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Mancato versamento cauzione: quando è reato?

Un soggetto sottoposto a sorveglianza speciale è stato condannato per il mancato versamento cauzione di 1.000 euro. La Cassazione ha confermato la condanna, chiarendo che la sola dichiarazione di indigenza, anche se supportata da modelli ISEE, non è sufficiente a escludere la colpa. È onere dell’imputato dimostrare in modo concreto l’impossibilità assoluta di pagare e di aver esplorato soluzioni alternative, come la rateizzazione.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Mancato versamento cauzione: la Cassazione chiarisce i limiti della scusante per indigenza

Il mancato versamento cauzione, quando imposto come parte di una misura di prevenzione, costituisce reato. Ma cosa succede se l’interessato si trova in uno stato di indigenza e afferma di non poter pagare? La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 32869 del 2025, offre un importante chiarimento sui confini della responsabilità penale in questi casi, sottolineando come la semplice attestazione di difficoltà economiche non sia sufficiente a escludere la colpa.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un individuo sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno in un determinato Comune. Nell’ambito di tale misura, gli era stato imposto il versamento di una cauzione di 1.000 euro entro dieci giorni. Non avendo ottemperato a tale obbligo, l’uomo veniva ritenuto responsabile del reato previsto dall’art. 76, comma 4, del d.P.R. n. 159 del 2011 e condannato alla pena di 8 mesi di arresto sia in primo grado che in appello.

L’imputato ha presentato ricorso per Cassazione, sostenendo che i giudici di merito non avessero adeguatamente considerato la sua impossibilità oggettiva di versare la somma. A riprova del suo stato di indigenza, aveva prodotto i modelli ISEE relativi agli anni della vicenda, dai quali emergeva una condizione economica disagiata.

Il Principio di Diritto sul Mancato Versamento Cauzione

La difesa ha incentrato il ricorso sulla violazione di legge e sul vizio di motivazione, sostenendo che la Corte di Appello avesse ignorato le prove documentali che attestavano l’impossibilità di adempiere. Secondo il ricorrente, la sua condizione di indigenza avrebbe dovuto escludere l’elemento soggettivo del reato, rendendo la condotta non punibile.

La Corte di Cassazione ha però respinto questa tesi, richiamando principi giurisprudenziali consolidati. In primo luogo, ha ribadito che, in caso di inadempimento, il giudice penale ha sempre il dovere di accertare almeno la colpa dell’interessato. L’impossibilità economica di far fronte all’obbligo può essere dedotta nel giudizio penale, ma spetta all’imputato adempiere a un preciso “onere di allegazione”.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha ritenuto che la valutazione dei giudici di merito fosse stata logica e completa. L’imputato non si era limitato a una generica affermazione di povertà, ma aveva prodotto i modelli ISEE. Tuttavia, la Corte ha specificato che questi documenti, pur essendo indicativi, non bastano da soli a soddisfare l’onere della prova. Dalla stessa documentazione difensiva, infatti, emergeva che l’imputato percepiva redditi sufficienti al sostentamento del nucleo familiare, a cui si aggiungevano guadagni derivanti da lavori saltuari. Di conseguenza, secondo i giudici, destinando una parte di queste risorse, avrebbe potuto far fronte al pagamento della cauzione, il cui importo non era particolarmente elevato.

Un punto cruciale della motivazione risiede nell’inerzia dell’imputato durante il procedimento di prevenzione. Egli non aveva mai eccepito la propria incapacità economica, né si era attivato per chiedere una rateizzazione del pagamento o per offrire garanzie sostitutive. Questo comportamento ha indebolito la sua posizione, dimostrando una mancanza di diligenza nel tentativo di rispettare l’ordine del giudice.

I giudici hanno quindi concluso che non vi erano elementi per escludere la sussistenza del reato, né sotto il profilo oggettivo né sotto quello soggettivo. La valutazione delle prove era stata coerente e non illogica, precludendo un nuovo esame del merito in sede di legittimità.

Le Conclusioni

La sentenza in esame rafforza un principio fondamentale: per evitare una condanna per il mancato versamento cauzione, non è sufficiente dichiararsi indigenti. È necessario fornire una prova rigorosa e circostanziata della propria assoluta impossibilità economica, dimostrando che non si dispone di alcuna risorsa, neanche minima, per adempiere. Inoltre, assume un’importanza decisiva il comportamento tenuto dall’interessato prima che l’inadempimento si configuri: l’aver richiesto soluzioni alternative, come la rateizzazione, costituisce un elemento a favore che dimostra la buona fede e l’assenza di colpa. In mancanza di tali iniziative, la sola allegazione della povertà rischia di essere considerata un’affermazione apodittica e insufficiente a scagionare l’imputato.

È sufficiente presentare il modello ISEE per dimostrare di non poter pagare la cauzione?
No, secondo la sentenza, la sola produzione del modello ISEE non è di per sé sufficiente a soddisfare l’onere di allegazione. L’imputato deve dimostrare in modo più concreto e specifico la sua reale e totale impossibilità economica al momento dell’inadempimento.

Cosa avrebbe dovuto fare l’imputato per evitare la condanna?
L’imputato avrebbe dovuto non solo fornire prove più concrete della sua indigenza, ma anche attivarsi durante il procedimento di prevenzione. Ad esempio, avrebbe potuto chiedere una rateizzazione della cauzione o proporre garanzie alternative al versamento in denaro, dimostrando così la sua volontà di adempiere.

Il reato di mancato versamento della cauzione richiede la colpa dell’interessato?
Sì. La sentenza ribadisce che il giudice deve sempre accertare almeno la colpa dell’interessato. La responsabilità penale può essere esclusa se l’inadempimento deriva da un’impossibilità oggettiva, non preordinata né determinata da un comportamento colposo del soggetto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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