Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 30261 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 30261 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME (CODICE_FISCALE) nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 25/09/2023 della CORTE APPELLO di ANCONA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
NOME COGNOME
che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso;
Trattazione scritta.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 25 settembre 2023 la Corte di appello di Ancona ha confermato quella emessa dal Tribunale della stessa città 1’11 gennaio 2022 con la quale NOME COGNOME è stato ritenuto responsabile dei reati a lui ascritti fra i quali, per quanto ancora rileva in questa sede, quello di cui all’art. 6, comma 3, d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286.
L’imputato, sottoposto a controllo, in data 29 luglio 20:19, in conseguenza del prelevamento di merce dallo scaffale di un supermercato senza il relativo pagamento, aveva omesso di esibire i documenti di identificazione, compreso il permesso di soggiorno del quale era titolare, per come successivamente accertato in Questura.
Nel respingere i motivi di impugnazione proposti in punto di affermazione della responsabilità, di causa di non punibilità ex art. 131-bis cod. pen. e trattamento sanzionatorio, la Corte di appello ha, sostanzialmente, ribadito quanto esposto dal primo giudice ed evidenziato la personalità negativa dell’imputato siccome risultante da precedenti penali, anche specifici.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME, per mezzo del proprio difensore AVV_NOTAIO, articolando due motivi.
2.1. Con il primo ha eccepito carenza di motivazione in relazione all’elemento soggettivo della contravvenzione per la quale si procede.
Il controllo di polizia era stato eseguito nei pressi dell’abitazione dell’imputato che aveva giustificato il mancato possesso dei documenti con il fatto di essere uscito di casa in fretta a causa di un litigio con la propria moglie.
Nonostante si fosse offerto di accompagnare gli agenti a casa per esibire la documentazione, gli operanti lo avevano condotto in Questura.
2.2. Con il secondo motivo ha eccepito il vizio di violazione di legge in punto di determinazione della pena che sarebbe avvenuta in misura tale da evidenziarne l’«abnormità», se si considera che il ricorrente, dopo il 2013, non aveva commesso alcuna violazione della stessa indole di quella per la quale si procede.
Il Procuratore generale ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Il primo motivo è manifestamente infondato e, comunque, teso a sollecitare a questa Corte di legittimità una rivalutazione del compendio istruttorio.
Il ricorrente pretende, attraverso le argomentazioni descrittive di cui al motivo in esame, di rileggere la ricostruzione fattuale obliterando la circostanza che la contravvenzione per la quale si procede, in quanto tale, è punita anche a titolo di colpa.
Il massimo organo nomofilattico ha già avuto modo di precisare che «integra il reato previsto dall’art. 6, comma 3, D.Lgs. 25 luglio 1998 n. 286 (testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero) la mancata esibizione, senza giustificato motivo, a richiesta degli ufficiali e agenti di pubblica sicurezza, del passaporto o di altro documento di identificazione, da parte del cittadino straniero che si trovi, regolarmente o non, nel territorio dello Stato, a nulla rilevando che egli non ne sia in possesso per non essersene preventivamente munito; mentre non integra ne’ questa, ne’ altra ipotesi di reato, l’omessa esibizione, da parte dello straniero immigrato clandestinamente in Italia, del permesso o della carta di soggiorno ovvero del documento di identificazione per stranieri di cui all’art. 6, comma 9, del citato decreto legislativo, in quanto il possesso di uno di questi ultimi documenti è inconciliabile con la condizione stessa di “straniero clandestino” e, conseguentemente, GLYPH ne GLYPH è GLYPH inesigibile GLYPH l’esibizione» GLYPH (Sez. U, n. 45801 del 29/10/2003, Mesky, Rv. 226102).
Peraltro, la circostanza esposta in ricorso (l’essere uscito di casa repentinamente e per un breve lasso di tempo dopo un litigio con la coniuge ma, pur sempre, senza i documenti), descrive una fattispecie colposa perfettamente coincidente con quella penalmente sanzionata in quanto non contiene l’indicazione di alcuna circostanza idonea ad escludere la condotta colposa.
Il secondo motivo è inammissibile in quanto, in ordine ai criteri di determinazione della pena, trova applicazione il consolidato principio per cui la stessa, se motivata con riferimento ai parametri di cui all’art. 133 cod. pen. ritenuti prevalenti, è insindacabile.
Nel caso di specie è stato osservato il condivisibile principio di diritto per cui «l’irrogazione di una pena base pari o superiore al medio edittale richiede una specifica motivazione in ordine ai criteri soggettivi ed oggettivi elencati dall’art. 133 cod. pen., valutati ed apprezzati tenendo conto della funzione rieducativa, retributiva e preventiva della pena» (Sez., n. 35100 del 27/06/2019, Torre, Rv.
276932).
Soddisfa tali parametri il riferimento compiuto dalla sentenza alla personalità dell’imputato e ai suoi precedenti ritenuti insindacabilmente tali da giustificare l’irrogazione di una pena determinata in misura corrispondente al medio edittale.
Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile.
Alla dichiarazione di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuale e, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale e in mancanza di elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità» al versamento della somma, equitativamente fissata in euro tremila, in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 03/05/2024