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Mandato ad impugnare: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per detenzione e spaccio di stupefacenti. La decisione si fonda sulla mancanza di un mandato ad impugnare specifico, rilasciato dal condannato al proprio difensore dopo la pronuncia della sentenza d’appello. La Corte ha ribadito la legittimità costituzionale di tale requisito, finalizzato a garantire la consapevolezza della parte e a limitare le impugnazioni meramente dilatorie.

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Pubblicato il 22 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Mandato ad Impugnare: La Cassazione e l’Inammissibilità del Ricorso

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale della procedura penale: la necessità di un mandato ad impugnare specifico per il ricorso presentato nell’interesse dell’imputato assente. Questo requisito, introdotto per garantire una difesa consapevole, può portare alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso, con conseguenze significative per il condannato. Analizziamo il caso e le motivazioni della Suprema Corte.

I Fatti del Caso

Il ricorrente era stato condannato in primo grado e in appello per il reato di detenzione e cessione di sostanze stupefacenti, aggravato dalla vendita a una persona minorenne. La Corte di appello di Catanzaro aveva confermato la condanna. Avverso tale sentenza, il difensore dell’imputato ha proposto ricorso per cassazione, sollevando diverse questioni procedurali e di merito.

I Motivi del Ricorso e la Questione del Mandato ad Impugnare

La difesa ha articolato il ricorso in sei distinti motivi. Tra questi spiccavano:
1. Questione di legittimità costituzionale: La difesa ha contestato la conformità alla Costituzione dell’art. 581, comma 1-quater, del codice di procedura penale. Questa norma impone che il ricorso per cassazione dell’imputato assente sia preceduto da uno specifico mandato al difensore, rilasciato dopo la sentenza d’appello. Secondo il ricorrente, tale previsione violerebbe i diritti di difesa e la presunzione di non colpevolezza.
2. Vizi di notifica: Si lamentava la nullità della sentenza d’appello per omessa notifica della citazione a giudizio all’imputato, divenuto irreperibile.
3. Vizi di motivazione: Altri motivi riguardavano l’illogicità della motivazione sulla ricostruzione dei fatti, sulla valutazione delle testimonianze e sul riconoscimento dell’aggravante della cessione a minorenne.

La Decisione della Corte: Focus sul Mandato ad Impugnare

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso inammissibile, senza entrare nel merito delle singole doglianze. La decisione si fonda interamente sulla mancanza del requisito formale previsto dall’art. 581-quater c.p.p.: il difensore non era in possesso di uno specifico mandato ad impugnare, rilasciato dal suo assistito dopo la pronuncia della sentenza d’appello e contenente l’elezione di domicilio per le notificazioni del procedimento.

Le Motivazioni della Corte

La Suprema Corte ha innanzitutto dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale. Citando precedenti conformi, i giudici hanno spiegato che le disposizioni in esame non limitano il diritto di impugnazione dell’imputato, ma ne regolano le modalità di esercizio attraverso il difensore. La norma mira a raggiungere un punto di equilibrio tra le garanzie difensive e l’efficienza del ‘servizio giustizia’. Richiedere un mandato post-sentenza assicura che l’impugnazione derivi da una ‘scelta ponderata e personale della parte’ e non sia un’iniziativa autonoma del legale.

Inoltre, la Corte ha chiarito che la nuova normativa (legge n. 114 del 2024), che ha limitato tale obbligo ai soli casi di imputato assistito da un difensore d’ufficio, non poteva trovare applicazione retroattiva al caso di specie. Il ricorso era stato proposto sotto la vigenza della formulazione originaria della norma, che richiedeva sempre e comunque il mandato specifico. Poiché questo atto fondamentale mancava, l’impugnazione è stata dichiarata inammissibile ‘in limine’, cioè senza alcuna valutazione del suo contenuto.

Conclusioni

La sentenza ribadisce l’importanza cruciale del rispetto dei requisiti formali per l’accesso ai mezzi di impugnazione. Per i difensori, emerge l’obbligo inderogabile di munirsi di un mandato ad impugnare specifico e successivo alla sentenza da appellare, qualora si agisca per un imputato assente. L’inosservanza di questa regola procedurale preclude ogni possibilità di discutere il merito delle questioni sollevate e comporta, come in questo caso, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende.

Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il difensore non era in possesso di uno specifico mandato ad impugnare, rilasciato dall’imputato dopo la pronuncia della sentenza d’appello, come richiesto dall’articolo 581, comma 1-quater, del codice di procedura penale nella sua formulazione all’epoca vigente.

La norma che richiede un mandato ad impugnare specifico è costituzionale?
Sì, secondo la Corte di Cassazione la norma è costituzionale. Non limita il diritto di difesa, ma ne regola le modalità di esercizio, assicurando che l’impugnazione sia frutto di una scelta consapevole e personale dell’imputato e non una mera iniziativa del difensore.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
L’inammissibilità impedisce alla Corte di esaminare i motivi del ricorso. Inoltre, ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, comporta la condanna del proponente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in denaro in favore della cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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