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Mandato ad impugnare: appello inammissibile senza

Un individuo, condannato per resistenza a pubblico ufficiale e rifiuto dell’alcoltest, ha visto il suo ricorso in Cassazione dichiarato inammissibile. La causa risiede nella mancanza di uno specifico mandato ad impugnare conferito al suo difensore d’ufficio, un requisito fondamentale per gli imputati processati in assenza secondo le nuove norme procedurali. La Corte ha ribadito la legittimità di questa regola, volta a garantire la consapevolezza e la volontà dell’imputato nel proseguire l’iter giudiziario.

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Pubblicato il 2 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Mandato ad Impugnare: la Cassazione chiarisce i requisiti per il ricorso

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 26640/2024) ha riaffermato un principio cruciale introdotto dalla Riforma Cartabia: l’impossibilità per il difensore d’ufficio di ricorrere contro una condanna senza un mandato ad impugnare specifico da parte dell’imputato giudicato in assenza. Questa decisione sottolinea la volontà del legislatore di garantire che l’impugnazione sia un atto consapevole e voluto dal diretto interessato, evitando automatismi difensivi.

I Fatti del Caso

Il caso ha origine dalla condanna di un uomo da parte della Corte di appello di Bologna per i reati di resistenza a pubblico ufficiale e rifiuto di sottoporsi all’alcoltest. La pena inflitta era di un anno di reclusione. Avverso tale sentenza, il difensore d’ufficio dell’imputato, che era stato processato in assenza e con il quale il legale non aveva mai avuto contatti diretti, proponeva ricorso per cassazione.

I motivi del ricorso erano molteplici e toccavano diversi aspetti: dall’illegittimità costituzionale della norma che richiede il mandato specifico, alla violazione delle norme sulla notificazione degli atti che avrebbero impedito all’imputato di conoscere il processo, fino a contestazioni sul merito della qualificazione del reato e sulla mancata concessione della sospensione condizionale della pena.

La Decisione della Corte e l’Importanza del Mandato ad Impugnare

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, senza entrare nel merito delle questioni sollevate. Il fulcro della decisione risiede nell’applicazione dell’art. 581, comma 1-quater, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che, quando si procede in assenza dell’imputato, il difensore può proporre impugnazione solo se munito di uno specifico mandato ad impugnare, rilasciato dall’assistito successivamente alla pronuncia della sentenza.

Nel caso di specie, il difensore d’ufficio agiva in totale autonomia, non avendo ricevuto alcun incarico dal suo assistito dopo la condanna. La Corte ha chiarito che questo requisito formale, introdotto dalla Riforma Cartabia, è finalizzato a garantire che l’imputato sia effettivamente a conoscenza della pendenza del processo e della sentenza emessa nei suoi confronti, e che la volontà di impugnare provenga direttamente da lui. L’obiettivo è ridurre il rischio di processi a carico di persone inconsapevoli e assicurare che l’esercizio del diritto di impugnazione sia un atto ponderato e personale.

Le Motivazioni

La Corte ha respinto le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla difesa. I giudici hanno affermato che la norma non limita il diritto di difesa, ma ne regola le modalità di esercizio. Non si viola né il principio di uguaglianza né il diritto a un equo processo. Al contrario, la disposizione persegue lo scopo legittimo di assicurare che le impugnazioni siano celebrate solo quando vi è la certezza che l’imputato conosca la sentenza e abbia un interesse personale a contestarla.

Secondo la Cassazione, la nuova disciplina si pone in stretta correlazione con la riforma del processo in assenza, mirando a un coinvolgimento diretto e consapevole dell’imputato. Il mandato specifico diventa così un indice inequivocabile della conoscenza del procedimento e della volontà di proseguirlo. Pertanto, la scelta del legislatore di richiedere questo onere formale a pena di inammissibilità è stata ritenuta né irragionevole né sproporzionata.

Conclusioni

La sentenza consolida un orientamento ormai chiaro: il mandato ad impugnare è un requisito imprescindibile per il difensore che intenda presentare ricorso per conto di un imputato assente. Questa pronuncia ha importanti implicazioni pratiche: rafforza la necessità che si instauri un contatto effettivo tra l’imputato e il suo difensore, sia esso di fiducia o d’ufficio, dopo l’emissione della sentenza. L’impugnazione non è più un atto che il legale può compiere in autonomia, ma deve essere il risultato di una scelta espressa e formalizzata dall’assistito. Infine, un dettaglio di rilievo: la Corte non ha condannato l’imputato al pagamento di una sanzione pecuniaria, riconoscendo che la causa di inammissibilità derivava da un’iniziativa del difensore e non da una colpa del ricorrente.

Un difensore d’ufficio può impugnare una sentenza per un imputato assente senza un incarico specifico?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che, in seguito alla Riforma Cartabia (art. 581, co. 1-quater c.p.p.), è necessario uno specifico mandato ad impugnare rilasciato dall’imputato dopo la sentenza. In assenza di tale mandato, il ricorso è inammissibile.

La norma che richiede il mandato ad impugnare per l’imputato assente è costituzionale?
Sì. Secondo la Corte, questa disposizione non viola il diritto di difesa ma ne regola le modalità di esercizio, assicurando che l’impugnazione sia espressione della volontà consapevole dell’imputato e non un “automatismo difensivo”.

Cosa succede se un ricorso viene dichiarato inammissibile per mancanza del mandato ad impugnare?
Il ricorso non viene esaminato nel merito e il ricorrente è condannato al pagamento delle spese processuali. Tuttavia, la Corte ha specificato che non si applica una sanzione pecuniaria se la causa di inammissibilità dipende da un’iniziativa autonoma del difensore d’ufficio e non da una colpa dell’imputato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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