Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 37635 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 37635 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/10/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da
NOME COGNOME, nata in Cina il DATA_NASCITA;
NOME COGNOME, nato in Cina il DATA_NASCITA;
NOME COGNOME, nato in Cina il DATA_NASCITA;
avverso la sentenza emessa in data 24/01/2025 dalla Corte di appello di Firenze;
visti gli atti, la sentenza impugnata e i ricorsi; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME; udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto di dichiarare inammissibile i ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Il Pubblico Ministero del Tribunale di Firenze ha chiesto il rinvio a giudizio di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME per il delitto di cui all’art. 74 d.P.R. ottobre 1990, n. 209 (capo 1) e del delitto di cui all’art. 110 cod. pen., 73 d.P.R.
n. 209 del 1990, commesso nella seconda metà di agosto (capo 2) e dei delitti di cui all’art. 81, 110 cod. pen., 73 d.P.R. n. 209 dei 1990, commessi a Firenze il 9 settembre 2022 (capo 3).
Secondo l’ipotesi di accusa, NOME COGNOME sarebbe stato il direttore e l’organizzatore dell’associazione; NOME COGNOME sarebbe stato associato, con il ruolo di responsabile della distribuzione della sostanza stupefacente, trasportandola con ripetuti viaggi a Roma, in occasione di uno dei quali veniva tratto in arresto; NOME COGNOME avrebbe avuto un ruolo direttivo paritetico a quello di NOME COGNOME, tanto da sostituirlo in sua assenza.
Gli imputati, inoltre, avrebbero importato dall’Olanda kg. 1,9752 netto di metanfetamina, con un grado di purezza del 94%, nella seconda metà di agosto del 2002 (capo 2) e avrebbero detenuto a fine di spaccio due buste contenenti rispettivamente g. 46.365 e g. 49.420 di metanfetamina, a Firenze il 9 settembre 2022 (capo 3).
Gli imputati in udienza preliminare hanno chiesto di essere giudicati allo stato degli atti nelle forme del giudizio abbreviato.
Il Giudice per le indagini per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze, all’esito del giudizio abbreviato, con sentenza emessa in data 11 marzo 2024, ha dichiarato tutti gli imputati colpevoli dei reati a loro ascritti, unificati continuazione ed esclusa la circostanza aggravante di cui all’art. 80 d.P.R. n. 309 del 1990 e applicate le attenuanti generiche e la diminuente per il rito, ha condannato COGNOME alla pena di dieci anni di reclusione, NOME COGNOME alla pena di nove mesi e quattro anni di reclusione e NOME COGNOME alla pena di quattro anni e dieci mesi di reclusione ed euro 22.000 di multa e tutti gli imputati al pagamento delle spese processuali e a quelle di mantenimento in stato di custodia cautelare in carcere.
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Firenze ha confermato la pronuncia di primo grado, condannando gli imputati appellanti al pagamento delle spese del grado.
AVV_NOTAIO, difensore degli imputati, ha proposto ricorso avverso questa sentenza e ne ha chiesto l’annullamento, deducendo due motivi di ricorso.
5.1. Il difensore, con il primo motivo, ha eccepito l’inosservanza degli artt. 178, comma 1, lett. c), 143, comma 2, cod. proc. pen., 24 Cost., 6, par. 3, lett. a) CEDU con riferimento alla mancata traduzione della sentenza nei confronti di NOME COGNOME.
L’imputata, infatti, come risulta dall’interrogatorio di garanzia resa in data 9 novembre 2024 dinanzi al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze non parla, né comprende la lingua italiana ed è stata assistita da un interprete nel corso del giudizio. L’imputata ha, inoltre, ricevuto una copia del decreto di citazione in grado di appello tradotto in lingua cinese, ma non della sentenza impugnata.
La nullità eccepita sarebbe, peraltro, pienamente sussistente alla luce dell’informazione provvisoria relativa alla decisione delle Sezioni unite all’udienza del 29 maggio 2025.
La mancata traduzione della sentenza ha, del resto, determinato un pregiudizio concreto alla ricorrente, costituito dall’impossibilità di rappresentare alla difesa tecnica le ragioni di conferma della sentenza di primo grado.
5.2. Il difensore, con il secondo motivo, ha censurato la violazione dell’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990 e dell’art. 192 cod. proc. pen. in ordine alla ritenuta sussistenza del reato associativo con riferimento agli imputati.
Né la sentenza di primo, né quella di secondo grado hanno fornito adeguata motivazione in ordine ai rilievi difensivi svolti nella memoria depositata in data 12 gennaio 2024 e nell’atto di appello in ordine alla mancata prova della stabilità del vincolo associativo, che distingue la fattispecie di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 de 1990, dal concorso in plurimi episodi del delitto di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309 de 1990.
La frequenza dei contatti tra gli imputati e l’esistenza di rapporti personali tra i medesimi sono elementi neutri al fine di dimostrare l’associazione di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990.
La Corte di appello avrebbe, inoltre, illogicamente colto l’indeterminatezza del programma criminoso nell’abilità dei sodali di reagire prontamente alla perdita dell’ingente carico di droga proveniente dall’Olanda.
Il difensore rileva, inoltre, che difetterebbe uno stabile collegamento tra i tre imputati, in quanto l’attività di intercettazione è iniziata il 18 agosto 2022 ed terminata il 9 settembre 2022, l’unico reato fine è quello contestato al capo 2) dell’imputazione, tra il 31 agosto e il 7 settembre 2002 non è stata registrata alcuna conversazione tra NOME COGNOME e NOME COGNOME e NOME COGNOME e, inoltre, tra il 3 settembre e il 7 settembre 2022 non vi è stata alcuna conversazione tra NOME COGNOME e NOME NOME.
La brevissima durata dell’attività di osservazione degli imputati, dunque, dimostrerebbe l’insussistenza del reato associativo contestato.
La pronta reazione degli imputati alla perdita dell’ingente carico di metanfetamine proveniente dall’Olanda dimostrerebbe, inoltre, non già l’indeterminatezza del programma criminoso, ma solo la loro pervicacia e proclività al delitto.
Analogamente l’intervento di NOME COGNOME in aiuto di NOME COGNOME per reperire documenti che gli servivano per il viaggio in Serbia e la manifestazione di aiuto da parte di NOME COGNOME nei confronti di NOME COGNOME nel caso in cui fosse stato lui ad appropriarsi dello stupefacente contenuto nel pacco recapitato vuoto, costituirebbero elementi insufficienti a dimostrare il mutuo soccorso tra i coimputati e l’affectio societatis.
Lo scopo del viaggio a Belgrado compiuto da NOME COGNOME, peraltro, sarebbe stato legato a vicende relative all’immigrazione clandestina e, dunque, del tutto estranee al narcotraffico.
Con la requisitoria e le conclusioni scritte depositate in data 11 settembre 2025, il Procuratore generale, NOME COGNOME, ha chiesto di dichiarare inammissibile i ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto da NOME COGNOME deve essere accolto, in quanto il motivo proposto è fondato; i ricorsi proposti da NOME COGNOME e NOME COGNOME devono essere dichiarati inammissibili.
Con il primo motivo, il difensore ha eccepito l’inosservanza degli artt. 178, comma 1, lett. c), 143, comma 2, cod. proc. pen., 24 Cost., 6, par. 3, lett. a) CEDU con riferimento alla mancata traduzione della sentenza nei confronti di NOME COGNOME.
3. Il motivo è fondato.
Dall’esame diretto degli atti processuali (ammesso in sede di legittimità quando è censurata una violazione della legge processuale: ex plurimis, Sez. U, n. n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 229092) risulta che l’imputata, come risulta dall’interrogatorio di garanzia resa in data 9 novembre 2024 dinanzi al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze non parla, né comprende la lingua italiana ed è stata assistita da un interprete nel corso del giudizio.
L’imputata ha, inoltre, ricevuto una copia del decreto di citazione in grado di appello tradotto in lingua cinese, ma non della sentenza impugnata.
Le Sezioni unite della Corte all’udienza del 29 maggio 2025, hanno statuito, secondo quanto risulta dall’informazione provvisoria, che la sentenza di appello deve essere tradotta in una lingua nota all’imputato che non conosca la lingua italiana e che la mancata traduzione della sentenza in una lingua nota all’imputato che non conosca la lingua italiana comporta la nullità generale a regime intermedio della “sentenza documento” con conseguente rinvio al giudice del grado
precedente per la traduzione stessa.
La sentenza impugnata deve, dunque, essere annullata nei confronti di NOME con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Firenze per nuovo giudizio.
Il difensore, con il secondo motivo, ha censurato la violazione dell’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990 e dell’art. 192 cod. proc. pen. in ordine alla ritenuta sussistenza del reato associativo con riferimento agli imputati.
Il motivo è inammissibile, in quanto, pur deducendo formalmente un vizio di violazione di legge, si risolve nella mera confutazione dell’interpretazione delle risultanze probatorie operate dai giudici di merito; i ricorrenti non deducono che le condotte così ricostruite non sono ascrivibili alla fattispecie di reato contestata ma sollecitano una lettura alternativa degli elementi probatori.
Esula, tuttavia, dai poteri della Corte di cassazione quello di una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è riservata in via esclusiva al giudice di merito senza che possa integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa valutazione delle risultanze processuali ritenute dal ricorrente più adeguate (Sez. U, n. 6402 del 2/07/1997, Dessimone, Rv. 207944).
Sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto post a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (Sez. 6, n. 5456 del 4/11/2020, F., Rv. 280601-1; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482).
La Corte di appello, peraltro, richiamando la disamina degli elementi probatori operati dalla sentenza di primo grado, ha non illogicamente ritenuto sussistente l’associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico, in ragione della sussistenza di una struttura organizzativa stabile, della reiterazione delle condotte criminose secondo cadenze prefissate e ruoli consolidati, dell’esistenza di una cassa comune per finanziare i viaggi all’estero e le importazioni di sostanza stupefacente mediante «correi estemporanei», di una solidarietà reciproca tra i sodali, della predisposizione di nuove importazioni, pur a fronte dell’arresto in data 9 settembre 2022 di COGNOME e del sequestro dell’ingente quantitativo di sostanza stupefacente disposto dall’autorità inquirente.
Alla stregua dei rilievi che precedono, devono, dunque, dichiarati inammissibili i ricorsi proposti da NOME COGNOME e NOME COGNOME.
I ricorrenti devono, pertanto, essere condannati, ai sensi dell’art. 616,
comma 1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
Non essendovi ragione di ritenere che i ricorsi siano stati presentato senza «versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», in virtù delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, deve, altresì, disporsi che ciascun ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di NOME COGNOME e rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Firenze per nuovo giudizio. Dichiara inammissibili i ricorsi di NOME COGNOME e NOME COGNOME, che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 16 ottobre 2025.