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Maltrattamento animali: la Cassazione conferma condanna

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso della titolare di un canile privato, confermando la sua condanna per il reato di maltrattamento animali. La sentenza di merito aveva accertato che i cani erano tenuti in condizioni igieniche precarie, sovraffollati e affetti da varie patologie. La Cassazione ha ritenuto le prove a carico, in particolare i reperti fotografici e la testimonianza di un veterinario ASL, decisive e prevalenti rispetto alle testimonianze a discolpa, confermando anche il risarcimento del danno all’immagine a favore dell’ASL.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Maltrattamento animali in canile: la Cassazione conferma la condanna

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24050/2024, ha messo un punto fermo su un caso di maltrattamento animali, confermando la condanna della titolare di un canile privato. Questa decisione ribadisce principi fondamentali sulla valutazione delle prove e sul diritto al risarcimento del danno all’immagine per gli enti pubblici preposti alla vigilanza, come l’Azienda Sanitaria Locale (ASL).

I Fatti del Caso: L’accusa di maltrattamento animali

La vicenda ha origine dalla condanna emessa dal Tribunale di Torino nei confronti della gestrice di un canile privato. L’accusa, formulata ai sensi dell’art. 727 del codice penale, era grave: aver tenuto numerosi cani in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze.

Le indagini e i sopralluoghi effettuati dall’ASL avevano rivelato una situazione critica:
* Condizioni igieniche precarie: i box erano descritti come umidi, sporchi di escrementi e altre sporcizie.
* Cure inadeguate: era stata omessa la somministrazione di vaccinazioni obbligatorie.
* Stato di salute degli animali: gli animali presentavano eccessiva magrezza, pelo arruffato e sporco, scarsa igiene dentale e patologie come rogna, dermatiti e congiuntiviti.
* Sovraffollamento: in alcuni casi, fino a 4 cani adulti erano tenuti in spazi di soli 8 metri quadrati.

Il Tribunale di primo grado aveva ritenuto l’imputata colpevole, condannandola alle pene di legge e al risarcimento del danno in favore dell’ASL, costituitasi parte civile.

Il Ricorso in Cassazione

L’imputata ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su tre motivi principali:
1. Vizio di motivazione: secondo la difesa, il Tribunale non avrebbe adeguatamente valutato le testimonianze a discarico, in particolare quelle di alcuni veterinari che avevano attestato le buone condizioni dei cani.
2. Violazione di legge: contestazione del danno all’immagine riconosciuto all’ASL.
3. Applicazione della provvisionale: si contestava l’assenza di prova per la concessione di un anticipo sul risarcimento.

Le Motivazioni della Sentenza: Oltre ogni dubbio

La Corte di Cassazione ha rigettato tutti i motivi del ricorso, dichiarandolo manifestamente infondato.

Sulla valutazione delle prove

Il Supremo Collegio ha sottolineato che il Tribunale di merito aveva correttamente fondato il proprio convincimento su prove solide e convergenti. Le testimonianze a discolpa sono state considerate ‘recessive’ rispetto agli elementi a carico, tra cui spiccavano:
* La testimonianza del veterinario dell’ASL: il dott. Gnaccarini aveva descritto dettagliatamente le condizioni di sovraffollamento, le patologie riscontrate (cachessia, dermatiti, otiti) e lo stato di abbandono generale.
* I reperti fotografici: le immagini scattate durante i sopralluoghi tra il 2016 e il 2019 mostravano ambienti angusti, sporchi, con pavimenti coperti di feci e urina.
* Le ammissioni di altri testimoni: persino la veterinaria privata della difesa aveva confermato la presenza di pavimenti bagnati e dermatiti da umidità sui cani.

La Corte ha chiarito che il tentativo della ricorrente di proporre una ‘interpretazione alternativa’ dei fatti esula dalle competenze del giudice di legittimità, il cui compito non è rivalutare le prove, ma verificare la correttezza logica e giuridica della motivazione della sentenza impugnata.

Sul danno all’immagine dell’ASL

La Cassazione ha confermato il diritto dell’ASL a ottenere il risarcimento per il danno all’immagine. L’ASL, infatti, è l’ente preposto alla vigilanza sul benessere animale. Non essere riuscita a impedire la commissione del reato, protrattosi nel tempo, lede la sua credibilità e immagine pubblica. I giudici hanno specificato che tale danno è risarcibile anche se derivante da un reato comune, richiamando una consolidata giurisprudenza.

Conclusioni: Implicazioni della sentenza sul maltrattamento animali

La sentenza n. 24050/2024 è significativa per diverse ragioni. In primo luogo, riafferma che nel giudizio penale per maltrattamento animali, le prove documentali e fotografiche, unite a testimonianze tecniche dettagliate, costituiscono un fondamento solido per una sentenza di condanna, anche in presenza di testimonianze contrarie. In secondo luogo, consolida il principio secondo cui gli enti pubblici di vigilanza subiscono un danno concreto alla propria immagine quando non riescono a prevenire reati nel loro ambito di competenza, legittimando le loro richieste di risarcimento. Infine, dichiarando il ricorso inammissibile, la Corte ha condannato la ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese della parte civile, ma anche al versamento di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle Ammende, una sanzione prevista per chi adisce la Suprema Corte con ricorsi palesemente infondati.

In un processo per maltrattamento di animali, le fotografie e la testimonianza di un veterinario ASL possono prevalere su quelle di altri veterinari?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che il giudice di merito può legittimamente fondare la propria decisione su prove ritenute più attendibili e complete, come i reperti fotografici che documentano lo stato dei luoghi e la testimonianza dettagliata del veterinario pubblico ufficiale che ha effettuato i controlli, considerandole prevalenti rispetto a testimonianze di segno contrario.

Un’Azienda Sanitaria Locale (ASL) può chiedere il risarcimento per danno all’immagine in un caso di maltrattamento animali?
Sì. La sentenza stabilisce che l’ASL, in qualità di ente preposto alla vigilanza sulla tutela degli animali, subisce un danno alla propria immagine e credibilità quando non riesce a impedire la commissione di un reato nel proprio ambito di competenza. Questo danno è risarcibile.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando la Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile, la sentenza di condanna diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali, alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende, come sanzione per aver presentato un ricorso senza fondamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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