Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 18128 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 18128 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/01/2025
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sul ricorso proposto da:
NOME nato in Marocco il 1 gennaio 1984:
avverso la sentenza I. 844/2024 della COr i C.E2. cli appello di Sale-rno Ci l e! 20 giugno 2024;
letti gli atti di causa, la sentenza impugnata e il ricorso introduttivo;
sentita !a relazione fzitta da! Consigliere r aOtt. P,ndrea COGNOME.
letta la requisitoria scritta del PM, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott., NOME COGNOME il quale ha concluso chiedendo la dichiarazione di inarnrnissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza pronunziata in data 20 giugno 2024 la Corte di appello di Salerno ha integralmente confermato la decisione con la quale, in data 16 febbraio 2023, il Tribunale quella medesima città aveva dichiarato NOME responsabile del reato a lui contestato sub 1) della rubrica elevata nei suoi confronti, avente ad oggetto la violazione dell’art. 73, comma 5, del dPR n. 309 del 1990, per avere lo stesso detenuto a fine di spaccio della sostanza stupefacente, nella specie gr 8 di cocaina e gr 15 di marijuana, e io aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia, avendolo peraltro, assolto, con la formula della insussistenza del fatto, quanto ad un ulteriore illecito penale oggetto di contestazione a suo carico, avente ad oggetto un’ipotesi di resistenza a pubblico ufficiale la cui realizzazione gli era stata ascritta ai fine di conseguire la impunità per il reato precedentemente descritto.
Avverso la sentenza del giudice di secondo grado ha interposto ricorso per cassazione la difesa del prevenuto articolando un unico motivo di doglianza con il quale è stata lamentata la violazione di legge in cui sarebbe incorsa la Corte salernitana nel non accogliere il motivo di impugnazione avente ad oggetto la mancata traduzione della sentenza emessa a carico del prevenuto in un idioma a lui conosciuto, sulla base della considerazione, illogicamente motivata, che lo stesso fosse a conoscenza della lingua italiana.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Va premesso che il prevenuto, soggetto di nazionalità marocchina, aveva articolato di fronte alla Corte di appello di Salerno, fra gli altri, un rriotivo di irripugnaziorle con i: quale lo stesso’ aveva larryentato la nullità della sentenza di primo grado in quanto la stessa, riguardante un soggetto che, essendo straniero, non conosceva la lingua italiana, non era stata tradotta in una lingua a lui conosciuta.
Avverso siffatta censura la Corte territoriale ha replicato, rigettando la relativa doglianza, che non vi erano elementi per ritenere che l’imputato non fosse a conoscenza della lingua italiana, avendo lo stesso rilasciato ad un difensore fiduciario specifico mandato ad impugnare di fonte alla Corte territoriale la sentenza emessa dal giudice di primo grado.
Ciò posto, essendo stata, appunto, gravata di appello la sentenza di primo grado, la Corte distrettuale ha rigettato il motivo di gravame avente ad
oggetto la omessa traduzione del provvedimento emesso dal Tribunale, non avendo il ricorrente evidenziato alcun concreto pregiudizio a lui derivante dalla lamentata omessa traduzione.
Osserva il Collegio come l’argomento svolto dalla Corte di Salerno sia pienamente conforme agli orientamenti che in materia sono stati espressi da questa Corte regolatrice.
Invero – laddove non si voglia accedere alla più rigorosa tesi secondo la quale la mancata traduzione della sentenza in una lingua nota all’imputato alloglotto che non conosca la lingua italiana non integra una ipotesi di nullità ma, ove vi sia stata una specifica richiesta in tale senso, i termini per impugnare la decisione in tale modo assunta decorrono, per l’imputato, solo dal momento in cui questi abbia avuto conoscenza del contenuto del provvedimento emesso a suo carico tradotto in un idioma a lui conosciuto (Corte . cassazione, Sezione VI penale, JIugI IO 2024, n. 24730, rv 266667) – deve comunque rilevarsi che, come è stato ancora di recente affermato, in tema di traduzione degli atti processuali, l’imputato alloglotto che si dolga dell’omessa traduzione della sentenza emessa a suo carico, ha l’onere, in coerenza con la natura di nullità di carattere generale a regime intermedio che nella specie viene in rilievo, di indicare l’esistenza di un interesse concreto a ricorrere, che sia attuale e verificabile, non essendo sufficiente la mera allegazione di un pregiudizio astratto o potenziale che a lui possa derivare dalla mancata traduzione del provvedimento (Corte di cassazione, Sezione I penale, 3 dicembre 2024, n. 44251, rv 287282).
Nella occasione ora in scrutinio il ricorrente si è limitato a contestare solamente il fatto che la Corte di appello avesse ritenuto – tanto facendo, ad avviso del medesimo, in applicazione di un sillogismo difettivo – che NOME avesse un’adeguata conoscenza della lingua italiana in base al fatto che questi aveva rilasciato al proprio difensore fiduciario una regolare procura ad impugnare la sentenza di appello, null’altro aggiungendo al riguardo, in ispecie in ordine all ‘ avvenuta allegazione di un’effettiva violazione dei diritto di difesa a lui spettante.
Osserva perciò sul punto questa Corte che – al di là della efficacia da attribuire all ‘ argomento spiegato dalla Corte territoriale al fine di radicare un solido convincimento sul teri -ia della effettiva e suffiLielite LUI idbLel ILd dd JdI te del prevenuto della lingua italiana – la difesa dell’imputato non ha in alcun modo fatto presente di avere segnalato alla Corte territoriale quale possa essere stato il vulnus al corretto esercizio del proprio diritto di difesa che gli
sarebbe derivato dalla mancata traduzione della sentenza emessa a suo carico dal Tribunale di Salerno, né, in realtà lo ha fatto in occasione della redazion
presente ricorso.
Una tale allegazione tanto più sarebbe stata opportuna laddove si osservi che la sentenza medesima è stata regolarmente appellata dalla difesa
del prevenuto, la quale ha articolato avverso di essa sia motivi di caratter processuale che motivi attinenti al merito della decisione assunta in primo
grado, in tal modo esercitando nelle consentite latitudini il proprio diritto difesa.
La derivante genericità del ricorso ne indirizza il destino verso la inevitabile inammissibilità cui consegue, visto l’art. 616 cod. proc. pen.,
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euri 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente