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Mancata consegna beni pignorati: la nuova pena

Un debitore è stato condannato per la mancata consegna di un’autovettura pignorata. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 218/2024, ha confermato la sua responsabilità ma ha annullato la condanna riguardo alla pena. I giudici di merito avevano erroneamente applicato una sanzione congiunta (reclusione e multa) prevista dalla vecchia normativa. La Corte ha chiarito che, essendo il reato stato commesso dopo l’entrata in vigore di una riforma del 2018, si doveva applicare la nuova, più mite pena alternativa (reclusione o multa). Il caso è stato rinviato a una nuova Corte d’Appello per la rideterminazione della pena.

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Pubblicato il 16 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Mancata Consegna Beni Pignorati: Quando la Riforma Cambia la Pena

La mancata consegna beni pignorati è una condotta sanzionata penalmente, ma cosa succede se la legge che stabilisce la pena cambia poco prima che il reato venga commesso? La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 218 del 2024, offre un importante chiarimento sull’applicazione della legge penale nel tempo, sottolineando il principio del favor rei, ovvero l’applicazione della norma più favorevole all’imputato. Il caso analizzato riguarda un debitore condannato per non aver consegnato la propria autovettura pignorata nei termini stabiliti. La Suprema Corte ha confermato la sua colpevolezza ma ha annullato la pena inflitta, ritenendola illegittima perché basata su una normativa superata.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da un procedimento di pignoramento a carico di un debitore, a cui era stato notificato l’ordine di consegnare la propria autovettura entro dieci giorni e di indicare, entro quindici giorni, eventuali altri beni pignorabili. Il debitore non ottemperava a nessuna delle due richieste. Per questa ragione, veniva processato e condannato sia in primo grado dal Tribunale sia in appello dalla Corte territoriale per il reato previsto dall’articolo 388, commi 5 e 6, del codice penale.

La difesa dell’imputato ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo un punto cruciale: al momento della commissione del fatto (15 luglio 2018), era già in vigore una modifica legislativa (D.Lgs. n. 63/2018, efficace dal 22 giugno 2018) che aveva cambiato la struttura sanzionatoria del reato. Le corti di merito, invece, avevano applicato la vecchia e più severa pena congiunta (reclusione e multa), ignorando la nuova e più mite pena alternativa (reclusione o multa).

La Decisione sulla Mancata Consegna Beni Pignorati e la Legge Applicabile

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. I giudici supremi hanno stabilito che i tribunali di merito avevano commesso un errore di diritto nell’individuare la norma sanzionatoria applicabile.

La Corte ha precisato che la condotta contestata all’imputato – l’omessa consegna del veicolo e l’omessa indicazione di altri beni – corrispondeva alle fattispecie che, a seguito della riforma del 2018, erano state ‘spostate’ nei commi 7 e 8 dell’art. 388 c.p. Queste nuove disposizioni, pur descrivendo le stesse condotte, prevedono una pena alternativa: reclusione fino a un anno o multa fino a 516 euro.

I giudici di merito, invece, avevano inflitto una pena di due mesi di reclusione e 100 euro di multa, una pena congiunta che era prevista dal vecchio testo normativo ma non più da quello in vigore al momento del fatto. Di conseguenza, la Cassazione ha disposto l’annullamento della sentenza impugnata, limitatamente alla determinazione della pena, con rinvio a una diversa sezione della Corte d’Appello per un nuovo giudizio sul punto.

Le Motivazioni

La motivazione della Suprema Corte si fonda su un’attenta analisi della successione delle leggi penali nel tempo. Il principio cardine è che nessuno può essere punito per un fatto secondo una legge che non era in vigore al momento in cui il fatto è stato commesso (tempus commissi delicti). Nel caso di specie, il reato si era perfezionato il 15 luglio 2018, quando la riforma del D.Lgs. n. 63/2018 era già pienamente efficace da quasi un mese.

La Corte ha inoltre chiarito che la condotta di ‘omessa consegna’ entro un termine non equivale automaticamente alla ‘sottrazione’ del bene, che rappresenta un’ipotesi di reato più grave. L’accertamento processuale si era fermato alla verifica del semplice inadempimento dell’obbligo di consegna, una fattispecie che rientrava pienamente nelle ipotesi meno gravi, punite con pena alternativa.

L’errore dei giudici di merito è stato quello di applicare una cornice edittale (cioè il minimo e il massimo della pena previsti dalla legge) non più vigente, violando così il principio di legalità e del favor rei. La condanna per la mancata consegna beni pignorati è stata quindi confermata nel suo nucleo fattuale (l’imputato è e rimane colpevole), ma la sanzione dovrà essere interamente ricalcolata dal giudice del rinvio, che dovrà scegliere tra la pena detentiva e quella pecuniaria.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale dello stato di diritto: l’assoluta importanza di applicare la corretta versione della legge penale in vigore al momento del reato. Per i cittadini, ciò significa che le conseguenze di una condotta illecita devono essere quelle previste dalla legge in quel preciso momento, specialmente se una modifica successiva ha introdotto un trattamento sanzionatorio più favorevole. Per gli operatori del diritto, la decisione funge da monito sulla necessità di una verifica scrupolosa della normativa applicabile, per evitare errori che possono portare all’annullamento delle sentenze. La distinzione tra responsabilità per il fatto e quantificazione della pena emerge con chiarezza: si può essere colpevoli, ma la punizione deve essere giusta e, soprattutto, legale.

Perché la sentenza è stata annullata solo in parte?
La sentenza è stata annullata limitatamente alla determinazione della pena perché la Corte di Cassazione ha confermato la responsabilità penale dell’imputato per i fatti contestati (la mancata consegna del bene pignorato). L’errore rilevato riguardava solo l’applicazione di una sanzione errata, non l’accertamento della colpevolezza.

Qual è stato l’errore commesso dai giudici di primo e secondo grado?
L’errore è stato applicare la pena prevista dalla versione dell’art. 388 del codice penale antecedente alla riforma introdotta dal D.Lgs. n. 63/2018. Tale versione prevedeva una pena congiunta (reclusione e multa), mentre la nuova normativa, in vigore al momento del reato, prevede una più mite pena alternativa (reclusione o multa).

Cosa succede ora all’imputato?
Il caso è stato rinviato a una nuova Corte d’Appello, che dovrà procedere a una nuova determinazione della pena. Questa nuova corte dovrà applicare la cornice sanzionatoria corretta (pena alternativa) e scegliere, con adeguata motivazione, se irrogare una pena detentiva (fino a un anno) o una pena pecuniaria (fino a 516 euro), e quantificarla.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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