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Mandato Arresto Europeo: no alla consegna?

La Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso di un cittadino bulgaro contro la decisione di consegna all’autorità bulgara in esecuzione di un Mandato Arresto Europeo. Il ricorrente sosteneva di avere un radicamento stabile in Italia e lamentava il rischio di trattamenti inumani nelle carceri bulgare. La Corte ha rigettato il ricorso, ritenendo non provata la residenza continuativa per cinque anni e generiche le accuse sulle condizioni detentive, confermando così la validità della procedura di consegna.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Mandato Arresto Europeo: Quando l’Italia Può Rifiutare la Consegna?

Il Mandato Arresto Europeo (MAE) è uno strumento fondamentale di cooperazione giudiziaria all’interno dell’Unione Europea, ma la sua esecuzione non è automatica. Esistono specifici motivi di rifiuto che lo Stato di esecuzione, come l’Italia, può opporre. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 14055/2024) offre chiarimenti cruciali su due di questi motivi: il radicamento territoriale della persona richiesta e il rischio di trattamenti inumani nello Stato di emissione. Analizziamo la decisione per comprendere i criteri applicati dai giudici.

I Fatti del Caso

La vicenda riguarda un cittadino bulgaro, destinatario di un Mandato Arresto Europeo emesso dal Tribunale di Plovdiv (Bulgaria) per l’esecuzione di una condanna a un anno e tre mesi di reclusione per guida sotto l’effetto di stupefacenti. La Corte di Appello di Milano aveva dato il via libera alla consegna, ritenendo insussistenti le condizioni per rifiutarla.

L’interessato ha presentato ricorso in Cassazione, basandolo su tre argomenti principali:
1. Errata valutazione del radicamento in Italia: sosteneva di risiedere stabilmente in Italia da oltre cinque anni, condizione che, secondo la legge, può giustificare il rifiuto della consegna per permettere l’esecuzione della pena in Italia.
2. Rischio di trattamenti inumani e degradanti: lamentava che le condizioni delle carceri bulgare violassero i diritti fondamentali, costituendo un altro motivo di rifiuto.
3. Vizio formale del MAE: il mandato non indicava il termine entro cui poter richiedere un nuovo processo nello Stato di emissione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, considerandolo manifestamente infondato in ogni suo punto. I giudici hanno confermato la decisione della Corte di Appello, convalidando la procedura di consegna del cittadino bulgaro. La sentenza si sofferma dettagliatamente sui criteri per valutare i motivi di rifiuto, offrendo principi di diritto di grande rilevanza pratica.

Le motivazioni: Analisi dei motivi di ricorso

La Corte ha smontato una per una le argomentazioni difensive, chiarendo la corretta interpretazione delle norme sul Mandato Arresto Europeo.

Il Radicamento Territoriale e il Mandato Arresto Europeo

Il primo motivo di ricorso si basava sull’art. 18-bis della legge n. 69/2005, che consente all’Italia di rifiutare la consegna se la persona risiede o dimora stabilmente nel territorio nazionale da almeno cinque anni. La Cassazione ha sottolineato che l’onere di provare tale radicamento spetta all’interessato. Nel caso di specie, sebbene l’uomo fosse stato in Italia in passato e avesse ottenuto una carta d’identità nel 2018, la sua presenza non era stata continuativa. Anzi, era emerso che nel 2019, anno del reato, si trovava in Bulgaria, dove lavorava come tassista e aveva subito un grave lutto familiare. La prova di un lavoro stabile in Italia risaliva solo a fine agosto 2023. Di conseguenza, la Corte ha concluso che la condizione dei cinque anni di permanenza stabile e ininterrotta non era soddisfatta.

Le Condizioni Carcerarie nello Stato di Emissione

Sul secondo punto, la Corte ha ribadito un principio consolidato: il rischio di trattamenti inumani non può basarsi su allegazioni generiche e non aggiornate. È onere della difesa fornire elementi “oggettivi, precisi, attendibili e aggiornati” sulle condizioni di detenzione. La difesa non solo non aveva sollevato questa specifica eccezione in appello, ma si era limitata a richiamare criticità passate del sistema penitenziario bulgaro. La Cassazione ha invece ricordato che recenti rapporti del Comitato per la Prevenzione della Tortura del Consiglio d’Europa (ottobre 2021) avevano registrato “un significativo miglioramento” delle carceri bulgare. In assenza di nuove e concrete prove contrarie, il motivo di rifiuto non sussiste.

Vizi Formali del Mandato di Arresto

Infine, riguardo alla mancata indicazione del termine per richiedere un nuovo processo, la Corte ha chiarito che la legge (art. 6, l. 69/2005) non prevede la nullità per tale omissione. La norma impone che l’interessato sia informato di tale diritto “personalmente e senza indugio dopo la consegna nello Stato membro di emissione”, ma non che il termine esatto sia specificato nel mandato stesso. Pertanto, anche questo motivo è stato giudicato infondato.

Le conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza riafferma la rigorosità con cui le corti italiane valutano i motivi di rifiuto alla consegna previsti per il Mandato Arresto Europeo. Emerge chiaramente che:
1. Il requisito del radicamento territoriale di cinque anni deve essere provato in modo solido e continuativo, e periodi significativi di assenza dall’Italia possono interrompere tale continuità.
2. Le denunce sulle condizioni carcerarie di un altro Stato membro devono essere supportate da prove specifiche e aggiornate, non potendosi basare su criticità datate o generiche.
3. I vizi formali del mandato possono essere causa di nullità solo se espressamente previsti dalla legge, e la procedura di consegna mira a garantire i diritti fondamentali della persona principalmente nella fase successiva alla consegna stessa.

È sufficiente aver vissuto in Italia in passato per evitare la consegna basata su un Mandato di Arresto Europeo?
No, la legge richiede una residenza o dimora stabile e continuativa per almeno cinque anni. La Corte ha chiarito che periodi di assenza significativi, come il ritorno nel Paese d’origine per lavorare, interrompono questo requisito e l’onere di provare tale radicamento spetta all’interessato.

Si può rifiutare la consegna a uno Stato UE per il timore di condizioni carcerarie inumane?
Sì, ma non basta una generica lamentela. È onere della persona richiesta fornire elementi specifici, precisi, attendibili e aggiornati che dimostrino un rischio reale e attuale di subire trattamenti inumani e degradanti. In assenza di prove aggiornate che contrastino le informazioni ufficiali sui miglioramenti del sistema carcerario, la consegna non può essere rifiutata.

La mancata indicazione nel Mandato di Arresto Europeo del termine per chiedere un nuovo processo rende nulla la decisione di consegna?
No. Secondo la Corte, la legge prevede che l’interessato sia informato di questa possibilità dopo la consegna nello Stato di emissione, ma non richiede che il termine specifico per l’impugnazione sia indicato nel mandato. Questa omissione non costituisce un vizio tale da invalidare la procedura di consegna.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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