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Maltrattamento animali: condanna per i titolari di circo

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso dei titolari di un circo, confermando la loro condanna per il reato di maltrattamento animali. La sentenza ribadisce che le cattive condizioni di detenzione, causa di sofferenze fisiche e psicologiche, integrano il reato anche in assenza di crudeltà, essendo sufficiente il dolo eventuale, ovvero l’accettazione del rischio che la propria omissione causi un danno agli animali. L’attività circense non costituisce una scriminante se non vengono rispettate le normative sul benessere animale.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Maltrattamento Animali: la Cassazione conferma la condanna per i titolari di un circo

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha messo un punto fermo sulla responsabilità dei titolari di attività circensi in caso di maltrattamento animali. La decisione chiarisce importanti principi riguardo ai doveri di custodia, alla nozione di ‘necessità’ e all’elemento psicologico del reato, confermando la condanna emessa nei confronti dei gestori di un circo per le precarie condizioni in cui venivano tenuti i loro animali.

I fatti del caso: il maltrattamento animali nel circo

La vicenda giudiziaria ha origine da un controllo effettuato presso un circo attendato in Sardegna. Le autorità avevano riscontrato condizioni di grave pregiudizio per il benessere degli animali presenti: malnutrizione, carenze igienico-sanitarie, patologie evidenti, ipotonia muscolare, e un ambiente privo di stimoli adeguati, acqua e cibo sempre disponibili, e ripari idonei. Tali condizioni, secondo l’accusa, integravano vere e proprie lesioni psico-fisiche, manifestatesi anche con apatia e stereotipie, chiari indicatori di stress e sofferenza etologica.
I titolari del circo venivano condannati in primo grado e in appello per il reato di maltrattamento di animali ai sensi dell’art. 544-ter del codice penale.

I motivi del ricorso in Cassazione

La difesa degli imputati ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su tre motivi principali:
1. Inesistenza dell’elemento soggettivo: Si sosteneva la mancanza della prova del dolo specifico, ovvero l’intenzione di agire per crudeltà o senza necessità. La difesa invocava la speciale disciplina per l’attività circense, che a suo dire creerebbe un’area di ‘liceità’ per l’utilizzo degli animali.
2. Contraddittorietà della motivazione: Si lamentava un’incoerenza logica nella sentenza d’appello, che da un lato riconosceva che le sofferenze animali derivano da maltrattamenti prolungati, ma dall’altro sembrava attribuire valore causale a fatti episodici, come la fase di smontaggio del circo.
3. Errata valutazione delle testimonianze: La difesa contestava il fatto che i giudici avessero dato maggior credito ai consulenti dell’accusa rispetto ai numerosi veterinari interpellati dalla difesa stessa.

La decisione della Corte sul maltrattamento animali

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile, confermando la condanna. Vediamo i passaggi chiave della decisione.

La nozione di “necessità” nell’attività circense

I giudici hanno chiarito che la normativa speciale sull’attività circense non costituisce un’esimente generalizzata. Essa consente l’uso di animali solo nel rispetto delle normative specifiche volte a tutelarne il benessere, come le linee guida CITES. Quando queste regole vengono violate e gli animali sono detenuti in condizioni che causano sofferenza, la condotta esula dalla liceità ed integra pienamente il reato di maltrattamento.

Il dolo nel reato di maltrattamento

La Corte ha ribadito un principio fondamentale: per il maltrattamento animali commesso “senza necessità”, non è richiesto il dolo specifico (la crudeltà), ma è sufficiente il dolo generico. Questo può assumere anche la forma del dolo eventuale. I titolari del circo, in quanto responsabili e custodi degli animali, avevano l’obbligo giuridico di garantirne il benessere. Omettendo di fornire le cure e le condizioni adeguate, pur essendo consapevoli delle evidenti sofferenze, hanno accettato il rischio che si verificasse un danno alla loro salute psico-fisica. La loro condotta è stata quindi ritenuta cosciente e volontaria.

L’inammissibilità del ricorso per motivi nuovi

La Cassazione ha rilevato che i motivi relativi al dolo e alla valutazione dei testimoni non erano stati specificamente proposti nel giudizio d’appello. In sede di legittimità, non è consentito introdurre censure nuove. Inoltre, la valutazione delle prove e dell’attendibilità dei testimoni è compito esclusivo dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). La Cassazione può intervenire solo in caso di vizi logici manifesti e decisivi nella motivazione, che in questo caso non sono stati riscontrati.

Le motivazioni

La Corte ha ritenuto le motivazioni delle sentenze di merito complete, logiche e coerenti. I giudici di primo e secondo grado avevano ampiamente dimostrato, sulla base di prove concrete (testimonianze di esperti, video, accertamenti), che le pessime condizioni degli animali non erano un evento momentaneo legato allo smontaggio del tendone, ma il risultato di una situazione di incuria che si protraeva da tempo. Il circo, infatti, si trovava in quella località da almeno due mesi prima dei controlli. La responsabilità degli imputati derivava dalla loro posizione di garanzia, che imponeva di assicurare il benessere degli animali in ogni fase della loro attività, inclusi i trasferimenti e le smobilitazioni.

Le conclusioni

Questa sentenza riafferma con forza che la detenzione di animali, anche in contesti legalmente autorizzati come quello circense, comporta precisi doveri di cura e tutela. Il maltrattamento animali è un reato che non richiede necessariamente un’azione crudele, ma può consistere anche in un’omissione consapevole che porta a sofferenze evitabili. La decisione della Cassazione sottolinea come i titolari di animali abbiano una responsabilità diretta e non possano sottrarsi ai loro obblighi, pena la condanna penale. L’inammissibilità del ricorso, inoltre, serve da monito sull’importanza di strutturare correttamente le difese nei vari gradi di giudizio, poiché non è possibile rimediare in Cassazione a omissioni avvenute in appello.

L’attività circense giustifica sempre le condizioni di detenzione degli animali?
No. L’attività circense è consentita dalla legge ma deve essere svolta nel rigoroso rispetto delle normative speciali che disciplinano la detenzione e il benessere degli animali. Qualsiasi condotta che esuli da tali normative e causi sofferenza agli animali è penalmente rilevante come maltrattamento.

Per commettere il reato di maltrattamento di animali è necessario agire con crudeltà?
No. Il reato di maltrattamento di animali punisce le condotte tenute “per crudeltà” o “senza necessità”. Nel secondo caso, non è richiesta la volontà di infliggere sofferenza, ma è sufficiente il dolo generico, che può consistere anche nel dolo eventuale: l’agente non adotta le misure necessarie per il benessere dell’animale, accettando il rischio che questo subisca un danno.

È possibile presentare per la prima volta in Cassazione un motivo di ricorso non discusso in appello?
No. Il ricorso per Cassazione è un giudizio di legittimità e non di merito. Non possono essere dedotte per la prima volta questioni che non sono state devolute alla cognizione del giudice di appello. Tali motivi vengono considerati tardivi e, pertanto, il ricorso viene dichiarato inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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