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Mandato ad impugnare: appello inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per tentato furto. La decisione si fonda sulla mancata presentazione di uno specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la sentenza di appello, come richiesto dalla Riforma Cartabia per gli imputati giudicati in assenza. Questa regola, secondo la Corte, mira a garantire la partecipazione consapevole dell’imputato al processo, estendendo l’obbligo anche al giudizio di legittimità.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Mandato ad Impugnare: La Cassazione Conferma la Svolta della Riforma Cartabia

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale introdotto dalla Riforma Cartabia: senza uno specifico mandato ad impugnare, il ricorso presentato dal difensore per un imputato assente è inammissibile. Questa decisione chiarisce che la nuova regola non è una mera formalità, ma un requisito sostanziale che si estende fino al giudizio di legittimità, volto a garantire che l’impugnazione sia espressione di una volontà consapevole dell’interessato.

Il Caso: Un Appello Bloccato da un Vizio Formale

Il caso trae origine dalla condanna di un uomo per tentato furto aggravato, confermata in secondo grado dalla Corte d’Appello. L’imputato, giudicato in assenza e detenuto per altra causa, decideva tramite il proprio difensore di ricorrere in Cassazione, lamentando vizi nella determinazione della pena.

Tuttavia, l’appello si è scontrato con una barriera procedurale insormontabile: la mancanza del nuovo mandato ad impugnare previsto dall’art. 581, comma 1-quater, del codice di procedura penale.

L’Importanza del Mandato ad Impugnare Post-Riforma

La Riforma Cartabia ha introdotto una regola precisa per i processi in assenza: l’atto di impugnazione del difensore deve essere accompagnato, a pena di inammissibilità, da un mandato specifico rilasciato dall’imputato dopo la pronuncia della sentenza da impugnare. Tale mandato deve inoltre contenere la dichiarazione o l’elezione di domicilio.

Lo scopo di questa norma è chiaro: assicurare che l’imputato sia effettivamente a conoscenza della sentenza e che la decisione di impugnare sia una sua scelta personale e ponderata, e non un’iniziativa quasi automatica del difensore. Si vuole promuovere una partecipazione “consapevole e volontaria” al processo, anche nella fase dell’impugnazione.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, aderendo all’orientamento già consolidato. I giudici hanno spiegato che l’obbligo di depositare uno specifico mandato ad impugnare si applica pienamente anche al ricorso per Cassazione. Sebbene la norma menzioni la “citazione a giudizio”, tipica dei processi di merito, la sua ratio è quella di garantire una partecipazione consapevole a ogni fase del procedimento, compreso il giudizio di legittimità.

La Corte ha inoltre precisato due aspetti cruciali:
1. Finalità Selettiva: La norma persegue l’obiettivo di selezionare le impugnazioni, semplificando l’attività giudiziaria e garantendo che solo i ricorsi realmente voluti dalla parte arrivino a destinazione.
2. Stato di Detenzione: Lo stato di detenzione per altra causa non costituisce una “causa di forza maggiore” che giustifichi l’omissione. L’imputato detenuto ha infatti la possibilità di rilasciare il mandato attraverso una dichiarazione formalizzata all’interno dell’istituto penitenziario, come previsto dall’art. 123 del codice di procedura penale.

In assenza di questo adempimento, l’impugnazione è stata ritenuta non validamente proposta.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

L’ordinanza in esame consolida un principio di fondamentale importanza per la difesa tecnica. L’impugnazione non può più essere considerata un’attività gestita in autonomia dal difensore, specialmente nei casi di imputati assenti. È ora indispensabile un contatto diretto e documentato con l’assistito dopo ogni sentenza, al fine di ottenere il mandato specifico richiesto dalla legge.

Per gli avvocati, ciò significa un onere di diligenza maggiore nel rintracciare e informare il proprio cliente. Per gli imputati, rappresenta una garanzia di maggiore consapevolezza processuale, ma anche la necessità di attivarsi personalmente per esercitare il proprio diritto di difesa. In definitiva, la pronuncia conferma che la Riforma Cartabia ha voluto attribuire un ruolo più attivo e centrale all’imputato nelle scelte che riguardano il suo percorso processuale.

Dopo la Riforma Cartabia, è necessario un mandato specifico per ricorrere in Cassazione per un imputato assente?
Sì, la Corte di Cassazione ha stabilito che la norma dell’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen., che richiede un mandato ad impugnare specifico, rilasciato dopo la sentenza e con elezione di domicilio, si applica anche ai ricorsi per Cassazione per garantire la partecipazione consapevole dell’imputato.

Cosa deve contenere questo specifico mandato ad impugnare?
Deve essere rilasciato dopo la pronuncia della sentenza che si intende impugnare e deve contenere la dichiarazione o l’elezione di domicilio da parte dell’imputato ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio.

La detenzione per altra causa esonera l’imputato dall’obbligo di rilasciare il mandato ad impugnare?
No, la detenzione non è considerata una causa di forza maggiore. L’imputato può adempiere a questo obbligo formalizzando una dichiarazione all’interno dell’istituto penitenziario, come previsto dall’art. 123 cod. proc. pen.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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