Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 2003 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 2003 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME, nato ad Asti il DATA_NASCITA rappresentata ed assistita dall’AVV_NOTAIO, di fiducia avverso la sentenza in data 16/06/2023 della Corte di appello di Torino, quinta
sezione penale;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
preso atto che non è stata richiesta dalle parti la trattazione orale ai sensi degli artt. 611, comma 1-bis cod. proc. pen., 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, prorogato in forza dell’art. 5-duodecies del di. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199 e, da ultimo, dall’art. 17 del d.l. 22 giugno 2023, n. 75, convertito con modificazioni dalla legge 10 agosto 2023, n. 112 e che, conseguentemente, il procedimento viene trattato con contraddittorio scritto;
udita la relazione svolta da! consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni scritte della difesa del ricorrente in data 12/12/2023; letta la requisitoria scritta ex art. 23, cornma 8, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176 e succ. modif.,
con la quale il Sostituto procuratore generale, NOME COGNOME, ha concluso chiedendo di dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 16/06/2023, la Corte di appello di Torino, giudicando in sede di rinvio, confermava la sentenza resa in primo grado dal Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Asti in data 04/02/2021 che, all’esito di giudizio abbreviato, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, aveva condannato NOME COGNOME alla pena di mesi quattro di reclusione per il reato di cui agli artt. 110, 316-bis cod. pen.
1.1. Secondo l’Accusa, NOME COGNOME, in qualità di Presidente del Consiglio di amministrazione della RAGIONE_SOCIALE, che aveva incorporato a RAGIONE_SOCIALE (il cui legale rappresentante e membro del Consiglio di amministrazione era NOME COGNOME), non destinava l’importo di 147.850,00 euro erogato alla RAGIONE_SOCIALE dalla RAGIONE_SOCIALE al recupero edilizio di un immobile ad esclusivo uso alberghiero, destinando, invece, le unità abitative, all’esito della finanziata ristrutturazione, ad abitazioni private.
1.2. La Corte di appello aveva confermato la sentenza di primo grado, ritenendo non credibile che NOME COGNOME, diretto beneficiario degli stanziamenti pubblici e responsabile della loro gestione, congiunto di NOME COGNOME (che aveva patteggiato la pena), non fosse al corrente della concreta destinazione delle unità abitative.
1.3. La Corte di Cassazione, sesta sezione penale, con sentenza n. 9189 del 25/01/2023, nell’annullare la sentenza di secondo grado disponevano giudizio di rinvio, rilevando come la sentenza non avesse chiarito e spiegato “da che cosa si evinca che l’imputato fosse almeno a conoscenza della distrazione dei finanziamenti dalla loro destinazione istituzionale”: da qui la pronuncia di annullamento al fine di approfondire e chiarire “le ragioni dell’eventuale coinvolgimento di NOME COGNOME nel reato, anche sul piano dell’elemento soggettivo”.
Avverso la predetta sentenza pronunciata dalla Corte territoriale in sede di rinvio, nell’interesse di NOME COGNOME, è stato proposto ricorso per cassazione, per i sottoindicati motivi enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Primo motivo: inosservanza o erronea applicazione dei presupposti fondanti l’operatività del concorso di persone; erronea applicazione delle regole di giudizio sancite dall’art. 192 cod. proc. pen. in relazione all’accertamento della
responsabilità concorsuale. La Corte territoriale non chiarisce a cosa intenda far riferimento, in concreto, allorchè afferma che il contributo partecipativo penalmente rilevante sarebbe consistito “anche nella creazione delle condizioni per la richiesta” di subentro al contributo per cui è procedimento, giacchè, oltre a quello indicato, non precisa né fornisce elementi per individuare a quali altri contributi una simile affermazione intenda fare riferimento: si tratta di una mera congettura, indeterminata ed indeterminabile, che, oltre a non descrivere la condotta di partecipazione imputata, non fornisce nemmeno gli elementi da cui dovrebbe ricavarsi la valenza causale di tale ipotetico contributo. La Corte territoriale incorre, inoltre, in un autonomo errore di diritto allorchè deduce la sussistenza del dolo da indici che, al più, sarebbero funzionali all’accertamento della colpa. Gli elementi indicati a tal fine dimostrano, infatti, che il ricorrente er consapevole dell’esistenza del vincolo di destinazione dell’immobile e, per altro verso, che, al più, lo stesso mantenne un comportamento colposamente omissivo rispetto alla vigilanza che, quale amministratore provo di deleghe, avrebbe forse dovuto effettuare circa l’effettivo rispetto di tale vincolo. Tale conclusione risulta ancor più fondata se si considera che le sentenze di merito sono concordi nel dar conto che tutti gli adempimenti amministrativo-contabili relativi alla gestione del finanziamento sono stati svolti dal NOME COGNOME, senza alcun genere d’interferenza da parte dell’imputato. La pronuncia, in questa prospettiva, contrasta con il consolidato principio di diritto secondo cui, per l’affermazione del dolo di concorso, non è sufficiente la dimostrazione dell’apporto materiale fornito dal singolo concorrente (prova, nella fattispecie, non fornita), ma occorre, altresì, la dimostrazione che ciascuno di essi abbia avuto conoscenza, anche unilaterale, del contributo recato alla condotta altrui. La sentenza impugnata ha omesso: di indicare la condotta di partecipazione che il ricorrente avrebbe fornito alla realizzazione del delitto contestato; di accertare e di motivare l’esistenza del nesso causale tra la condotta di partecipazione ed il reato contestato; di accertare e di motivare l’esistenza del dolo di partecipazione al delitto di cui all’art. 316-bis cod. pen. Inoltre, dalla ritenuta consapevolezza del ricorrente della sussistenza del vincolo di destinazione dell’immobile, la sentenza impugnata ha tratto argomento per ritenere automaticamente dimostrata la sua condotta di partecipazione alla distrazione dell’immobile dal vincolo medesimo: si tratta, all’evidenza, di un salto logico che contrasta con le regole di giudizio dell’art. 192, comma 2, cod. proc. pen. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Secondo motivo: mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. Il ricorrente si duole che l’impianto argomentativo esposto in sentenza sia gravemente lacunoso e pervenga all’esposizione di una motivazione meramente apparente in ordine ai richiamati elementi costitutivi del concorso di
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persone. La sentenza non spiega in qual modo l’imputato sarebbe stato presente e partecipe in tutte le fasi della procedura e, soprattutto, non chiarisce in qual modo egli avrebbe contribuito a sottrarre l’immobile (del quale, peraltro, egli aveva realizzato l’opera di riqualificazione edilizia necessaria per l’ottenimento del finanziamento pubblico) al vincolo di destinazione a cui è ricollegato il rimprovero per il reato addebitatogli. La sentenza è anche manifestamente illogica nella parte in cui afferma che il ricorrente avrebbe contribuito alla consumazione del reato addebitatogli realizzando le opere di riqualificazione edilizia per la cui esecuzione era stato concesso il finanziamento da parte di RAGIONE_SOCIALE: la sentenza confonde gli aspetti concernenti la richiesta, la gestione e la rendicontazione del finanziamento pubblico con quelli concernenti il recupero urbanistico degli immobili interessati, nel cui novero rientra la richiesta di sanatoria. Duplice è l’errore logico interpretativo: sovrappone o, comunque, collega in modo arbitrario, la violazione del vincolo di destinazione a “casa vacanze” dell’immobile per cui RAGIONE_SOCIALE (amministrata da NOME COGNOME), il 24/11/2006, aveva percepito l’erogazione pubblica alla, di per sé, lecita e doverosa realizzazione delle opere di riqualificazione urbanistica; individua un elemento indiziante del contributo partecipativo a carico del ricorrente nel fatto che questi aveva realizzato le opere di riqualificazione edilizia, che, richiamando il tenore del capo d’imputazione, facevano parte degli obblighi imposti dal bando che disciplinava l’erogazione del finanziamento pubblico. La Corte territoriale, per un verso, colloca l’apporto del ricorrente esclusivamente nell’ambito dell’esecuzione delle attività (lecite e doverose) di riqualificazione edilizia e, dall’altro, considera inopinatamente tale intervento dimostrativo del contributo dal medesimo prestato per l’elusione del vincolo di destinazione dell’immobile “a casa vacanze”. Si tratta di un evidente salto logico dal momento che entrambe le sentenze di merito riconoscono che: fu NOME COGNOME ad assumersi l’impegno di vincolare le strutture oggetto dell’intervento alla “destinazione turistica e/o ricettiva per la durata di dieci anni dalla data ultimazione lavori”; fu sempre NOME COGNOME che, il 05/11/2015, sottoscrisse ed inoltrò a RAGIONE_SOCIALE la rendicontazione finale dell’intervento effettuato; fu il solo NOME COGNOME a sottoscrivere ed inoltrare tutta la documentazione relativa alla gestione del finanziamento erogato da RAGIONE_SOCIALE. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Entrambi i motivi, trattabili congiuntamente alla luce dei reciproci collegamenti, appaiono manifestamente infondati.
3. La Corte territoriale ha ritenuto provato che tre unità abitative situate in INDIRIZZO, INDIRIZZO, erano state destinate ad uso diverso da quello in relazione al quale era stato concesso il finanziamento, in quanto, anziché essere adibite a destinazione turistica, venivano adibite ad uso abitativo stabile. Ritengono i giudici di appello che “correttamente il Tribunale di Asti ha ritenuto responsabile del reato contestato da NOME COGNOME, Presidente del Consiglio di amministrazione della NOME RAGIONE_SOCIALE, anche rilevando come dall’analisi delle fatture era emerso che consistenti lavori con ciò che ne conseguiva a titolo di costo per la RAGIONE_SOCIALE erano stati eseguiti proprio dalla RAGIONE_SOCIALE che aveva poi incorporato … in data 31.7.2014, la RAGIONE_SOCIALE, con compensazione dei crediti della RAGIONE_SOCIALE, con la conseguenza che alcuni dei costi erano totalmente o parzialmente fittizi, con ciò ritenendo responsabile anche COGNOME NOME, che aveva eseguito i lavori, per il reato contestato. Va inoltre osservato come sia stato correttamente rilevato dalla Guardia di Finanza che il capitale sociale della RAGIONE_SOCIALE era riconducibile, già prima della fusione, all RAGIONE_SOCIALE Non può non essere rilevato che i lavori sono stati effettuati dalla RAGIONE_SOCIALE per un lungo arco temporale e che gli stessi si sono protratti anche dopo la fusione. Le fatture della RAGIONE_SOCIALE indicano quale causale la realizzazione di appartamenti per vacanze; in ogni caso, la circostanza era certamente nota a NOME COGNOME, che si occupava come detto da lui di questioni tecniche”.
La consapevolezza dell’imputato in ordine alla distrazione dei finanziamenti dalla loro destinazione istituzionale e la conseguente configurabilità del delitto del delitto in contestazione, è ricavata dai seguenti elementi in fatto:
-i lavori effettuati dalla RAGIONE_SOCIALE per un lungo arco temporale, si sono protratti anche dopo la fusione;
–NOME COGNOME si occupava, come anche da lui ammesso, di questioni tecniche (ossia dell’esecuzione dei lavori) e, quale Presidente del consiglio di amministrazione, aveva sottoscritto atti riguardanti l’immobile oggetto di ristrutturazione in relazione al quale era stato concesso il contributo dalla Regione Piemonte;
-il ricorrente ha anche affermato di essere stato consapevole del fatto che il finanziamento fosse stato concesso per destinare gli appartamenti a finalità alberghiere e di aver personalmente firmato una richiesta di sanatoria relativa a violazioni edilizie riguardanti l’immobile.
Inoltre, la circostanza in fatto dell’accertata destinazione di tre appartamenti a uso abitativo stabile era pienamente percepibile all’esterno, posto
che dai sopralluoghi è emerso come la struttura in parola non riportava alcuna insegna tipica di un complesso recettivo turistico. Ma non solo. NOME COGNOME: -venne coinvolto in un procedimento per violazioni edilizie commesse relativamente all’immobile oggetto di ristrutturazione;
-è risultato beneficiario, per mezzo della società, dell’importo dato dai canoni di locazione dei citati tre appartamenti, ed è stato presente e partecipe in tutte le fasi della procedura che ha consentito di lucrare il contributo, deviandone la destinazione per il quale lo stesso era stato concesso.
Si tratta di valutazioni assistite da completezza e congruità logica-giuridica e che rispondono in modo preciso ai rilievi svolti dal giudice di legittimità. Di contro, le censure difensive poste si mostrano, pertanto, completamente al di fuori del perimetro della sindacabilità nella presente sede.
Alla pronuncia consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila, così quantificata in ragione dei profili di colpa emergenti dal ricorso, in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma il 19/12/2023.