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Mandato d’arresto europeo: asilo non basta a rifiuto

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso contro la consegna alla Grecia di un cittadino extracomunitario, condannato per tentato furto. La richiesta di asilo politico e la residenza in Italia non sono state ritenute sufficienti per attivare il rifiuto facoltativo della consegna in esecuzione di un mandato d’arresto europeo, in assenza della prova di un radicamento stabile sul territorio nazionale da almeno cinque anni.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Mandato d’arresto europeo: La richiesta d’asilo non basta per bloccare la consegna

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha fornito importanti chiarimenti sui limiti al rifiuto di consegna di una persona richiesta tramite mandato d’arresto europeo. In particolare, la Corte ha stabilito che la mera condizione di richiedente asilo e la residenza in Italia non sono, di per sé, sufficienti a impedire la consegna a un altro Stato membro dell’Unione Europea, se non sono soddisfatti precisi requisiti di stabilità e radicamento sul territorio nazionale. La decisione analizza il delicato equilibrio tra la cooperazione giudiziaria europea e la tutela dei diritti fondamentali della persona.

I Fatti del Caso

Il caso riguardava un cittadino pakistano, destinatario di un mandato d’arresto europeo emesso dalle autorità greche per l’esecuzione di una condanna a due anni di reclusione per tentato furto. La Corte di Appello di Milano aveva dato il via libera alla consegna, ritenendo sussistenti le condizioni previste dalla legge. L’interessato ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che la sua condizione di richiedente asilo politico e la sua residenza e attività lavorativa in Italia (a Trieste come aiuto cuoco) costituissero validi motivi per opporre un rifiuto facoltativo alla consegna, chiedendo di poter scontare la pena nel nostro Paese.

La Decisione della Corte sul Mandato d’arresto europeo

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione della Corte di Appello. Gli Ermellini hanno ritenuto il ricorso manifestamente infondato e generico, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende. La sentenza si fonda su due pilastri argomentativi principali: l’irrilevanza dello status di richiedente asilo ai fini della consegna all’interno dell’UE e la mancanza di prova dei requisiti per il rifiuto facoltativo basato sulla residenza.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha dettagliatamente motivato la sua decisione, analizzando i due motivi di ricorso presentati dalla difesa.

Status di Richiedente Asilo e Consegna

In primo luogo, i giudici hanno chiarito che il riconoscimento del diritto di protezione sussidiaria da parte dello Stato italiano non rappresenta una causa ostativa alla consegna verso un altro Paese dell’Unione Europea. Il mandato d’arresto europeo è uno strumento di cooperazione che opera all’interno di uno spazio giuridico comune, dove lo status di protezione internazionale ha natura uniforme e validità in tutti gli Stati membri. Inoltre, il principio di non refoulement (divieto di respingimento), sancito dalla Convenzione di Ginevra, si applica solo verso territori in cui la vita o la libertà della persona sarebbero minacciate per motivi di razza, religione, cittadinanza, ecc. Tale rischio, secondo la Corte, non sussiste all’interno dell’Unione Europea.

Il Rifiuto Facoltativo per Residenza Stabile

In secondo luogo, riguardo al motivo di rifiuto legato alla residenza, la Corte ha sottolineato l’assoluta genericità delle affermazioni del ricorrente. La difesa non aveva fornito alcuna prova documentale del radicamento nel territorio nazionale per un periodo continuativo di almeno cinque anni, requisito indispensabile previsto dall’art. 18-bis della legge n. 69/2005. La Corte ha precisato che, anche a seguito delle recenti modifiche normative che hanno esteso questa facoltà a tutti i cittadini stranieri (e non più solo a italiani o cittadini UE), il presupposto della durata minima della presenza stabile e legittima in Italia è rimasto invariato. Solo la dimostrazione di una presenza non inferiore a cinque anni fa sorgere per il giudice la necessità di valutare l’opportunità di non concedere la consegna.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La sentenza ribadisce la centralità del principio di mutuo riconoscimento delle decisioni giudiziarie su cui si fonda il mandato d’arresto europeo. Per opporsi alla consegna non è sufficiente invocare genericamente la propria condizione di richiedente asilo o la semplice residenza in Italia. È necessario fornire prove concrete e documentate di un legame stabile e duraturo con il territorio italiano, specificamente una residenza o dimora legittima e continuativa per almeno cinque anni. In assenza di tale prova, le Corti italiane sono tenute a dare corso alla richiesta di consegna, rafforzando l’efficacia della cooperazione giudiziaria penale all’interno dell’Unione Europea.

La richiesta di asilo politico in Italia impedisce la consegna di una persona richiesta con un mandato d’arresto europeo?
No. Secondo la Corte, il riconoscimento della protezione sussidiaria in Italia non costituisce una causa ostativa alla consegna verso un altro Paese dell’Unione Europea, poiché lo status di protezione internazionale ha natura uniforme e validità in tutti gli Stati membri e non si configura un rischio di persecuzione.

Quali sono le condizioni per rifiutare la consegna di un cittadino extracomunitario in base alla sua residenza in Italia?
È necessario dimostrare che la persona risieda o dimori legittimamente ed effettivamente in via continuativa da almeno cinque anni sul territorio italiano. Solo in presenza di questo requisito, la Corte può valutare se disporre l’esecuzione della pena in Italia invece di procedere alla consegna.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile in questi casi?
Quando il ricorso è dichiarato inammissibile, la decisione impugnata diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte con un ricorso privo dei requisiti di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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