LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Mancata esecuzione dolosa: appello inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice (art. 388 c.p.). Il ricorso è stato respinto perché i motivi erano una mera riproposizione di argomenti già esaminati e correttamente disattesi nei gradi di merito, senza evidenziare vizi di legittimità.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Mancata Esecuzione Dolosa: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio dei limiti del ricorso per Cassazione, specialmente quando si affronta il reato di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice. La Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale: non è possibile utilizzare il giudizio di legittimità per riproporre le stesse questioni di fatto già valutate e respinte nei precedenti gradi di giudizio. Analizziamo la vicenda e la decisione dei giudici.

Il Caso: La Vendita di un Bene e la Successiva Condanna

La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un soggetto per il reato previsto dall’articolo 388 del Codice Penale. L’imputato era stato ritenuto responsabile per aver compiuto atti simulati o fraudolenti su beni pignorati al fine di sottrarsi all’adempimento degli obblighi civili. Nello specifico, la contestazione riguardava la vendita di un bene nonostante fosse stato successivamente oggetto di un pignoramento, frustrando così le legittime pretese dei creditori.

L’imputato, dopo la condanna in Corte d’Appello, ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo, tra le altre cose, di aver agito in errore (invocando l’articolo 59 c.p.) a causa di un precedente obbligo assunto relativo alla vendita del bene. Chiedeva, inoltre, il riconoscimento delle attenuanti generiche.

I Limiti del Ricorso e la Mancata Esecuzione Dolosa

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un punto cruciale del nostro ordinamento processuale: il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito. La Suprema Corte non può riesaminare i fatti e le prove come hanno fatto il Tribunale e la Corte d’Appello. Il suo compito è verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza impugnata sia logica e non contraddittoria.

Nel caso di specie, i giudici hanno rilevato che i motivi del ricorso non erano altro che una riproposizione delle stesse argomentazioni difensive già presentate e respinte nei gradi di merito. La difesa non ha sollevato veri e propri vizi di legittimità (come un’errata interpretazione della legge o una palese illogicità della motivazione), ma ha tentato di ottenere una nuova valutazione dei fatti, operazione preclusa in sede di Cassazione.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha sottolineato che le sentenze dei giudici di merito avevano adeguatamente esaminato e disatteso le tesi difensive con argomenti giuridicamente corretti e coerenti. La responsabilità dell’imputato, inclusa la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato (il dolo), era stata confermata sulla base delle prove acquisite.

Anche la richiesta di applicare l’art. 59 c.p. è stata considerata infondata, poiché la consapevolezza di sottrarre un bene alla garanzia dei creditori è sufficiente per integrare la mancata esecuzione dolosa. La Corte ha ritenuto che le argomentazioni dei giudici di merito fossero puntuali e immuni da manifeste incongruenze logiche. Di conseguenza, non sussistevano i presupposti per annullare la decisione impugnata.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ribadisce un importante monito per chi intende impugnare una sentenza penale in Cassazione. È inutile e controproducente presentare un ricorso che si limiti a ripetere le argomentazioni fattuali già respinte. Per avere una possibilità di successo, è necessario individuare specifici errori di diritto o vizi logici evidenti nella motivazione della sentenza d’appello.

L’esito del ricorso, dichiarato inammissibile, ha comportato per il ricorrente non solo la conferma della condanna, ma anche, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale, la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Una conseguenza che evidenzia ulteriormente l’importanza di un’attenta valutazione sull’opportunità di adire la Suprema Corte.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile quando i motivi proposti sono una mera riproposizione di questioni di fatto già valutate e respinte correttamente dai giudici di merito, senza che vengano evidenziati specifici vizi di legittimità o palesi illogicità nella motivazione della sentenza impugnata.

Cosa si intende per reato di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice?
È il reato, previsto dall’art. 388 c.p., commesso da chi compie atti fraudolenti sui propri beni (come venderli) al fine di sottrarsi all’adempimento di un obbligo derivante da un provvedimento giudiziario, come un pignoramento. La sentenza conferma che la consapevolezza di eludere l’obbligo è sufficiente per integrare l’elemento soggettivo del dolo.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato inammissibile?
Secondo quanto stabilito dall’art. 616 del codice di procedura penale e confermato in questa ordinanza, la persona che ha presentato il ricorso inammissibile viene condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati