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Maltrattamento di animali: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per maltrattamento di animali nei confronti di un individuo che aveva catturato dei cardellini. L’imputato sosteneva che la sua condotta dovesse essere inquadrata come reato minore, essendo finalizzata alla vendita e non alla crudeltà. La Corte ha respinto questa tesi, dichiarando il ricorso inammissibile e specificando che l’atto di ‘imbracare’ gli uccelli per usarli come richiami, impedendone il volo, costituisce sevizie e integra il più grave delitto di maltrattamento di animali, poiché impone condizioni incompatibili con la loro natura.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Maltrattamento di Animali: Quando la Cattura Diventa un Reato Grave

La recente ordinanza della Corte di Cassazione getta nuova luce su un tema sensibile e giuridicamente complesso: il maltrattamento di animali. La decisione analizza la linea di demarcazione tra la semplice cattura di specie protette e le condotte che configurano un reato più grave. Questo caso, riguardante la cattura di cardellini, offre spunti fondamentali per comprendere come la legge tuteli il benessere degli animali, andando oltre la mera protezione della specie.

I Fatti del Caso: Dalla Cattura di Cardellini alla Condanna

La vicenda giudiziaria trae origine dalla condanna di un uomo per furti aggravati e maltrattamenti di cardellini. Le corti di merito, sia in primo grado che in appello, avevano ritenuto l’imputato colpevole di aver sottoposto gli uccelli a crudeltà. Nello specifico, era emerso che l’uomo, dopo aver catturato i cardellini, li aveva “imbracati” per utilizzarli come richiami. Questa pratica impediva agli animali non solo il volo, ma anche il semplice movimento delle ali, causando loro sofferenze.

La Difesa dell’Imputato: Tentativo di Riqualificazione del Reato

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione contestando esclusivamente la condanna per il reato di maltrattamento di animali, previsto dall’articolo 544-ter del codice penale. Secondo la sua tesi difensiva, la sua condotta avrebbe dovuto essere qualificata come la contravvenzione meno grave di cui all’articolo 727-bis. La sua argomentazione si basava sulla finalità dell’azione: egli sosteneva di aver catturato gli uccelli per venderli, non con l’intento primario di lederne l’integrità fisica o di infliggere sofferenze gratuite.

L’Analisi della Corte sul Maltrattamento di Animali

La Corte di Cassazione ha rigettato completamente la tesi difensiva, dichiarando il ricorso inammissibile per la sua genericità e infondatezza. I giudici hanno sottolineato come l’analisi delle corti precedenti fosse stata accurata e immune da vizi logici.

La Distinzione Cruciale tra Delitto e Contravvenzione

Il punto centrale della decisione è la netta distinzione tra le due norme invocate:

* Art. 727-bis c.p. (Contravvenzione): Questa norma punisce la cattura, l’uccisione o la detenzione di esemplari di specie animali selvatiche protette. Tuttavia, essa si applica solo “sempre che il fatto non costituisca più grave reato”. È una norma sussidiaria.
* Art. 544-ter c.p. (Delitto): Questa norma, ben più grave, punisce chiunque sottoponga un animale a sevizie o a comportamenti insopportabili per le sue caratteristiche etologiche. Colpisce la sofferenza inflitta all’animale in sé, indipendentemente dalla specie.

La Corte ha chiarito che quando la cattura o la detenzione avvengono con modalità che causano sofferenza e sono incompatibili con la natura dell’animale, si ricade automaticamente nel delitto di maltrattamento, che assorbe la contravvenzione meno grave.

Le Motivazioni della Decisione della Cassazione

La Corte Suprema ha ritenuto che la decisione fosse pienamente coerente con le prove emerse durante il processo. L’azione di “imbracare” i cardellini, costringendoli a una condizione innaturale e dolorosa per utilizzarli come richiami, non può essere considerata una semplice detenzione. Si tratta, a tutti gli effetti, di una condotta che integra le “sevizie” e i “comportamenti incompatibili con le caratteristiche etologiche” puniti dall’art. 544-ter c.p. La finalità di lucro (la vendita) non esclude la crudeltà delle modalità con cui tale scopo viene perseguito. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale nella tutela giuridica degli animali: non è rilevante solo la finalità dell’azione umana (es. caccia, vendita, allevamento), ma anche e soprattutto il modo in cui essa viene realizzata. Qualsiasi pratica che infligga sofferenze non necessarie e che violi la natura stessa dell’animale configura il più grave reato di maltrattamento. La decisione serve da monito: la legge non tutela solo l’esistenza della specie, ma anche il benessere del singolo esemplare, sanzionando severamente le condotte che lo compromettono per crudeltà o per scopi futili.

Qual è la differenza tra il reato di maltrattamento di animali (art. 544-ter c.p.) e la contravvenzione per cattura di animali protetti (art. 727-bis c.p.)?
La principale differenza risiede nella condotta punita. L’art. 727-bis sanziona la cattura o detenzione di specie protette, ma si applica solo se il fatto non costituisce un reato più grave. L’art. 544-ter, invece, punisce specificamente l’inflizione di sofferenze, sevizie o il sottoporre l’animale a condizioni incompatibili con la sua natura. Se la cattura avviene con modalità crudeli, si applica quest’ultima norma, più severa.

Impedire il movimento delle ali a un uccello per usarlo come richiamo costituisce maltrattamento di animali?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, la pratica di ‘imbracare’ i cardellini per usarli come richiami, impedendone il volo e il movimento alare, è una condotta che causa sevizie e maltrattamenti. Tale azione è incompatibile con le caratteristiche etologiche dell’animale e integra pienamente il delitto previsto dall’art. 544-ter del codice penale.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte non esamina il merito della questione. Come conseguenza, ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro, equitativamente fissata dal giudice, in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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