Mancato Versamento Cauzione: Quando la Difficoltà Economica non Basta
Il mancato versamento cauzione imposta da un’autorità giudiziaria può avere conseguenze penali significative. Un’ordinanza della Corte di Cassazione ha recentemente chiarito i limiti delle possibili giustificazioni, come la presunta impossibilità economica, offrendo importanti spunti di riflessione. Analizziamo insieme questa decisione per comprendere quando l’omissione di pagamento si trasforma in reato e quali difese sono considerate valide dalla legge.
I Fatti di Causa: Un Ricorso Respinto
Il caso nasce dal ricorso presentato da un individuo condannato dalla Corte di Appello per non aver versato una cauzione, violando così le disposizioni del Codice Antimafia (D.Lgs. 159/2011). L’imputato ha portato il caso davanti alla Corte di Cassazione, lamentando due principali vizi:
1. Un vizio procedurale: sosteneva che il processo fosse nullo perché il giudice che ha condotto il dibattimento era una persona diversa da quella indicata nel decreto di citazione a giudizio.
2. Un vizio di motivazione: affermava di non aver potuto pagare la cauzione a causa di una reale impossibilità economica, chiedendo quindi di essere assolto.
La Corte Suprema, tuttavia, ha ritenuto il ricorso inammissibile, considerandolo in parte manifestamente infondato e in parte un tentativo di rimettere in discussione i fatti, attività non consentita in sede di legittimità.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La decisione della Corte si fonda su argomentazioni giuridiche precise, che smontano entrambe le doglianze del ricorrente. Vediamole nel dettaglio.
Irrilevanza del Mutamento del Giudice Fisico
Sul primo punto, la Cassazione ha chiarito un principio fondamentale della procedura penale. Ai sensi dell’art. 552 c.p.p., l’atto di citazione deve indicare il giudice competente inteso come organo giudicante (ad esempio, il Tribunale di una certa città) e non necessariamente la persona fisica del magistrato che terrà l’udienza. Nel caso di specie, il decreto conteneva tutte le informazioni essenziali: l’ufficio giudiziario, il giorno, l’ora e l’aula dell’udienza. Pertanto, il fatto che un magistrato diverso abbia poi gestito il processo non ha inciso in alcun modo sulla validità del procedimento, poiché l’autorità giudiziaria era stata correttamente individuata.
L’Insussistenza dell’Impossibilità Economica e il mancato versamento cauzione
La parte più interessante della decisione riguarda il mancato versamento cauzione. La Corte ha stabilito che la condotta inerte del ricorrente integrava pienamente sia l’elemento materiale che quello soggettivo del reato. L’imputato, infatti, non si era mai attivato per chiedere una dilazione di pagamento o per rappresentare ufficialmente le sue difficoltà.
Ancora più importante, la presunta impossibilità economica è stata smentita dai fatti. Durante il processo era emerso che, nel periodo in cui avrebbe dovuto versare la cauzione, il soggetto aveva ricevuto aiuti economici da parte dei suoi familiari. Queste somme di denaro erano addirittura superiori all’importo della cauzione stessa. Questa circostanza, secondo i giudici, dimostrava inequivocabilmente che l’imputato non si trovava in una condizione di impossibilità assoluta di adempiere. Di conseguenza, la sua difesa è stata rigettata.
Le Conclusioni: Inammissibilità e Condanna alle Spese
In conclusione, la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non solo conferma la condanna per il reato di mancato versamento della cauzione, ma ribadisce importanti principi. Primo, la validità di un processo non dipende dall’identità fisica del giudice, ma dalla corretta identificazione dell’ufficio giudiziario. Secondo, e più rilevante, la scusa dell’impossibilità economica per non pagare una cauzione non regge se emerge che l’imputato aveva accesso, anche tramite aiuti familiari, a risorse sufficienti. La passività e l’assenza di iniziative per risolvere il problema (come la richiesta di un pagamento rateale) sono state interpretate come prova della volontà di non adempiere. Il ricorrente è stato quindi condannato al pagamento delle spese processuali e a versare una somma alla Cassa delle ammende.
La sostituzione del giudice durante il processo rende l’atto nullo?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la validità del procedimento è garantita dalla corretta indicazione dell’ufficio giudiziario (es. Tribunale di…), della data, dell’ora e del luogo dell’udienza. Il cambiamento della persona fisica del magistrato non costituisce un vizio procedurale.
La difficoltà economica è sempre una giustificazione valida per il mancato versamento di una cauzione?
No, non sempre. In questo caso, la Corte ha stabilito che se una persona riceve aiuti economici da terzi (come i familiari) per un importo sufficiente a coprire la cauzione, non può invocare l’impossibilità economica come scusante.
Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene giudicato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la condanna precedente diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria (in questo caso, tremila euro) a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 15512 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 15512 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a REGGIO CALABRIA il 22/02/1984
avverso la sentenza del 04/07/2024 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Rilevato in fatto e considerato in diritto
Ritenuto che le censure dedotte nel ricorso di NOME COGNOME – nel quale il difensore si duole del vizio di motivazione e della violazione di legge in relazione agli artt. 178, 179, 533 cod. proc. pen. e 76, comma 4, d. Igs. 6 settembre 2011, n. 159 – non sono consentite in sede di legittimità, perché in parte manifestamente infondate e in parte volte a prefigurare una rivalutazione delle fonti probatorie.
Considerato che dette censure sono, altresì, riproduttive di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dalla Corte di appello di Reggio Calabria con la sentenza impugnata.
Invero, in detta pronuncia si evidenzia che: – ai sensi dell’art. 552, co. 1, lett. d) cod. proc. pen., nella formulazione vigente al momento di instaurazione del processo, l’indicazione del giudice competente per il giudizio deve intendersi quale individuazione dell’organo giudicante e non della persona fisica; – nel caso di specie, l’atto introduttivo risulta contenere complete indicazioni dell’ufficio giudiziario, de giorno e dell’orario dell’udienza fissata per la comparizione, nonché dell’aula destinata alla trattazione; – il mutamento della persona fisica del giudice, pertanto, non ha inciso in alcun modo sull’individuazione dell’autorità giudiziaria procedente, risultando che il processo fu trattato nel luogo e data indicati nel decreto di citazione; – quanto al versamento della cauzione, il comportamento inerte del ricorrente integra l’elemento materiale del reato di cui all’art. 76 comma 4, d. Igs. 6 settembre 2011, n. 159, oltre a denotare la sussistenza dell’elemento soggettivo della fattispecie, non essendosi il suddetto mai attivato per chiedere dilazioni del pagamento a cui egli era obbligato; – deve escludersi che COGNOME versasse in una condizione di impossibilità di provvedere al versamento della cauzione causata dalla mancanza di disponibilità economica, risultando dai documenti prodotti che nel periodo di riferimento egli ricevette aiuto economico da parte dei familiari, anche mediante dazione di somme di denaro superiori all’ammontare della cauzione impostagli.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 3 aprile 2025.