Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 6569 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 6569 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME nato a PARABITA il 28/03/1938 avverso la sentenza del 12/03/2024 del TRIBUNALE di LECCE
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME e dell’avv.to NOME COGNOME difensore della parte civile, che ha chiesto il rigetto del ricorso e la condanna dell’imputato al pagamento delle spese visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME del grado.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 12/3/2024, il Tribunale di Lecce ritenne COGNOME responsabile del reato di cui all’art. 727 cod. pen., per aver detenuto, nella propria abitazione, in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze, ventuno cani, e lo condannò alla pena di C 6000,00 di ammenda, con pena sospesa e non menzione. L’imputato fu, anche, condannato a risarcire i danni cagionati alla parte civile, E.N.P.A., che furono liquidati in C 7.000,00, oltre
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interessi legali e rivalutazione fino al soddisfo, e a rifondere alla medesima le spese di costituzione e difesa, liquidate in C 1378,00, oltre accessori.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per Cassazione l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, che, con il primo motivo, deduce la nullità della sent “ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. b)” sostenendo che non poteva esse attribuita la qualifica di Agenti di PG in capo alle Guardie Zoofile che avev proceduto al sequestro per mancanza dei decreti di nomina previsti dall’art comma 2 I. 189/2004. La difesa espone che:
il processo era stato originato da un sopralluogo effettuato il 5/1/202 personale del Nucleo Guardie Zoofile RAGIONE_SOCIALE-Lecce;
l’accusa aveva prodotto solo il “decreto ministeriale di individuazione” e n quello di riconoscimento relativo all’associazione RAGIONE_SOCIALE;
non erano stati prodotti i decreti prefettizi che avevano attribuito la qualif guardia particolare giurata, ai sensi dell’art. 6 comma 2 I 189/2004, a coloro avevano operato il sequestro;
le operazioni in cui si era concretizzato l’accertamento da cui è scaturi procedimento erano illegittime.
Con il secondo motivo, denuncia la mancanza di motivazione in relazione alle statuizioni civili adottate deducendo che:
non erano esplicitati in sentenza i “dati e i criteri” utilizzati per la quantif del danno;
i costi per la cura e il mantenimento dei cani erano stati sostenuti dall’impu essendo stati gli animali lui affidati;
la sentenza non esplicitata un ragionamento logico che potesse giustificare residuale danno morale subito dalla parte civile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo, incentrato sulla attribuzione o meno della qualific guardia particolare giurata ai soggetti che accertarono la situazione di fondante la condanna, non spiega l’incidenza che tale questione avrebbe sull’es del processo.
In proposito il Tribunale aveva, correttamente, rilevato che non incideva su capacità probante della documentazione acquisita con il consenso delle par all’udienza del 6/2/2024 la qualifica rivestita dalle guardie zoofile che l’av redatta. E’, in effetti, dalla sentenza emerge che: COGNOME permise ai volon dell’associazione RAGIONE_SOCIALE di accedere alla sua proprietà senza che v fosse la necessità per i volontari di spendere la qualifica pubblicistica conte
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l’informativa di reato è stata acquisita al fascicolo dibattimentale su richiest parti.
Orbene, non può ignorarsi che “la scelta del difensore dell’imputato acconsentire all’acquisizione al fascicolo per il dibattimento di atti di indagi determina la sanatoria di eventuali nullità degli stessi” (Sez. 4, n. 489 16/01/2020, COGNOME, Rv. 278579 – 02) ma, a fronte delle valutazioni in termin di irrilevanza della qualifica rivestita da coloro che redigettero una relazion descriveva una determinata situazione di fatto, la cui acquisizione al fasci processuale era stata chiesta dalle stesse parti, sarebbe stato onere del rico spiegare perché la mancata produzione del decreto prefettizio avesse un rilevanza decisiva.
Anche, infatti, a voler ipotizzare che coloro che redigettero l’atto non ave il titolo di guardie giurate particolari ed erano privati cittadini, in ogni descrizione dello stato dei luoghi riportata nel documento acquisito al fascic dibattimentale su richiesta delle parti risulterebbe comunque idonea a sorregge il verdetto contestato.
Sulla rilevanza della questione, però, il ricorso è silente.
La sentenza, inoltre, dà atto che il sopralluogo del 12/1/2023 fu effettu non soltanto dalle guardie zoofile ma anche dal personale del Servizio veterinar dell’ASL del Distretto di Gallipoli, circostanza che il ricorso oblitera totalment
Il motivo non può, quindi, trovare accoglimento risultando inidoneo a intaccare la capacità probante degli atti fondanti la condanna.
Infondato risulta anche il secondo motivo d’impugnazione.
Il Tribunale, infatti, ha valorizzato la frustrazione degli scopi statuari de Protezione Animali e l’ha parametrata alla condotta criminosa, che si e concretizzata nella detenzione, “in un ambiente assolutamente precario sia d punto strutturale che igienico”, risultando presenti “notevoli cumuli di deiezio “cancelletti in ferro arrugginito con spuntoni pericolosi per gli animali”, di ve cani che si presentavano “tutti bagnati e sporchi” e non disponevano di cibo.
Il ragionamento fondante la liquidazione si sottrae, pertanto, alle cens difensive, dovendo essere ribadito il principio secondo cui “in tema di risarcime del danno, la liquidazione dei danni morali, attesa la loro natura, non può avvenire in via equitativa, dovendosi ritenere assolto l’obbligo motivazion mediante l’indicazione dei fatti materiali presi in considerazione e del perc logico posto a base della decisione, senza necessità di indicare analiticamen calcoli dell’ammontare del risarcimento» (Sez. 1, n. 44477 del 25/10/2024 COGNOME, Rv. 287154-01).
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All’infondatezza del ricorso consegue, ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna della parte privata che lo ha proposto al pagamento delle spese del procedimento.
Va, infine, rigettata la richiesta di liquidazione delle spese avanzata dalla parte civile, atteso che le conclusioni scritte inoltrate, che si esauriscono nel chiedere il rigetto del ricorso in quanto “infondato in fatto e in diritto”, non hanno fornito alcun contributo utile alla decisione, non avendo esplicato alcuna attività diretta a contrastare l’avversa pretesa a tutela dei propri interessi di natura civile risarcitoria. Ed invero, «l’impegno cui si ricollega il diritto al ris delle spese sostenute non può esaurirsi nella pura e semplice presentazione delle richieste finali e della nota spese, ma deve consistere nella prospettazione, a sostegno delle medesime, degli argomenti ritenuti idonei allo scopo di contrastare l’iniziativa dell’imputato, in guisa che risulti evidente la “partecipazione” non meramente formale, ma effettiva e feconda dell’interessato al processo dialettico in cui si articola anche il particolare rito in considerazione» (Sez. 5, ord. n. 30743 del 26/3/2019, Loconsole, Rv. 277152 – 01). Tale verifica deve essere condotta in concreto, caso per caso (Sezioni Unite, ord. n. 5466 del 28/1/2004, Gallo, Rv. 226716 – 01).
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Nulla spese per la parte civile. Così deciso il 9/1/2025