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Mandato d’arresto europeo: computo custodia cautelare

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2820/2025, ha stabilito che le misure non detentive, come il controllo giudiziario applicato in un altro Stato UE nell’ambito di un mandato d’arresto europeo, non possono essere computate nel periodo di custodia cautelare in Italia. La Corte ha chiarito che solo le misure che comportano un’effettiva privazione della libertà personale, assimilabili al carcere o agli arresti domiciliari, possono essere dedotte. In questo caso, l’obbligo di firma settimanale e di relazione mensile al giudice non sono stati ritenuti sufficientemente coercitivi.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Mandato d’arresto europeo: Il Controllo Giudiziario all’Estero Vale come Carcere in Italia?

Una recente sentenza della Corte di Cassazione affronta una questione cruciale nell’ambito della cooperazione giudiziaria europea: il tempo trascorso sotto una misura cautelare non detentiva in un altro Stato membro può essere scalato dal periodo di custodia in carcere in Italia? Il caso analizzato riguarda un mandato d’arresto europeo e chiarisce i confini della nozione di ‘custodia’ ai fini del computo dei termini di fase.

I Fatti del Caso: Dall’Arresto in Francia al Ricorso in Cassazione

La vicenda ha origine da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal GIP del Tribunale di Torino per il reato di rapina aggravata in concorso. L’imputato, ricercato tramite un mandato d’arresto europeo, veniva arrestato in Francia.

Tuttavia, la Corte d’Appello francese competente rifiutava la consegna all’Italia e disponeva il rilascio dell’uomo, assoggettandolo alla misura del ‘controllo giudiziario’. Tale misura consisteva nell’obbligo di firma settimanale presso le autorità di polizia e di relazione mensile al giudice.

Una volta scaduta la misura in Francia e rientrato in Italia, l’uomo veniva arrestato in esecuzione del provvedimento originario. La sua difesa presentava un’istanza di riesame, sostenendo che il periodo trascorso sotto controllo giudiziario in Francia dovesse essere considerato come un’esecuzione, seppur mitigata, della misura cautelare e quindi computato ai fini della durata massima della custodia. Il Tribunale di Torino rigettava l’istanza, portando la difesa a proporre ricorso per Cassazione.

Il contesto del mandato d’arresto europeo e la nozione di ‘custodia’

Il cuore della questione giuridica risiede nell’interpretazione dell’articolo 33 della Legge n. 69/2005, che attua la decisione quadro sul mandato d’arresto europeo. Questa norma prevede che il periodo di custodia cautelare sofferto all’estero sia computato ai fini dei termini di durata massima in Italia. Ma cosa si intende esattamente per ‘custodia’?

La difesa sosteneva che anche una misura non detentiva come il controllo giudiziario dovesse rientrare in questa nozione, in quanto limitativa della libertà personale. La Procura Generale, invece, ne chiedeva l’inammissibilità, ritenendo che solo misure privative della libertà potessero essere considerate.

La Giurisprudenza Europea e Nazionale sul Tema

La Corte di Cassazione, nel decidere, ha richiamato consolidati principi giurisprudenziali, sia nazionali che europei. In particolare, ha fatto riferimento a una pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (causa C-294/16 PPU), la quale ha stabilito che, per essere qualificate come ‘custodia’, le misure devono essere talmente coercitive da comportare un effetto di privazione della libertà analogo alla carcerazione. Misure come arresti domiciliari notturni, anche con braccialetto elettronico, o obblighi di presentazione quotidiana, non sono state ritenute, in linea di principio, sufficienti a integrare tale nozione.

Le Motivazioni della Sentenza

La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso infondato, confermando la decisione del Tribunale di Torino. I giudici hanno sottolineato che la legge non consente un’omologazione automatica tra le diverse misure cautelari previste dai vari ordinamenti europei. È necessaria una valutazione caso per caso per stabilire se la misura applicata all’estero sia assimilabile a una misura ‘privativa’ della libertà personale come il carcere o gli arresti domiciliari.

Nel caso specifico, il ‘controllo giudiziario’ applicato in Francia, consistente nell’obbligo di firma settimanale e di relazione mensile al giudice, è stato considerato di natura ‘pacificamente non detentiva’. Secondo la Corte, a tali adempimenti non si associano contenuti coercitivi tali da legittimarne l’assimilazione alla custodia in carcere. Manca, in altre parole, quella ‘effettiva privazione della libertà’ che la giurisprudenza richiede per poter scomputare il periodo trascorso all’estero dai termini di custodia cautelare italiani. Di conseguenza, il periodo trascorso sotto tale misura in Francia non poteva essere detratto.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

La sentenza ribadisce un principio fondamentale nella cooperazione giudiziaria penale: non tutte le limitazioni alla libertà personale imposte da un’autorità estera sono uguali. Ai fini del computo della custodia cautelare in Italia, è rilevante solo il tempo trascorso in una condizione di effettiva privazione della libertà, equiparabile alla detenzione carceraria o domiciliare. Questa decisione fornisce un chiaro criterio interpretativo per avvocati e giudici che si confrontano con casi complessi legati al mandato d’arresto europeo, stabilendo che misure meramente obbligatorie, per quanto fastidiose, non incidono sulla decorrenza dei termini di custodia cautelare.

Una misura non detentiva applicata all’estero, come l’obbligo di firma, conta ai fini della durata della custodia cautelare in Italia?
No. Secondo la sentenza, solo le misure che comportano un’effettiva privazione della libertà personale, assimilabile alla detenzione in carcere o agli arresti domiciliari, possono essere computate. Un obbligo di firma settimanale non è stato ritenuto sufficiente.

Cosa si intende per ‘custodia’ ai fini del calcolo dei termini in un procedimento legato a un mandato d’arresto europeo?
Per ‘custodia’ si intende una misura talmente coercitiva da comportare un effetto di privazione della libertà analogo a quello determinato dalla carcerazione. La valutazione va fatta caso per caso, analizzando tipo, durata, effetti e modalità di esecuzione della misura applicata all’estero.

Perché la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso in questo caso specifico?
La Corte ha rigettato il ricorso perché ha ritenuto che il ‘controllo giudiziario’ a cui era stato sottoposto l’imputato in Francia (obbligo di firma e di relazione al giudice) avesse una natura pacificamente non detentiva e non fosse assimilabile a una misura privativa della libertà personale come il carcere o gli arresti domiciliari.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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