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Mandato ad impugnare: appello inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato assente, condannato per reati di droga, a causa della mancanza di uno specifico mandato ad impugnare. Questa ordinanza evidenzia l’impatto della Riforma Cartabia, che richiede un’autorizzazione esplicita e successiva alla sentenza da parte dell’imputato per procedere con l’appello, al fine di garantire una sua partecipazione consapevole al processo.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Mandato ad Impugnare: la Cassazione ribadisce le regole della Riforma Cartabia

L’introduzione della Riforma Cartabia ha segnato una svolta significativa nella procedura penale italiana, con l’obiettivo di rendere il processo più celere e, soprattutto, di assicurare una partecipazione attiva e consapevole dell’imputato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 4511 del 2024, chiarisce un punto cruciale di questa riforma: l’obbligatorietà di uno specifico mandato ad impugnare per l’imputato giudicato in assenza. Senza questo documento, il ricorso è destinato a essere dichiarato inammissibile, come avvenuto nel caso in esame.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine da una condanna per un reato legato agli stupefacenti (art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990), inflitta dal Tribunale di primo grado e successivamente confermata dalla Corte d’Appello di Bologna. L’imputato, che era stato processato in assenza, veniva condannato a una pena di un anno di reclusione e duemila euro di multa, con il beneficio della sospensione condizionale.

Il difensore dell’imputato proponeva quindi ricorso per Cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione riguardo al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. Tuttavia, il ricorso veniva presentato senza allegare un elemento ormai fondamentale: lo specifico mandato a impugnare rilasciato dall’imputato dopo la pronuncia della sentenza d’appello.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, applicando rigorosamente la nuova disposizione dell’art. 581, comma 1-quater, del codice di procedura penale, introdotta dalla Riforma Cartabia. La norma prevede che, nel caso di imputato giudicato in assenza, l’atto di impugnazione del difensore debba essere accompagnato, a pena di inammissibilità, da un mandato specifico rilasciato dopo la sentenza da impugnare e contenente l’elezione di domicilio.

La Corte ha respinto ogni interpretazione restrittiva della norma, affermando che la sua ratio si estende anche al giudizio di legittimità. Di conseguenza, il ricorso è stato rigettato e l’imputato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.

Le Motivazioni: la centralità del mandato ad impugnare

La decisione della Corte si fonda sulla volontà del legislatore di garantire una partecipazione ‘consapevole e volontaria’ dell’imputato al processo. L’impugnazione non deve essere una scelta quasi automatica del difensore, ma un’espressione diretta dell’interesse personale dell’imputato a proseguire la battaglia legale.

Questo principio, secondo la Cassazione, è talmente centrale nel nuovo sistema processuale da dover essere applicato anche al giudizio di legittimità. Sebbene l’art. 581 c.p.p. menzioni la ‘notificazione del decreto di citazione a giudizio’, un atto tipico dei giudizi di merito, la Corte ha sottolineato che la collocazione sistematica della norma – nel libro dedicato alle impugnazioni in generale – e la sua finalità ne impongono l’applicazione estensiva. Lo scopo è quello di selezionare le impugnazioni, assicurando che solo quelle genuinamente volute dall’interessato arrivino a gravare il sistema giudiziario, salvaguardando al contempo i diritti delle parti.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale ormai chiaro e rappresenta un monito fondamentale per gli avvocati penalisti. Per gli imputati giudicati in assenza, non è più sufficiente il mandato difensivo generale per presentare un’impugnazione. È indispensabile ottenere un nuovo e specifico mandato ad impugnare dopo ogni sentenza sfavorevole. Questo mandato deve essere depositato insieme all’atto di ricorso. La mancata osservanza di questo onere procedurale comporta una conseguenza drastica e irreversibile: l’inammissibilità del gravame, che preclude ogni possibilità di riesame della decisione nel merito.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il difensore dell’imputato, giudicato in assenza, non ha depositato uno specifico mandato ad impugnare rilasciato dal suo assistito dopo la pronuncia della sentenza d’appello, come richiesto a pena di inammissibilità dall’art. 581, co. 1-quater, cod. proc. pen., introdotto dalla Riforma Cartabia.

Quali sono i requisiti del mandato ad impugnare per l’imputato assente?
Il mandato deve essere specifico per l’impugnazione, deve essere rilasciato in una data successiva alla pronuncia della sentenza che si intende impugnare e deve contenere la dichiarazione o l’elezione di domicilio dell’imputato ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio.

La regola sul mandato specifico si applica anche ai ricorsi in Cassazione?
Sì. Secondo l’orientamento consolidato della Corte di Cassazione, la norma si applica anche al ricorso per Cassazione, nonostante il testo faccia riferimento alla ‘citazione a giudizio’. La ratio della norma è garantire la partecipazione consapevole dell’imputato a ogni fase di impugnazione, inclusa quella di legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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