Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 26640 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 26640 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Imola (BO) il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/10/2023 della Corte di appello di Bologna visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile;
lette le conclusioni del difensore, avvocato NOME COGNOME, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe indicata la Corte di appello di Bologna, confermando la sentenza del Tribunale in composizione monocratica, ha ritenuto il ricorrente responsabile dei reati di cui agli artt. 337 (capo a) e 186, comma 7, d. Igs. 30 aprile 1992 n. 285 (capo b), condannandolo alla pena di anni uno di reclusione.
I
Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di ufficio dell’imputato denunciando i motivi di annullamento, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo si deduce l’illegittimità costituzionale degli artt. 581, comma 1-quater cod. pen. in relazione agli artt. 3, 24, 27, 117 Cost. in relazione all’art. 6 CEDU.
Il ricorrente dubita della legittimità costituzionale dell’art. 581, comma 1quater, cod. proc. pen. nella parte in cui preclude al difensore di ufficio di un imputato, rispetto al quale si è proceduto in assenza, di proporre impugnazione in difetto di specifico mandato ad impugnare. Sottolinea come la questione sia, in primo luogo,. rilevante, perché nel caso di specie ha proposto autonoma impugnazione il difensore di ufficio, che non ha avuto alcun contatto diretto con l’assistito e che è privo di mandato ad impugnare, e, in secondo luogo, non manifestamente infondata, perché la disposizione censurata è in contrasto con i principi di costituzionali di uguaglianza e di ragionevolezza, con il diritto di difes con la presunzione di non colpevolezza, con il diritto al contraddittorio e all’equo processo.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso si deduce il vizio di violazione di legge in relazione agli artt. 161, 178 e 179 cod. proc. pen. in relazione alla mancata conoscenza del processo da parte dell’imputato, che, pur avendo eletto domicilio presso il difensore di ufficio e avendo ricevuto notificazioni formalmente regolari presso il domiciliatario, non ha mai avuto alcun effettivo contatto con il difensore.
2.3. Con il terzo motivo si deduce il vizio di errata qualificazione del reato di resistenza, in quanto la condotta tenuta dall’imputato era finalizzata a guadagnare la fuga e non commettere violenza nei confronti della polizia giudiziaria che gli aveva intimato, con il segnale acustico e lampeggiante, di arrestare la marcia.
2.4. Con il quarto motivo di deduce il vizio di violazione di legge e omessa applicazione dell’art. 163 cod. pen.
Si rileva che con la sentenza impugnata non è stato concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena in presenza di altri precedenti, tra cui uno del 2019, tale da escludere una prognosi positiva quanto a future condotte recidivanti, mentre l’unico precedente a carico dell’imputato risale al 2001 ed è costituito da una sentenza di applicazione della pena.
Disposta la trattazione scritta del procedimento, in mancanza di richiesta nei termini ivi previsti di discussione orale, il Procuratore generale e il difensore dell’imputato hanno depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Nel caso in esame l’instaurazione di un valido rapporto processuale in sede di legittimità è preclusa dal mancato conferimento al difensore della procura speciale a presentare il ricorso in Cassazione, in applicazione dell’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen.
Come di recente precisato anche da Sez. 6, n. 6264 del 10/01/2024, Rv. 285984, gli oneri formali stabiliti – a pena di inammissibilità – dai commi 1-ter e 1-quater dell’art. 581 cod. proc. pen., introdotti dall’art. 33, comma 1, lett. d), de d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 nell’ambito delle norme che regolano in generale il sistema delle impugnazioni, trovano applicazione anche nel giudizio di legittimità, posto che tale norma rientra tra le disposizioni generali relative alle impugnazioni valevoli, in mancanza di indici normativi di segno contrario, anche per il ricorso per cassazione, non potendo essere intesa nel senso di consentire l’impugnazione di legittimità nell’interesse dell’imputato assente secondo un regime meno rigoroso di quello vigente per l’appello ed essendo funzionale a garantire a quest’ultimo l’esercizio consapevole del diritto di impugnazione.
Del resto, sia l’art. 581-ter che l’art. 581-quater si pongono in stretta correlazione con la nuova disciplina del processo in assenza, tesa a ridurre il rischio di celebrare processi a carico di imputati involontariamente inconsapevoli, assicurando, d’altro canto, il diretto coinvolgimento dell’imputato ora chiamato a rilasciare uno specifico mandato al difensore per impugnare, mandato che rappresenta un indice ulteriore di conoscenza certa della pendenza del processo.
L’inammissibilità del ricorso preclude l’esame delle censure di legittimità costituzionale dell’art. 581-quater, che appaiono comunque infondate nel merito.
La giurisprudenza di legittimità ha già avuto modo di rilevare che è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dei commi Iter e 1-quater dell’art. 581, cod. proc. pen., per contrasto con gli artt. 24, 27 e 111 Cost., in quanto tali disposizioni, laddove richiedono che unitamente all’atto di impugnazione siano depositati, a pena di inammissibilità, la dichiarazione o l’elezione di domicilio e, quando si sia proceduto in assenza dell’imputato, lo specifico mandato ad impugnare rilasciato successivamente alla sentenza, non
comportano alcuna limitazione all’esercizio del potere di impugnazione spettante personalmente all’imputato, ma solo regolano le modalità di esercizio della concorrente ed accessoria facoltà riconosciuta al suo difensore, sicché essi non collidono né con il principio della inviolabilità del diritto di difesa, né con presunzione di non colpevolezza operante fino alla definitività della condanna, né con il diritto ad impugnare le sentenze con il ricorso per cassazione per il vizio di violazione di legge (Sez. 6, Sentenza n. 3365 del 20/12/2023, Rv. 285900).
È stato, inoltre, escluso che la discrezionalità legislativa sia stata esercitata in modo irragionevole, ritenendo come la novella abbia, al contrario, perseguito «il legittimo scopo di far sì che le impugnazioni vengano celebrate solo quando si abbia effettiva contezza della conoscenza della sentenza emessa da parte dell’imputato, per evitare la pendenza di res iudicanda nei confronti di imputati non consapevoli del processo, oltre che far sì che l’impugnazione sia espressione del personale interesse dell’imputato medesimo e non si traduca invece in una sorta di automatismo difensivo» (Sez. 4, n. 43718 del 11/10/2023, Rv. 285324).
Alla declaratoria di inammissibilità consegue l’obbligo al pagamento delle spese processuali ma non quello al pagamento di una sanzione pecuniaria, poiché non si ravvisa alcun profilo di colpa dell’imputato nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. n. 186 del 13/06/2000), dato che il ricorso è stato proposto in autonomia dal difensore di ufficio, che non aveva ricevuto alcun mandato a tale fine.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 30/05/2024.