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Mandato ad impugnare: la Cassazione e le regole

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso in materia di reati tributari, confermando che le recenti semplificazioni procedurali sul mandato ad impugnare non sono retroattive. L’appello originario era stato correttamente dichiarato inammissibile per il mancato deposito contestuale del mandato specifico. La Corte ha inoltre escluso la depenalizzazione del reato di indebita compensazione, chiarendo che le soglie fiscali non modificano quelle penali.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Mandato ad impugnare: le nuove regole non sono retroattive

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 7389/2025, ha affrontato temi cruciali di procedura penale, in particolare riguardo ai requisiti formali dell’appello. La decisione chiarisce che il mandato ad impugnare, per gli atti depositati prima delle recenti modifiche legislative, doveva essere contestuale all’atto di appello, pena l’inammissibilità. Vediamo nel dettaglio la vicenda e i principi affermati dalla Suprema Corte.

I fatti di causa

Il caso nasce dalla condanna di un imprenditore da parte del Tribunale di Campobasso per il reato di indebita compensazione di crediti d’imposta (art. 10-quater D.Lgs. 74/2000). Il difensore dell’imputato proponeva appello, ma la Corte d’Appello lo dichiarava inammissibile. Il motivo? Il mancato deposito, contestualmente all’atto di impugnazione, dello specifico mandato a impugnare rilasciato dall’imputato dopo la sentenza, come richiesto dall’allora vigente art. 581, comma 1-quater, del codice di procedura penale. Contro questa decisione, il difensore presentava ricorso per cassazione.

L’importanza del mandato ad impugnare e le nuove norme

Il ricorso in Cassazione si basava su due motivi principali. Il primo, di natura procedurale, contestava la dichiarazione di inammissibilità. Il difensore sosteneva di aver depositato il mandato ad impugnare in un secondo momento, ma prima che l’appello venisse esaminato. Inoltre, invocava la recente abrogazione della norma incriminata (art. 581 c. 1-quater c.p.p.) ad opera della Legge n. 114 del 2024, che ha semplificato gli adempimenti per le impugnazioni.

La presunta depenalizzazione del reato tributario

Il secondo motivo, di natura sostanziale, riguardava l’errata applicazione della legge penale. Secondo la difesa, l’innalzamento delle soglie massime di compensabilità dei crediti d’imposta (portate a oltre un milione di euro) avrebbe comportato una depenalizzazione del fatto contestato, rendendo la condotta non più penalmente rilevante. Si chiedeva quindi alla Cassazione di annullare la condanna.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto entrambe le argomentazioni, dichiarando il ricorso inammissibile.

Sulla questione procedurale: la regola del “tempus regit actum”

La Corte ha chiarito un punto fondamentale di diritto intertemporale. Citando una recentissima decisione delle Sezioni Unite, ha affermato che le nuove norme più favorevoli, che hanno abrogato l’obbligo di deposito contestuale del mandato, non hanno efficacia retroattiva. La disciplina applicabile è quella in vigore al momento in cui l’atto di impugnazione è stato presentato. Poiché l’appello era stato depositato nel 2023, la vecchia e più rigorosa normativa era ancora pienamente applicabile. Di conseguenza, il deposito tardivo del mandato non poteva sanare l’originaria causa di inammissibilità. La Corte d’Appello aveva, quindi, agito correttamente.

Sulla questione di merito: nessuna depenalizzazione

Anche il secondo motivo è stato giudicato infondato. La Cassazione ha precisato che, sebbene un ricorso inammissibile non precluda la possibilità di dichiarare una sopravvenuta depenalizzazione, in questo caso non vi era stata alcuna modifica favorevole. L’innalzamento delle soglie di compensazione riguarda la normativa tributaria e non incide sulla fattispecie penale. La soglia di punibilità per il reato di indebita compensazione, fissata a 50.000 euro, si riferisce all’ammontare dei crediti inesistenti o non spettanti utilizzati, e questa soglia non è mai stata modificata. Pertanto, il fatto contestato continuava a costituire reato.

Le conclusioni

La sentenza ribadisce due principi importanti. In primo luogo, in ambito processuale vige il principio del “tempus regit actum”: gli atti processuali sono regolati dalla legge in vigore al momento del loro compimento. Le modifiche legislative successive, anche se più favorevoli, non si applicano retroattivamente, salvo espressa previsione. In secondo luogo, è fondamentale non confondere le soglie e i limiti previsti dalla normativa fiscale con le soglie di punibilità stabilite dalla legge penale. La decisione sottolinea l’importanza del rispetto rigoroso delle formalità processuali, la cui violazione può precludere l’esame nel merito di un’impugnazione.

Le nuove norme più semplici sul mandato ad impugnare si applicano ai ricorsi presentati prima della loro entrata in vigore?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che si applica la legge in vigore al momento del deposito dell’atto di impugnazione. Pertanto, le semplificazioni introdotte dalla Legge n. 114/2024 non sono retroattive e non si applicano agli appelli proposti prima del 24 agosto 2024.

È possibile sanare la mancanza del mandato ad impugnare depositandolo in un momento successivo alla presentazione dell’appello?
No, secondo la normativa applicabile al caso. La legge richiedeva che il mandato specifico e la dichiarazione di domicilio fossero depositati contestualmente all’atto di impugnazione, a pena di inammissibilità. Un deposito successivo, anche se avvenuto prima dell’esame del ricorso, non può sanare il vizio originario.

L’aumento delle soglie di compensabilità dei crediti d’imposta ha depenalizzato il reato di indebita compensazione?
No. La sentenza chiarisce che le soglie rilevanti ai fini fiscali per la compensazione dei crediti sono distinte dalla soglia di punibilità prevista dalla norma penale (art. 10-quater D.Lgs. 74/2000), che rimane fissata a 50.000 euro di crediti indebitamente compensati. L’innalzamento delle prime non ha alcun effetto sulla rilevanza penale del fatto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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