumeno, che lamentava la violazione delle garanzie difensive per una condanna in assenza, è stato respinto. La Corte ha stabilito che le garanzie si applicano alle singole sentenze di condanna e non al successivo provvedimento che ne ridetermina la pena complessiva.

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Pubblicato il 15 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Mandato di arresto europeo e cumulo pene: la Cassazione fa chiarezza

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 19356 del 2024, offre importanti chiarimenti sulla validità del mandato di arresto europeo quando questo si fonda non su una singola sentenza, ma su un provvedimento che unifica più pene. La decisione affronta il delicato equilibrio tra le esigenze di cooperazione giudiziaria europea e la tutela dei diritti di difesa, specialmente in caso di condanna in assenza dell’imputato.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine dalla richiesta di consegna, avanzata dalle autorità giudiziarie della Romania, nei confronti di un cittadino rumeno, sulla base di un mandato di arresto europeo. La richiesta era finalizzata all’esecuzione di una pena complessiva di tre anni, sei mesi e ottanta giorni di reclusione per vari reati, tra cui una tentata truffa.

La Corte di Appello di Torino aveva concesso la consegna, seppur parzialmente. Aveva infatti escluso i reati di guida senza patente per mancanza del requisito della doppia punibilità (ovvero, il fatto non era previsto come reato con le stesse caratteristiche in Italia), ma aveva confermato la consegna per la tentata truffa, la cui pena era stata determinata in due anni di reclusione.

L’interessato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione, sollevando una questione cruciale. Sosteneva che il provvedimento rumeno non fosse una vera e propria sentenza, ma un’ordinanza emessa in fase esecutiva per rideterminare la pena complessiva a seguito del riconoscimento del reato continuato. Elemento centrale del ricorso era il fatto che il condannato non avesse mai avuto conoscenza del processo per tentata truffa, essendo stato assolto in primo grado e condannato in appello in absentia. Di conseguenza, la garanzia di poter richiedere un nuovo processo, assicurata dalle autorità rumene, sarebbe stata, a suo dire, inefficace, perché applicabile solo al provvedimento di cumulo e non alla sentenza di condanna originaria.

L’applicazione del mandato di arresto europeo

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato. I giudici hanno chiarito un punto fondamentale della disciplina sul mandato di arresto europeo, contenuta nella Legge n. 69 del 2005.

Secondo la Suprema Corte, la normativa europea e quella nazionale richiedono unicamente l’esistenza di una ‘sentenza esecutiva’ o di un’altra ‘decisione giudiziaria esecutiva’ con la stessa forza. Non ha alcuna rilevanza, quindi, che il titolo alla base del mandato sia un provvedimento di rideterminazione della pena, assimilabile a un incidente di esecuzione nel nostro ordinamento.

Le motivazioni

Il fulcro della motivazione risiede nell’interpretazione dell’articolo 6 della Legge 69/2005. La garanzia prevista per l’imputato condannato in sua assenza — ossia la possibilità di richiedere un nuovo processo o un’impugnazione con riesame del merito — si applica alle sentenze di cognizione che hanno accertato la sua colpevolezza. Nel caso di specie, tale garanzia riguarda la sentenza di condanna per tentata truffa, non il successivo provvedimento che ha semplicemente unificato le pene. Pertanto, la promessa delle autorità rumene di consentire una nuova valutazione del merito della condanna è stata ritenuta sufficiente e conforme alla legge.

La Corte ha inoltre confermato la correttezza dell’operato della Corte di Appello, la quale ha agito in modo appropriato ‘frazionando’ il provvedimento alla base del mandato. Ha correttamente escluso la consegna per i reati non previsti dalla legge italiana e l’ha concessa per il reato di tentata truffa, che trova un esatto corrispondente nell’articolo 642 del codice penale italiano. La verifica si è dunque conclusa positivamente, basandosi sulle informazioni complete fornite dall’autorità richiedente.

Le conclusioni

Questa sentenza ribadisce la natura del mandato di arresto europeo come strumento agile di cooperazione giudiziaria, fondato sul principio del mutuo riconoscimento delle decisioni giudiziarie. La validità del mandato non dipende dalla tipologia formale del provvedimento (sentenza di condanna o ordinanza esecutiva), ma dalla sua esecutività. Soprattutto, la Corte chiarisce che le tutele per l’imputato giudicato in assenza si concentrano sul processo di merito che ha portato alla condanna, garantendo che egli possa effettivamente difendersi dalle accuse, anche se questo avviene in un secondo momento. La decisione consolida un’interpretazione che favorisce l’efficienza del sistema di consegna, senza sacrificare le garanzie fondamentali del giusto processo.

Un mandato di arresto europeo può basarsi su un provvedimento che cumula più pene?
Sì. Secondo la Corte, la legge richiede semplicemente l’esistenza di una decisione giudiziaria esecutiva, e un provvedimento che determina una pena complessiva per più reati rientra in questa categoria, essendo irrilevante la sua natura formale.

Se una persona è condannata in assenza, la garanzia di un nuovo processo si applica anche al provvedimento di cumulo pene?
No. La garanzia di poter richiedere un nuovo processo o un’impugnazione con riesame nel merito si applica specificamente alle sentenze di cognizione che hanno stabilito la colpevolezza, non al successivo provvedimento di natura esecutiva che si limita a unificare le pene.

La Corte italiana, nell’eseguire un mandato di arresto europeo, deve concedere la consegna per tutti i reati indicati?
No. La Corte di Appello ha il dovere di esaminare ciascun reato indicato nel mandato. Deve negare la consegna per quei reati che non soddisfano i requisiti di legge, come la doppia punibilità (ossia se il fatto non è reato in Italia), e concederla solo per quelli che li rispettano.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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