Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 7389 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 7389 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 14/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Campobasso il 13/01/1983
avverso l’ordinanza del 25/07/2024 della Corte d’appello di Campobasso visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata, dichiarando non doversi procedere perché il fatto non è più previsto come reato.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d’appello di Campobasso, con l’ordinanza impugnata, ha dichiarato inammissibile l’impugnazione proposta da COGNOME NOMECOGNOME avverso la sentenza del Tribunale di Campobasso che lo aveva condannato, in relazione al reato di cui all’art. 10 – quater d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, ai sensi dell’art. 581 comma 1 quater cod.proc.pen., per mancato deposito, con l’atto d’appello, dello specifico mandato ad impugnare rilasciato dopo la pronuncia della sentenze e della
I
dichiarazione o elezione di domicilio ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato e ha chiesto l’annullamento per i seguenti motivi:
Violazione di cui all’art. 606 comma 1 lett. c) cod.proc.pen. in relazione all’art. 581 comma 1 quater cod.proc.pen. erronea dichiarazione di inammissibilità dell’appello avendo il difensore dell’imputato depositato successivamente all’impugnazione, ma prima che l’appello venisse esaminato, mandato ad impugnare ed elezione di domicilio. In secondo luogo, rileva l’abrogazione della disposizione di cui all’art. 518 comma 1 quater cod.proc.pen. ad opera della legge 9 agosto 2024, n. 114.
Violazione di cui all’art. 606 comma 1 lett. b) cod.proc.pen. in relazione all’erronea applicazione dell’art. 10 – quater d.lgs 10 marzo 2000, n. 74 per effetto dell’innalzamento del limite massimo di compensabilità dei crediti d’imposta a C 1.050.000,00 dal 10 gennaio 2020 e a C 2.050.000,00 dal 10 gennaio 2021, sicché per effetto dell’applicazione della norma più favorevole, il comportamento di chi utilizza in compensazione crediti inferiori a tale nuova soglia non sarebbe più reato. Versandosi in una ipotesi di depenalizzazione e/o di illegalità della pena chiede che la Corte di cassazione vogInadottare i provvedimenti conseguenti non preclusi dall’inammissibilità del ricorso.
Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta con cui ha chiesto l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata, dichiarando non doversi procedere perché il fatto non è più previsto come reato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Va dapprima rilevato che le Sezioni Unite di Questa Corte di legittimità, con la decisione assunta all’udienza del 24 ottobre 2024, di cui si conosce solamente l’informazione provvisoria, hanno affermato il principio, con riguardo alla disciplina intertemporale, che la disciplina contenuta nella previsione di cui all’art. 581 comma 1 cod.proc.pen. – modificata dalla I. 9 agosto 2024, n. 114, in vigore dal 25 agosto 2024 che ha abrogato l’art. 581 comma 1 ter cod.proc.pen. e circoscritto l’applicazione dell’art. 581 comma 1 quater cod.proc.pen. alle sole impugnazioni del difensore d’ufficio – continua ad applicarsi alle impugnazioni proposte sino al 24 agosto 2024. Sicchè, con riguardo all’appello proposto dal difensore dell’imputato in data 26/07/2023 continua ad applicarsi la disposizione di cui all’art. 581 comma 1
quater cod.pen. all’epoca vigente introdotta dall’art. 33, comma 1, lett. d), del d.lgs. n. 150 del 2022.
L’art. 33, comma 1, lett. d), del d.lgs. n. 150 del 2022 ha inserito nell’art. 581 cod. proc. pen. i commi 1-ter e 1-quater a norma dei quali: a) «Con l’atto d’impugnazione delle parti private e dei difensori è depositata, a pena d’inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio» (comma 1-ter); b) «Nel caso di imputato rispetto al quale si è proceduto in assenza, con l’atto d’impugnazione del difensore è depositato, a pena d’inammissibilità, specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e contenente la dichiarazione o l’elezione di domicilio dell’imputato, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio» (comma 1-quater).
Nel caso in esame, viene in rilievo – unicamente – il comma 1 quater dell’art. 581 cod.proc.pen., applicabile a norma dell’art. 89, comma 3, del d.lgs. n. 150 del 2022, trattandosi di impugnazione proposta avverso la sentenza del Tribunale di Campobasso pronunciata in data successiva a quella di entrata in vigore dello stesso decreto (08/06/2023).
Ciò premesso il motivo è inammissibile poiché, ferma e non contestata l’assenza dei requisiti a pena di inammissibilità del deposito dello specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e contenente la dichiarazione o l’elezione di domicilio dell’imputato, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio, il successivo deposito, in data 14/11/2023, del mandato e dell’elezione di domicilio non vale a superare la causa di inammissibilità posto che, come è chiaro dal tenore della norma, il deposito del mandato ad impugnare e l’elezione di domicilio devono essere depositati “con l’atto d’impugnazione del difensore”, sicchè non è valido il deposito in epoca successiva al deposito dell’impugnazione, ancorchè l’impugnazione non sia ancora stata esaminata, in particolare laddove, come nel caso in esame, il deposito era stata effettuato successivamente alla scadenza del termine per proporre appello.
La giurisprudenza di legittimità ha affermato che in tema di impugnazione di sentenza pronunziata nei confronti di imputato assente, lo specifico mandato a impugnare e la dichiarazione o elezione di domicilio in esso contenute devono essere successivi alla sentenza e contestuali all’impugnazione in quanto espressione della necessaria e consapevole volontà dell’imputato all’impugnazione (Sez. 2, n. 27774 del 23/05/2024, Rv. 286634 – 01; Sez. 5, n. 1177 del 28/11/2023, Rv. 286088 01; Sez. 2, n. 24299 del 09/04/2024, Rv. 286538 – 01).
5. Se è pur vero che l’inammissibilità del ricorso per cassazione, per qualunque causa essa sia ritenuta, non impedisce la possibilità di dichiarare la depenalizzazione del reato nel frattempo intervenuta (Sez. 2, n. 48552 del 10/09/2018, COGNOME, Rv. 274241 – 01), nel caso in esame non vi è stata alcuna depenalizzazione conseguente, come ritiene il ricorrente, per effetto dell’innalzamento del limite massimo di compensabilità dei crediti d’imposta a C 1.050.000,00 dal 10 gennaio 2020 e a C 2.050.000,00 dal 10 gennaio 2021, che riguarda unicamente la soglia di compensabilità rilevante in materia tributaria e non incide sulla fattispecie penale nella quale l’unica soglia rilevante è quella di C 50.000,00 che va riferita all’ammontare dei crediti inesistenti o non spettanti indebitamente utilizzati in compensazione, che producono l’effetto del mancato versamento delle somme dovute (Sez. 3, n. 34966 del 16/10/2020, Capoccia, Rv. 280428 – 01).
6. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616 cod.proc.pen. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 14/01/2025