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Mandato ad impugnare: appello inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per tentato furto. La decisione si fonda su un vizio procedurale: il difensore dell’imputato, giudicato in assenza, non ha depositato lo specifico mandato ad impugnare rilasciato dopo la sentenza d’appello, come richiesto dall’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen. Questo requisito è fondamentale per garantire la consapevolezza dell’assente e la legittimità dell’impugnazione.

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Pubblicato il 5 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Mandato ad Impugnare: l’Obbligo per l’Imputato Assente

L’ordinanza in esame, emessa dalla Corte di Cassazione, affronta un tema procedurale di fondamentale importanza: la necessità dello specifico mandato ad impugnare per il difensore che intende presentare ricorso per conto di un imputato giudicato in assenza. Questa pronuncia ribadisce un principio rigoroso, volto a garantire che l’impugnazione sia espressione di una volontà consapevole e attuale dell’imputato, chiudendo le porte a ricorsi presentati senza un’adeguata legittimazione.

I Fatti del Caso

Il caso ha origine da una sentenza della Corte di Appello di Firenze, che confermava la condanna di un imputato per il reato di tentato furto. Contro questa decisione, il difensore dell’imputato proponeva ricorso per cassazione, lamentando la mancata applicazione di due istituti favorevoli: l’estinzione del reato per condotte riparatorie (art. 162 ter c.p.) e la particolare tenuità del fatto (art. 131 bis c.p.). Tuttavia, il nodo cruciale della vicenda non riguardava il merito di tali motivi, bensì un aspetto preliminare di natura puramente processuale: l’imputato era stato giudicato in assenza e il suo difensore non risultava munito di un mandato specifico per presentare il ricorso.

La Decisione della Corte e il ruolo del mandato ad impugnare

La Corte di Cassazione, senza entrare nel merito dei motivi proposti, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda sull’applicazione dell’articolo 581, comma 1-quater, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che, quando un imputato viene processato in assenza, il suo difensore deve depositare, a pena di inammissibilità, uno specifico mandato ad impugnare, rilasciato dall’assistito dopo la pronuncia della sentenza che si intende contestare.

Le Motivazioni della Decisione

I giudici della Suprema Corte hanno spiegato che tale previsione si applica non solo all’appello ma anche al ricorso per cassazione. La ratio della norma è quella di assicurare che anche il giudizio di legittimità si svolga nei confronti di un “assente consapevole”. In altre parole, la legge vuole la certezza che l’imputato sia a conoscenza della sentenza a suo carico e abbia manifestato una volontà precisa e attuale di impugnarla.

La mancanza di questo mandato specifico, rilasciato post-sentenza, priva il difensore della legittimazione a proporre il ricorso. Di conseguenza, il ricorso stesso è affetto da un vizio insanabile che ne comporta l’inammissibilità. La Corte ha sottolineato che questa forma di inammissibilità può essere dichiarata senza particolari formalità procedurali, ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale, data la palese assenza di un presupposto processuale essenziale.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

L’ordinanza conferma un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato. Per i difensori, emerge la necessità inderogabile di ottenere dal proprio assistito, giudicato in assenza, un nuovo e specifico mandato dopo ogni sentenza sfavorevole, prima di procedere con l’impugnazione. Per l’imputato, la conseguenza diretta dell’inammissibilità del ricorso è la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria (in questo caso, quattromila euro) a favore della Cassa delle ammende, oltre al passaggio in giudicato della sentenza di condanna. La pronuncia serve da monito sull’importanza del rigore formale nel processo penale, dove il rispetto delle norme procedurali è garanzia di un corretto esercizio del diritto di difesa.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il difensore dell’imputato, giudicato in assenza, non ha depositato uno specifico mandato ad impugnare rilasciato dal suo assistito dopo la pronuncia della sentenza di appello, come richiesto dall’art. 581, comma 1-quater, del codice di procedura penale.

Questa regola sul mandato ad impugnare vale solo per l’appello o anche per il ricorso in Cassazione?
La Corte ha chiarito che questa regola si applica anche al ricorso per cassazione, poiché anche il giudizio di legittimità deve svolgersi nei confronti di un “assente consapevole”, ovvero un imputato che ha manifestato la volontà attuale di contestare la decisione.

Quali sono state le conseguenze per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di quattromila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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