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Mandato ad impugnare: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso penale, chiarendo la legittimità delle norme sul mandato ad impugnare specifico per i processi in assenza. La Corte ha stabilito che l’obbligo di un mandato rilasciato dopo la sentenza non viola il diritto di difesa, ma regola solo le facoltà del difensore. L’impugnazione è stata respinta anche nel merito, poiché basata su una richiesta di rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità.

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Pubblicato il 4 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Mandato ad Impugnare: la Cassazione fa Chiarezza sui Requisiti per i Processi in Assenza

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema cruciale della procedura penale: i requisiti formali per l’appello, in particolare la necessità di uno specifico mandato ad impugnare nei casi di processi svoltisi in assenza dell’imputato. La decisione ribadisce la piena legittimità delle disposizioni introdotte dalla recente riforma, dichiarando inammissibile un ricorso che ne contestava la costituzionalità.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato condannato dalla Corte d’Appello per il reato previsto dall’art. 367 del codice penale. L’imputato, il cui processo si era celebrato in sua assenza, ha impugnato la sentenza di condanna sollevando due questioni principali dinanzi alla Suprema Corte:
1. Una questione di legittimità costituzionale dell’art. 581, comma 1-quater, del codice di procedura penale. Questa norma richiede che, nei processi in assenza, l’atto di impugnazione del difensore sia accompagnato da un mandato specifico, rilasciato dall’imputato solo dopo la pronuncia della sentenza.
2. Una censura relativa alla sua responsabilità penale, contestando la valutazione dei fatti operata dai giudici di merito.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile. Questa decisione si fonda su due distinte linee di ragionamento, una di carattere procedurale e l’altra relativa ai limiti del giudizio di legittimità.

Le Motivazioni: la Validità del Mandato ad Impugnare Post-Sentenza

Il cuore della pronuncia riguarda la prima doglianza. La Corte ha ritenuto la questione di legittimità costituzionale ‘manifestamente infondata’. Secondo i giudici, i requisiti introdotti dall’art. 581 c.p.p. non limitano in alcun modo il diritto personale dell’imputato a impugnare la sentenza. Piuttosto, essi regolano le modalità con cui il difensore può esercitare questa facoltà, che è definita ‘concorrente ed accessoria’ a quella del suo assistito.

In altre parole, la legge vuole assicurarsi che, in caso di processo in assenza, la volontà di impugnare provenga effettivamente dall’imputato e sia successiva alla conoscenza della sentenza di condanna. Questo, secondo la Corte, non collide né con il diritto di difesa, né con la presunzione di non colpevolezza, ma rappresenta un bilanciamento ragionevole per garantire la consapevolezza e l’effettività dell’atto di impugnazione.

Le Motivazioni: l’Inammissibilità delle Censure di Fatto

Per quanto riguarda il secondo motivo di ricorso, la Corte ha ribadito un principio consolidato: il giudizio di Cassazione è un giudizio di legittimità, non di merito. Ciò significa che la Suprema Corte non può riesaminare i fatti o fornire una valutazione alternativa delle prove. Il ricorso, in questa parte, è stato giudicato generico e ‘versato in fatto’, poiché chiedeva una riconsiderazione della vicenda che è preclusa in questa sede. I giudici di merito avevano già esaminato il caso con argomentazioni non manifestamente illogiche e conformi alla giurisprudenza, rendendo la censura inammissibile.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa ordinanza offre un importante chiarimento per la difesa tecnica. Conferma che, a seguito della Riforma Cartabia, nei processi celebrati in assenza, il difensore non può procedere all’impugnazione basandosi sul mandato generale ricevuto a inizio procedimento. È indispensabile ottenere dall’assistito un nuovo e specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo l’emissione della sentenza, a pena di inammissibilità del ricorso. Questa formalità, lungi dall’essere un mero adempimento burocratico, è vista dal legislatore e dalla giurisprudenza come una garanzia fondamentale per assicurare che l’esercizio del diritto di impugnazione sia una scelta consapevole e attuale dell’imputato.

Perché è necessario un mandato specifico per impugnare una sentenza emessa in un processo in assenza?
La legge lo richiede per assicurarsi che la decisione di impugnare sia una scelta consapevole e attuale dell’imputato, presa dopo aver avuto conoscenza della sentenza di condanna. Non è sufficiente il mandato generale conferito al difensore all’inizio del procedimento.

Questo requisito speciale viola il diritto di difesa dell’imputato?
No. Secondo la Corte di Cassazione, questa norma non limita il diritto personale dell’imputato a impugnare la sentenza, ma si limita a regolare le modalità con cui il suo difensore può esercitare tale facoltà. Pertanto, non viola il diritto di difesa né altri principi costituzionali.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove e i fatti di un processo?
No, non è possibile. La Corte di Cassazione svolge un giudizio di legittimità, ovvero controlla solo la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione delle sentenze precedenti. Non può effettuare una nuova valutazione dei fatti o delle prove, che è compito esclusivo dei giudici di primo e secondo grado.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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