LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Mandante di tentato omicidio: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione conferma la misura cautelare in carcere per un uomo accusato di essere il mandante di tentato omicidio. La sentenza analizza le prove, come i messaggi scambiati con gli esecutori, che dimostrano come l’indagato avesse previsto e accettato la possibilità che l’aggressione da lui ordinata potesse avere un esito mortale, configurando così il dolo alternativo.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Mandante di tentato omicidio: quando “dare una lezione” costa carissimo

Il confine tra dare l’incarico per una semplice aggressione e diventare il mandante di tentato omicidio è più sottile di quanto si pensi. Una recente sentenza della Corte di Cassazione fa luce su questo delicato tema, chiarendo come le parole usate, i messaggi scambiati e le reazioni successive a un’aggressione possano trasformare un mandante in un concorrente nel più grave reato di tentato omicidio. Analizziamo insieme questo caso emblematico.

I Fatti: Dall’Agguato alla Misura Cautelare

La vicenda ha origine da un agguato notturno ai danni di un uomo, accoltellato da due persone. La vittima e la sua fidanzata, presenti al momento dell’attacco, inizialmente forniscono una versione dei fatti fuorviante, accusando degli aggressori sconosciuti. Successivamente, la donna ritratta, spiegando di aver agito per paura di ritorsioni, e rivela la vera identità degli aggressori, collegando l’accaduto al suo ex fidanzato.

Le indagini successive portano alla luce prove schiaccianti: a casa di uno degli esecutori materiali vengono trovate scarpe sporche di sangue. Ma è l’analisi dei telefoni cellulari a svelare il quadro completo. Vengono scoperti messaggi inequivocabili tra l’ex fidanzato e uno degli aggressori. Poco prima dell’agguato, il mandante scriveva “o da trovali massacrali”. Subito dopo, riceveva un video della vittima ferita e messaggi in cui esprimeva piena soddisfazione per l’accaduto. Questi elementi portano il Giudice per le Indagini Preliminari (g.i.p.) a emettere un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per l’ex fidanzato, ritenuto il mandante del tentato omicidio.

Il Percorso Giudiziario e il ricorso in Cassazione

La difesa dell’indagato contesta la decisione, sostenendo la mancanza di gravi indizi di colpevolezza per il tentato omicidio. Secondo la tesi difensiva, l’incarico era limitato a “dare una lezione”, e l’uso del coltello sarebbe stato un’iniziativa autonoma di uno degli esecutori, non voluta né prevista dal mandante. La richiesta è quindi di derubricare il reato in lesioni personali e sostituire la misura del carcere con una meno afflittiva.

Il Tribunale del Riesame, tuttavia, conferma l’ordinanza del g.i.p., ribadendo la sussistenza dei gravi indizi. La questione arriva così dinanzi alla Corte di Cassazione.

Le motivazioni della Corte sul ruolo del mandante di tentato omicidio

La Suprema Corte rigetta il ricorso, ritenendolo infondato. I giudici sottolineano che il loro compito non è riesaminare i fatti, ma verificare la logicità e la coerenza della motivazione del provvedimento impugnato. E, in questo caso, la motivazione del Tribunale del Riesame risulta impeccabile.

Il punto centrale della decisione riguarda l’intenzione (il dolo) del mandante. La Corte spiega che gli elementi raccolti dimostrano in modo congruo che l’indagato avesse previsto e accettato l’evento morte come una possibile conseguenza dell’aggressione. Questo configura il cosiddetto dolo alternativo, in cui il soggetto agisce volendo indifferentemente uno tra più risultati possibili (in questo caso, le lesioni gravi o la morte).

Gli elementi decisivi sono stati:
1. Il tenore dei messaggi: l’uso di un termine come “massacrali” incita a un’azione violenta e brutale, che va ben oltre un semplice pestaggio.
2. La reazione post-delitto: dopo aver ricevuto il video della vittima sanguinante, il mandante non mostra sorpresa né disapprova l’eccesso di violenza. Al contrario, si congratula con l’esecutore, esprimendo piena soddisfazione. Questo comportamento è stato ritenuto incompatibile con l’ipotesi di un mandato limitato a semplici percosse.

La Corte ha inoltre confermato la necessità della custodia in carcere, evidenziando non solo la gravità del fatto e la pericolosità sociale dell’indagato (che ha agito mentre era già agli arresti domiciliari per altro reato), ma anche l’assoluto disprezzo per la vita umana dimostrato.

Le conclusioni

Questa sentenza offre un importante insegnamento: chi commissiona un’azione violenta non può nascondersi dietro un presunto “mandato limitato” se le circostanze dimostrano il contrario. Le comunicazioni e il comportamento complessivo sono cruciali per determinare la reale volontà dell’agente. L’analisi logica degli indizi, come quella effettuata dai giudici in questo caso, permette di affermare la responsabilità del mandante di tentato omicidio anche quando non è lui a impugnare materialmente l’arma. La decisione ribadisce che il sistema giudiziario valuta le azioni nel loro complesso, e chi istiga alla violenza deve essere pronto ad assumersi la responsabilità delle conseguenze più gravi, se queste erano prevedibili e accettate.

Chi ordina un’aggressione è sempre responsabile di tentato omicidio se viene usata un’arma?
No, la responsabilità per tentato omicidio dipende dalla prova della sua intenzione (dolo). Se il mandante ha previsto e accettato la possibilità che l’aggressione potesse sfociare in un omicidio (dolo alternativo), allora ne risponde. Altrimenti, se l’uso dell’arma è un’iniziativa imprevedibile dell’esecutore, potrebbe configurarsi un’ipotesi diversa, come il concorso anomalo nel reato.

Quali prove sono state decisive per qualificare il fatto come tentato omicidio a carico del mandante?
Sono stati decisivi: il tenore letterale dei messaggi inviati prima dell’agguato (in particolare l’ordine di “massacrare” la vittima), la ricezione di un video della vittima sanguinante subito dopo il fatto e, soprattutto, la reazione di compiacimento e congratulazioni del mandante, che ha dimostrato di non essere sorpreso né contrariato dall’esito violento, accettandolo pienamente.

Perché la Corte di Cassazione ha confermato la custodia in carcere?
La misura è stata confermata a causa della gravità del reato, dell’efferatezza dell’aggressione e della personalità dell’indagato, ritenuto incline alla violenza. Un fattore determinante è stata la circostanza che il reato è stato commesso mentre l’indagato era già sottoposto agli arresti domiciliari per un altro procedimento, dimostrando l’inadeguatezza di qualsiasi misura meno restrittiva del carcere per contenere il rischio di recidiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati