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Mancato versamento cauzione: quando è reato

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un soggetto condannato per il mancato versamento cauzione, imposta come parte della sorveglianza speciale. La Corte ha chiarito che lo stato di disoccupazione e l’ammissione al gratuito patrocinio non sono sufficienti a provare l’impossibilità di pagare. Inoltre, ha confermato che le attenuanti generiche possono essere negate implicitamente se la motivazione complessiva si basa sulla pericolosità sociale dell’imputato.

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Pubblicato il 13 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Mancato Versamento Cauzione: la Prova dell’Indigenza è a Carico dell’Imputato

L’Ordinanza n. 46901 del 2024 della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nell’ambito delle misure di prevenzione: il reato di mancato versamento cauzione. Questa decisione chiarisce che la semplice affermazione di uno stato di indigenza, anche se supportata da elementi come la disoccupazione o l’ammissione al gratuito patrocinio, non è sufficiente per escludere la responsabilità penale. Vediamo nel dettaglio i fatti e i principi di diritto espressi dalla Suprema Corte.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un individuo sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale, con l’obbligo di versare una cauzione. Non avendo adempiuto a tale obbligo, è stato condannato sia in primo grado che in appello per il reato previsto dall’art. 76 del D.Lgs. 159/2011.
L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due motivi principali:
1. La mancata considerazione delle sue precarie condizioni economiche, evidenziate dal suo stato di disoccupazione e dall’essere stato ammesso al gratuito patrocinio.
2. Il diniego ingiustificato delle circostanze attenuanti generiche, a suo dire privo di adeguata motivazione.

La Decisione della Corte e il Mancato Versamento Cauzione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la condanna. L’ordinanza si sofferma sui due motivi del ricorso, fornendo importanti chiarimenti su come la legge interpreta la prova dell’impossibilità economica e la concessione delle attenuanti.

La Prova dell’Impossibilità Economica

Il primo punto analizzato riguarda la prova dell’impossibilità di pagare la cauzione. La Corte ribadisce un principio consolidato: l’onere di dimostrare l’indisponibilità dei mezzi economici grava interamente sull’imputato. Non è sufficiente una generica dichiarazione di indigenza. L’imputato deve fornire prove concrete che la sua impossibilità di adempiere sia assoluta e non derivi da una scelta colposa o preordinata.
Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva già valutato gli elementi della disoccupazione e del gratuito patrocinio, ritenendoli insufficienti. La Cassazione ha confermato questa valutazione, definendola logica e priva di vizi evidenti, e sottolineando come l’imputato non avesse fornito ulteriori elementi per dimostrare una condizione di indigenza assoluta.

Il Diniego delle Attenuanti Generiche

Per quanto riguarda il secondo motivo, la Corte ha richiamato un orientamento giurisprudenziale secondo cui la richiesta di attenuanti generiche può ritenersi respinta con una motivazione implicita. Ciò avviene quando l’intera struttura motivazionale della sentenza è incompatibile con una mitigazione della pena.
Nel caso di specie, la sentenza impugnata aveva evidenziato la pericolosità sociale dell’imputato e la sua persistente attività delinquenziale, anche dopo l’applicazione delle misure di prevenzione. Questa valutazione di pericolosità, secondo la Cassazione, rende implicitamente impossibile la concessione di attenuanti, giustificando il diniego da parte del giudice di merito.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su due pilastri. In primo luogo, la necessità di garantire l’effettività delle misure di prevenzione, che verrebbe vanificata se fosse troppo semplice sottrarsi all’obbligo di versare la cauzione. L’onere della prova a carico dell’imputato serve proprio a evitare abusi e a responsabilizzarlo. In secondo luogo, il principio secondo cui la valutazione della pena e delle relative attenuanti è strettamente legata al giudizio complessivo sulla personalità e sulla pericolosità del reo. Se un soggetto dimostra una persistente inclinazione a delinquere, è coerente che il giudice non conceda benefici volti a mitigare la sanzione.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame conferma che il reato di mancato versamento della cauzione è procedibile a meno che l’imputato non fornisca una prova rigorosa e inequivocabile della sua assoluta impossibilità economica. Elementi come la disoccupazione non bastano. Inoltre, la pericolosità sociale è un fattore determinante che può giustificare non solo l’applicazione di misure severe, ma anche il diniego implicito delle circostanze attenuanti generiche, rendendo più ardua la difesa per chi si trova in questa situazione.

Essere disoccupato o avere il gratuito patrocinio basta a dimostrare l’impossibilità di pagare la cauzione imposta con la sorveglianza speciale?
No, secondo la Corte questi elementi non sono di per sé sufficienti. L’imputato ha l’onere di provare che la sua impossibilità di pagare sia materiale, assoluta e non determinata da sua colpa o da una scelta preordinata.

Il giudice può negare le circostanze attenuanti generiche senza una motivazione specifica?
Sì, la Corte ha stabilito che il diniego può essere considerato implicito quando la motivazione generale della sentenza, fondata ad esempio sulla pericolosità sociale dell’imputato e sulla sua storia criminale, è logicamente incompatibile con la concessione di una pena più mite.

Cosa succede se il ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali. Inoltre, se la Corte ritiene che non vi siano elementi per escludere la colpa nella proposizione di un ricorso inammissibile, il ricorrente viene condannato anche al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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