Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 2087 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 2087 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BANDELLO NOME (RINUNCIANTE) nato a BATTIPAGLIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 04/08/2023 del TRIB. LIBERTA’ di SALERNO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG NOME COGNOME, il quale ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso per sopravvenuta rinuncia all’impugnazione.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 4 agosto 2023 il Tribunale del riesame di Salerno ha rigettato la richiesta di riesame presentata da NOME COGNOME avverso l’ordinanza con la quale il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale della stessa città, il 25 luglio 2021, gli ha applicato la misura cautelare dalla custodia in carcere in relazione al reato di tentato omicidio aggravato.
NOME COGNOME ha proposto, con l’assistenza degli AVV_NOTAIO e NOME AVV_NOTAIO, ricorso per cassazione affidato ad un unico, articolato motivo, con il quale ha dedotto violazione di legge e vizio di motivazione per avere il Tribunale del riesame indebitamente ritenuto l’inidoneità di misure diverse da quella di massimo rigore alla tutela delle ravvisate esigenze cautelari.
Il 2 novembre 2023 COGNOME ha rinunziato, tramite procuratore, al ricorso sul rilievo, già formulato dai suoi difensori con precedente comunicazione, che il giudice procedente ha, medio tempore, sostituito la misura della custodia in carcere con quella del divieto di dimora nella provincia di Salerno, sicché è venuto meno l’interesse all’impugnazione.
Disposta la trattazione scritta ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, il Procuratore generale, con atto del 3 novembre 2023, ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso per sopravvenuta rinuncia all’impugnazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
L’esame del ricorso nel merito è precluso dal rilievo preliminare e assorbente della sopraggiunta carenza di interesse del ricorrente a coltivare l’impugnazione, che ne determina l’inammissibilità, ai sensi dell’art. 591, comma 1, lett. a), cod. proc. pen..
In proposito, va rilevato che, secondo consolidati e condivisi principi, la nozione d’interesse a impugnare, richiesto dall’art. 568, comma 4, cod. proc. pen. quale condizione della impugnazione e requisito soggettivo del relativo diritto, deve essere individuata secondo una prospettiva utilitaristica, correlata alla finalità negativa, perseguita dal soggetto legittimato, di rimuovere una situazione di svantaggio processuale derivante da una decisione giudiziale, e a quella, positiva, del conseguimento di una utilità, ossia di una decisione più
vantaggiosa rispetto a quella oggetto del gravame e che risulti logicamente coerente con il sistema normativo (Sez. U, n. 6624 del 27/10/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 251693), oltre a doversi configurare il requisito dell’interesse in maniera immediata, concreta e attuale e sussistere sia al momento della proposizione del gravame che in quello della sua decisione (Sez. U, n. 7 del 25/06/1997, COGNOME, Rv. 208165).
A tale riguardo, è stata elaborata la categoria della «carenza d’interesse sopraggiunta», il cui fondamento giustificativo è stato individuato nella valutazione negativa della persistenza, al momento della decisione, di un interesse all’impugnazione, la cui attualità sia venuta meno a causa della mutata situazione di fatto o di diritto intervenuta medio tempore, assorbendo la finalità perseguita dall’impugnante, o perché la stessa ha già trovato concreta attuazione, ovvero in quanto ha perso ogni rilevanza per il superamento del punto controverso (Sez. U, n. 6624 del 27/10/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 251694).
Nel caso in esame – preso atto della sostituzione della misura cautelare già applicata a NOME COGNOME e rilevato che il ricorrente non ha manifestato interesse a coltivare l’impugnazione – appare pertinente il richiamo all’indirizzo ermeneutico, avallato dal massimo consesso nomofilattico, secondo cui «In tema di ricorso avverso il provvedimento applicativo di una misura cautelare custodiale nelle more revocata o divenuta inefficace, perché possa ritenersi comunque sussistente l’interesse del ricorrente a coltivare l’impugnazione in riferimento a una futura utilizzazione dell’eventuale pronunzia favorevole ai fini del riconoscimento della riparazione per ingiusta detenzione, è necessario che la circostanza formi oggetto di specifica e motivata deduzione, idonea a evidenziare in termini concreti il pregiudizio che deriverebbe dal mancato conseguimento della stessa, formulata personalmente dall’interessato» (Sez. U, n. 7931 del 16/12/2010, dep. 2011, Testini, Rv. 249002).
Il sopravvenuto venir meno dell’interesse del ricorrente ad avere una decisione che ne apprezzi la fondatezza determina, pertanto, l’inammissibilità dell’impugnazione.
Alla declaratoria di inammissibilità non seguono ulteriori statuizioni, giacché il venir meno dell’interesse alla decisione, sopraggiunto alla proposizione del ricorso per cassazione, non configura un’ipotesi di soccombenza e non implica, pertanto, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento né di sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende (Sez. 1, n. 11302 del 19/09/2017, Rezmuves, Rv. 272308; Sez. 6, n. 19209 del
544
31/01/2013, COGNOME, Rv. 256225; Sez. 3, n. 8025 del 25/01/2012,
GLYPH Oliverio, Rv. 252910).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta mancanza di interesse. Così deciso il 22/11/2023.