Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 5793 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 5793 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 11/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME nato in Pakistan il 16/03/1994
avverso la sentenza emessa il 7 gennaio 2025 dalla Corte di appello di Milano visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Milano ha dichiarato sussistenti le condizioni per l’accoglimento della domanda di consegna di NOME in relazione al mandato di arresto europeo emesso il 9 maggio 2024 dalla Procura Generale di Salonicco (Grecia) per dare esecuzione alla pena di anni d di reclusione irrogata dalla Corte di appello di Thessaloniki con la sentenza giugno 2022, divenuta definitiva, per il reato di tentato furto commesso il 4 m 2018.
Avverso la sentenza ricorre per cassazione NOME COGNOME a mezzo del difensore di fiducia, deducendo un unico motivo per violazione di legge
relazione in relazione all’art. 18-bis, comma 2, della I. n. 69 del 2005, considerato lo status di rifugiato richiedente asilo politico e la sua residenza in Italia.
La Corte di appello ha negato lo status di rifugiato benchè dal permesso d soggiorno risulti la richiesta di asilo politico.
Inoltre, si rappresenta che il ricorrente risiede a Trieste e che lavora in come aiuto cuoco e che sussistono, pertanto, le ragioni per opporre il motivo rifiuto facoltativo della consegna, per il suo interesse a che la pena sia eseg Italia.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è manifestamente infondato oltre che generico.
A prescindere dalla carenza o meno della prova dello stato di rifugia richiedente asilo politico deve rammentarsi che essendo il mandato d’arres europeo un meccanismo di consegna che esplica i suoi effetti unicamente all’interno dell’area territoriale propria dell’Unione, il riconoscimento del di protezione sussidiaria da parte dello Stato italiano non costituisce causa ost alla consegna ad altro paese dell’Unione europea, ai sensi dell’art. 2 della 22 aprile 2005, n. 69.
Il rilievo che il consegnando non potrebbe fruire delle stesse garan costituzionali in tema di asilo è palesemente infondato, atteso che, da un l’art. 33 della Convenzione di Ginevra sulla protezione dei rifugiati sancisce c principio del “non refoulement” riguarda soltanto i territori in cui la vita o la del soggetto sarebbero minacciate a motivo della razza, religione, cittadinan appartenenza a un gruppo sociale, opinioni politiche, e, dall’altro, lo status d o di protezione internazionale attribuito nell’ambito dell’Unione europea ha nat uniforme ed è valido in tutti gli Stati Membri (Sez. 6, n. 9821 del 10/03/20 NOME COGNOME, Rv. 281110).
Quanto al motivo di rifiuto correlato alla residenza si deve rilevare l’ass genericità della doglianza atteso che alcun documento è stato sottoposto alla Cor di appello a dimostrazione del radicamento nel quinquennio nel territor nazionale.
Al riguardo va osservato che anche dopo la modifica dell’art. 18-bis per effetto del d.l. 13 giugno 2023 n. 69, convertito con modificazioni nella legge agosto 2023 n. 103, in vigore dal 11 agosto 2023, il presupposto del motivo rifiuto in esame, quanto alla durata minima della presenza stabile nel terri nazionale, è rimasto immutato.
La modifica ha riguardato, invero, solo l’ambito dei soggetti interessati, più limitato al cittadino italiano o al cittadino di altro Stato membro, ma est
qualunque persona (senza attributo alcuno di cittadinanza) che legittimamente ed effettivamente risieda o dimori in via continuativa da almeno cinque anni sul territorio italiano, sempre che la Corte stessa disponga l’esecuzione in Italia della pena o della misura di sicurezza per cui la consegna viene richiesta conformemente al diritto interno.
In altri termini, solo se la presenza sul territorio nazionale presenti i caratteri della stabilità e della durata non inferiore a cinque anni richiesti da comma 2, sorge la necessità di giustificare il mancato esercizio della facoltà di avvalersi del motivo di rifiuto sulla base degli ulteriori indici specificati nel comma 2-bis cit.
2. All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente oltre che al pagamento delle spese del procedimento anche a versare una somma in favore della Cassa delle ammende che si ritiene congruo determinare in tremila euro. La Cancelleria curerà l’espletamento degli incombenti di cui all’art. 22, comma 5, della L. n. 69/2005.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 22, comma 5, I. n. 69 del 2005.
Così deciso 1’11 febbraio 2025 Il Consi GLYPH re estensore GLYPH
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