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Mandato d’arresto europeo: quando l’Italia dice no

Un cittadino italiano, condannato in Belgio, si oppone alla consegna tramite un mandato d’arresto europeo. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 46360/2024, annulla la decisione di consegna. Sancisce il diritto del cittadino a chiedere di scontare la pena in Italia, in base all’art. 18-bis della L. 69/2005, per favorire la finalità rieducativa della sanzione, anche se la condanna estera è avvenuta in assenza, purché sia garantita la possibilità di un nuovo processo.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Mandato d’Arresto Europeo e Cittadinanza: la Cassazione Protegge il Diritto a Scontare la Pena in Italia

Il mandato d’arresto europeo (MAE) rappresenta uno strumento fondamentale di cooperazione giudiziaria all’interno dell’Unione Europea, ma il suo funzionamento deve sempre bilanciarsi con la tutela dei diritti fondamentali dell’individuo. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 46360/2024) interviene proprio su questo delicato equilibrio, chiarendo i presupposti per cui un cittadino italiano può legittimamente chiedere di scontare in Italia una pena inflitta da un altro Stato membro. Il caso offre spunti cruciali sul rapporto tra giustizia europea e sovranità nazionale nella protezione del percorso rieducativo del condannato.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da un mandato d’arresto europeo emesso dal Pubblico Ministero di Limburg, in Belgio, nei confronti di un cittadino italiano. Il mandato era finalizzato all’esecuzione di una condanna a tre anni e un mese di reclusione per reati di truffa continuata e vendita di prodotti contraffatti. La Corte d’appello di Milano aveva inizialmente disposto la consegna del cittadino alle autorità belghe. Contro questa decisione, la difesa ha proposto ricorso in Cassazione, sollevando questioni di fondamentale importanza giuridica.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa ha articolato il ricorso su tre motivi principali:
1. Violazione del diritto di difesa: La sentenza di condanna belga era stata emessa al termine di un processo svoltosi non solo in assenza dell’imputato (in contumacia), ma anche senza l’assistenza di un difensore, in palese violazione del principio del contraddittorio e del giusto processo.
2. Rischio di trattamenti inumani: La Corte d’appello non aveva verificato le condizioni delle carceri in Belgio, omettendo di accertare se la consegna avrebbe esposto il cittadino a trattamenti inumani o degradanti, un tema già sollevato in altre pronunce della stessa Cassazione.
3. Mancato accoglimento dell’istanza di esecuzione della pena in Italia: Era stata rigettata la richiesta di applicare l’art. 18-bis della legge n. 69/2005, che prevede la possibilità per la Corte d’appello di rifiutare la consegna e disporre che il cittadino italiano sconti la pena nel proprio Paese.

L’Analisi della Corte sul mandato d’arresto europeo

La Corte di Cassazione ha esaminato i motivi, giungendo a conclusioni differenziate.

Sul primo punto, relativo al processo in assenza, la Corte ha ritenuto il motivo infondato. Le autorità belghe avevano infatti assicurato che, una volta consegnato, il condannato avrebbe avuto la possibilità di opporsi alla sentenza entro 15 giorni e ottenere un nuovo processo in sua presenza e con l’assistenza di un difensore. Questo rimedio, assimilabile alla nostra rescissione del giudicato, è stato considerato sufficiente a sanare la violazione iniziale, in linea con la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (causa C 504/2024 PPU Anacco).

Il terzo motivo, invece, è stato ritenuto fondato e decisivo. L’accoglimento di questo punto ha reso superfluo l’esame del secondo motivo sulle condizioni carcerarie.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha ribadito che l’art. 18-bis, comma 1, n. 2, della legge n. 69/2005 configura un motivo di rifiuto facoltativo della consegna. La norma consente alla Corte d’appello di rifiutare la consegna di un cittadino italiano, a condizione che disponga l’esecuzione della pena in Italia secondo il diritto interno. La Cassazione ha chiarito alcuni aspetti fondamentali per l’applicazione di questa norma.

In primo luogo, è sufficiente il possesso formale della cittadinanza italiana, senza che sia necessario accertare un “effettivo radicamento” del soggetto nel territorio nazionale. Questo semplifica notevolmente l’applicazione della tutela.

In secondo luogo, la decisione di rifiutare la consegna deve basarsi su un bilanciamento di interessi. Da un lato, c’è l’interesse dello Stato che ha emesso la condanna a vederla eseguita; dall’altro, c’è l’interesse primario al perseguimento della finalità rieducativa della pena. Secondo la Corte, questa finalità è meglio perseguita quando la pena viene scontata nello Stato di cittadinanza, dove il condannato ha maggiori legami sociali e familiari e può più facilmente reinserirsi nella società.

Nel caso specifico, la Corte ha osservato che non era emerso uno specifico interesse punitivo del Belgio che potesse prevalere sull’interesse alla rieducazione del condannato in Italia. Di conseguenza, la Corte d’appello di Milano ha errato nel non considerare adeguatamente questa possibilità. La sentenza è stata quindi annullata con rinvio, affinché la Corte d’appello rivaluti il caso alla luce di questi principi.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa pronuncia rafforza significativamente la posizione dei cittadini italiani destinatari di un mandato d’arresto europeo per l’esecuzione di una pena. Stabilisce chiaramente che la richiesta di scontare la pena in Italia non è un’opzione remota, ma un diritto che le Corti d’appello devono considerare con attenzione, privilegiando la funzione rieducativa della sanzione. La sentenza sottolinea che la cooperazione giudiziaria europea, pur essenziale, non può prescindere dalla tutela dei percorsi di reinserimento sociale, che trovano la loro sede naturale nello Stato di appartenenza del cittadino.

È possibile per un cittadino italiano rifiutare la consegna a un altro Stato UE per scontare una pena?
Sì. L’art. 18-bis della legge n. 69/2005 prevede che la Corte d’appello possa rifiutare facoltativamente la consegna di un cittadino italiano, disponendo che la pena sia eseguita in Italia. La Corte di Cassazione ha chiarito che questa possibilità deve essere concretamente valutata, privilegiando la finalità rieducativa della pena.

Una condanna pronunciata in assenza all’estero impedisce l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo?
Non necessariamente. Se lo Stato richiedente garantisce al condannato il diritto a un nuovo processo in sua presenza dopo la consegna, come nel caso di specie, il mandato d’arresto europeo è considerato legittimo. Questo rimedio sana la violazione del diritto di difesa avvenuta nel primo processo.

Per chiedere di scontare la pena in Italia, il cittadino deve dimostrare un legame effettivo con il Paese?
No. Secondo la sentenza, per poter beneficiare del rifiuto facoltativo della consegna ai fini dell’esecuzione della pena in Italia, è sufficiente il possesso formale della cittadinanza italiana. Non è richiesto un accertamento sull’effettivo radicamento sociale o familiare nel territorio nazionale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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