Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 33702 Anno 2025
XXX
avverso la sentenza del 05/02/2025 della Corte di appello di Bari, visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO;
lette le conclusioni del AVV_NOTAIO, AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 05/02/2025, la Corte di appello di Bari, in riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Trani in data 24/06/2024, assolveva NOMENOMEXXXXX per i reati di cui ai capi D) ed E) perchØ il fatto non costituisce reato e rideterminava la pena in anni sei e mesi nove di reclusione per i reati di cui ai restanti capi (capo A, art. 572; capo B, 582-585; capo C, 337, capo F, 609bis c.p.), con conferma nel resto della prima statuizione.
Avverso la sentenza l’imputato propone, tramite il proprio difensore, ricorso per cassazione.
2.1. Con il primo motivo, lamenta manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata risultante dalla medesima e dal confronto con le dichiarazioni delle persone offese e travisamento delle stesse (art. 606 lettera e, c.p.p.).
Contrariamente a quanto ritenuto in sentenza, l’inattendibilità delle persone offese emergeva da: mancanza di riscontri oggettivi alle proprie dichiarazioni; numerose contraddizioni; condizioni personali delle persone offese; argomentazioni logiche.
In ogni caso, se le persone offese vengono ritenute attendibili, devono necessariamente essere ritenute tali anche quando riferiscono circostanze a favore dell’imputato e valorizzate dalla difesa, che la sentenza non ha tenuto in considerazione.
2.2. Con il secondo motivo, in relazione al capo A), lamenta erronea applicazione della legge penale (art. 606 lett. b) c.p.p.) in ordine al reato di maltrattamenti (572 C.P.), erronea valutazione della prova (art. 192 c.p.p.) e travisamento della stessa; erronea affermazione di responsabilità dell’imputato in difetto dei presupposti enucleati dalla giurisprudenza della Suprema Corte per il configurarsi di tale reato.
La giurisprudenza della Cassazione ritiene infatti che il reato debba essere escluso
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME
Penale Sent. Sez. 3 Num. 33702 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/10/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
NOMENOMENOMENOMENOMENOMENOMEXX
quando, come nella specie, ricorrono liti famigliari con le parti in posizione paritaria che si confrontano, anche con vemenza, riconoscendo ed accettando, reciprocamente, il diritto di ciascuno di esprimere il proprio punto di vista.
Occorre poi che i comportamenti, valutati complessivamente, siano volti a ledere, con violenza fisica o psicologica, la dignità e identità della persona offesa limitandone la sfera di autodeterminazione, per cui il reato si configura soltanto se le condotte poste in essere dall’imputato non siano sporadiche e manifestazione di un atteggiamento di contingente aggressività, occorrendo una persistente azione vessatoria idonea a ledere la personalità della vittima.
Ancora, deve escludersi che la compromissione del bene protetto si verifichi in presenza di semplici fatti che ledono ovvero mettono in pericolo l’incolumità personale, la libertà o l’onore di una persona della famiglia, essendo necessario, per la configurabilità del reato, che tali fatti siano la componente di una piø ampia e unitaria condotta abituale, idonea ad imporre un regime di vita vessatorio, mortificante e insostenibile.
Nella specie vertiamo proprio nell’ipotesi di ‘contingente aggressività’, solo in alcuni momenti (dopo pranzo o dopo cena) e per alcuni minuti, posta in essere da soggetto affetto da “depressione maggiore” – patologia che può determinare tali comportamenti – e quindi con vizio parziale di mente e ciò esclude il configurarsi del delitto di maltrattamenti.
Non Ł condivisibile quindi, ed Ł contraria agli atti processuali, e/o frutto di travisamento degli stessi, l’affermazione della sentenza impugnata (pag. 19): «Non si Ł trattato cioŁ di accadimenti isolati e meri litigi o discussioni, compatibili con i normali rapporti di coppia, ma di atti gravi e reiterati che hanno causato in tutte le persone offese del presente procedimento stati di prostrazione e angoscia. Il durevole stato di avvilimento ed umiliazione cui le persone offese dovettero sottostare per effetto dei comportamenti dell’uomo sono stati adeguatamente provati nell’istruttoria svoltasi».
Ma al di là di tale apodittica affermazione nulla leggiamo in sentenza a conferma dell’asserito «stato di prostrazione e angoscia» che avrebbe connotato la vita delle persone offese.
Ed in ordine al secondo motivo di appello, con il quale si chiedeva di riqualificare i fatti in singole ipotesi di reato da riunirsi sotto il vincolo della continuazione a quelle di cui ai capi B) e C), la Corte territoriale si limita ad affermare che «non va condiviso in quanto sono stati ritenuti non già sporadici, bensì abituali e frequenti nel tempo».
Tale motivazione Ł solo apparente, atteso che trattasi di affermazione apodittica, non dimostrata e non ancorata alle emergenze processuali.
2.3. Con il terzo motivo lamenta manifesta illogicità della motivazione della sentenza
impugnata (art. 606 lettera e) c.p.p.) nella parte in cui: a) condanna il NOME per un fatto che risulta invece ipoteticamente avvenuto in epoca completamente diversa rispetto al capo di imputazione (violazione dell’art. 521 c.p.p.); b) ritiene attendibile la parola di NOMEXXXX (violenza sessuale) e quella di NOMEXXXXXXX (palpeggiamenti) oltre ogni ragionevole dubbio (art. 533 c.p.p).
Quanto al primo aspetto, la Corte di Appello, sulla scorta del capo di imputazione, colloca l’episodio della violenza soltanto «a distanza di un mese dall’evento ed in occasione della querela» cioŁ il 21 marzo 2023 (cfr. sentenza impugnata pag. 18).
Il capo di imputazione era stato formulato sulla base delle dichiarazioni di NOMEXXXXXin sede di denuncia.
Al contrario COGNOME, unica teste asseritamente oculare, riferisce in dibattimento di un episodio che sarebbe ipoteticamente accaduto «tre-quattro mesi prima
che papà fosse arrestato» (v. dichiarazioni NOMEXXXXXverbale 19/02/2024, pagg. 27
e 33).
Resta pertanto fortemente dubbia la data in cui i l fatto si sarebbe verificato. Ciò esclude la corrispondenza tra il capo di imputazione (21 marzo 2023) e quanto riferito dall’unica teste oculare in dibattimento e cioŁ tra il 21 dicembre 2022 e il 21 gennaio 2023.
Inoltre, la Corte di Appello ha omesso di considerare una serie di circostanze e di considerazioni logiche che escludono che il racconto di NOMEXXXXpossa supportare la condanna del NOME oltre ogni ragionevole dubbio, quali l’assenza totale di riscontri alla presunta violenza; il fatto che l’episodio sia stato riferito soltanto il giorno dell’arresto dell’imputato; la presenza di problemi psichiatrici di NOMEXXXX.
Elementi tutti che inducono il sospetto dell’intento ritorsivo nei confronti del padre.
Quanto ai palpeggiamenti, essi sono stati confermati soltanto da NOMEXXXXXXX;
NOMEXXXX sul punto Ł evasiva, mentre tutti parlano di «palpeggiamenti scherzosi» e l’imputato parla di reazione ad atteggiamenti di NOMENOME.
2.4. Con il quarto motivo, in relazione al capo F), lamenta erronea applicazione della legge penale (art. 606 lett. b) c.p.p.) in ordine al reato di violenza sessuale. La sentenza afferma la configurabilità del reato anche in caso di ‘palpeggiamenti scherzosi’.
In subordine la fattispecie va sussunta nell’ipotesi attenuata di cui all’art. 609bis , comma 3, c.p..
2.5. Con il quinto motivo, lamenta violazione dell’art. 62bis c.p. in relazione all’art. 606 lettera b) c.p.p., in relazione alla mancata concessione delle attenuanti generiche in presenza di tutti i presupposti per la loro concessione come dedotto dalla difesa nei motivi di impugnazione e nella memoria difensiva in appello.
La Corte territoriale rigetta la doglianza avanzata in appello, in cui si sosteneva che le lesioni delle persone offese sarebbero di modesta entità, ritenendo che si tratterebbe di argomentazione che attiene ad una parte minimale della condotta tenuta dal NOME, atteso che le vessazioni nei confronti dei prossimi congiunti erano plurime e di diversa tipologia.
Al contrario, si era dedotto lo stato dell’imputato, indigente, privo di sostanze e alternative abitative, e con vizio parziale di mente, circostanze che lo rendevano meritevole delle attenuanti generiche.
Con la memoria difensiva si era poi valorizzato l’atteggiamento collaborativo dell’imputato che, in sede di interrogatorio, ha confessato molti fatti a lui addebitati ad eccezione della violenza sessuale, che ha invece decisamente negato, così come si era evidenziato che doveva tenersi in considerazione l’ atteggiamento processuale del medesimo, che non ha frapposto alcun ostacolo alla celere definizione in primo grado di un procedimento per fatti del 2023, cui si aggiunge certamente l’atteggiamento irreprensibile tenuto dall’imputato in carcere, elementi che confermano la resipiscenza dell’imputato, che potevano sorreggere una prognosi positiva in ordine ai comportamenti futuri dello stesso, che saranno sicuramente improntati al rigoroso rispetto della legge e delle prescrizioni delle autorità.
A ciò va aggiunto che l’imputato ha prestato acquiescenza alla misura di sicurezza adottata, prendendo atto del proprio stato di pericolosità accertato dal Dott. COGNOME e confermato dal Tribunale di Trani.
Tutti questi elementi militavano certamente a favore della concessione delle attenuanti generiche con giudizio di prevalenza rispetto alle contestate aggravanti.
3. In data 7 ottobre 2025, l’AVV_NOTAIO, nella qualità di procuratore
delle parti civili NOMEXXX, ammessa al patrocinio a spese dello Stato, e NOMEXXXXXXX, depositava conclusioni scritte in cui chiedeva confermarsi la Sentenza emessa dall’ecc.ma Corte di Appello di Bari in data 09.10.2023 e per l’effetto affermarsi la penale responsabilità dell’imputato in ordine ai reati ascrittigli, con condanna alla pena di giustizia, oltre al risarcimento del danno e alla rifusione delle spese processuali come da notula .
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł complessivamente infondato.
Va preliminarmente evidenziato come nel caso di specie ci si trovi di fronte a una c.d. «doppia conforme» di merito.
Ed infatti, il secondo giudice, per rispondere alle critiche dei motivi di gravame, ha «riesaminato lo stesso materiale probatorio già sottoposto al tribunale e, dopo avere preso atto delle censure degli appellanti, Ł giunto alla medesima conclusione» (v., ex multis , Sez. 2, n. 5223 del 24/01/2007, COGNOME, Rv. 236130 – 01, Sez. 4, n. 19710 del 03/02/2009, COGNOME, Rv. 243636 – 01).
In questo caso, secondo la consolidata giurisprudenza della Corte (Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 257595 – 01; Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, Rv. 277218 – 01), ai fini del controllo di legittimità sul vizio di motivazione, la struttura giustificativa della sentenza di appello si salda con quella di primo grado, per formare un unico complessivo corpo argomentativo e le motivazioni dei due provvedimenti si integrano a formare un corpo unico, con il conseguente obbligo per il ricorrente di confrontarsi in maniera puntuale con i contenuti delle due sentenze, circostanza, nel caso di specie, non sussistente (v. Sez. 1, n. 8868 dell’8/8/2000, COGNOME, Rv. 216906; Sez. 2, n. 11220 del 5/12/1997, COGNOME, Rv. 209145).
La presenza di una doppia conforme statuizione di merito si riverbera anche sui limiti di deduzione del vizio di travisamento della prova nel giudizio di legittimità.
Come chiarito da questa Corte, in tal caso, il vizio di travisamento della prova può essere dedotto con il ricorso per cassazione nell’ipotesi in cui il giudice di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice, ovvero quando entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite (Sez. 2, n. 32113 del 02/07/2021, Dhayba, n.m.).
Analogamente, si Ł ritenuto che il ricorso per cassazione Ø ammissibile laddove il dato probatorio asseritamente travisato sia stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado (Sez. 3, n. 45537 del 28/09/2022, COGNOME, Rv. 283777 – 01).
Detto travisamento deve tuttavia avvenire in forma di tale «macroscopica o manifesta evidenza» da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti (cfr., Sez. 4, n. 35963 del 3/12/2020, Tassoni, Rv. 280155 – 01; Sez. 2, n. 5336 del 9/1/2018, COGNOME, n.m.).
E’ necessario, quindi, che la relativa deduzione abbia un oggetto definito e inopinabile, tale da evidenziare la palese e non controvertibile difformità tra il senso intrinseco della dichiarazione (o di altro elemento di prova) e quello tratto dal giudice, di guisa che il travisamento sia tale da «disarticolare» l’intero ragionamento probatorio (Sez. 5, n. 48050 del 2/7/2019, S., Rv. 27758-01; Sez. 6, n. 5146 del 16/01/2014, COGNOME Gaudio, Rv. 258774 01).
Ne consegue l’irrilevanza di eventuali errori commessi nella valutazione del significato probatorio della dichiarazione medesima che tali caratteristiche non abbiano (Sez. 5, n. 8188 del 4/12/2017, COGNOME; Sez. 2, n. 27929 del 12/06/2019, COGNOME, Rv. 276567 – 01).
Quanto sopra evidenziato va dunque esclusa la sussistenza in concreto di un travisamento della prova testimoniale, come dedotto in relazione al primo e al secondo motivo, che si risolve in una mera censura della valutazione operata dai giudici di merito di detta prova ed Ł di conseguenza inammissibile.
Del pari, in riferimento alla doglianza rubricata sub 2.2. delle premesse in fatto, il Collegio ribadisce il consolidato orientamento secondo cui non Ł consentito il motivo con cui si deduca la violazione dell’art. 192 c.p.p., anche se in relazione agli artt. 125 e 546, comma 1, lett. e), stesso codice, per censurare l’omessa o erronea valutazione degli elementi di prova acquisiti o acquisibili, in quanto i limiti all’ammissibilità delle doglianze connesse alla motivazione, fissati specificamente dall’art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p., non possono essere superati ricorrendo al motivo di cui alla lettera c) della medesima disposizione, nella parte in cui consente di dolersi dell’inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità (Sez. U, Sentenza n. 29541 del 16/07/2020, Filardo, Rv. 280027).
Difatti la deduzione del vizio di violazione di legge, in relazione all’asserito malgoverno delle regole di valutazione della prova contenute nell’art. 192 c.p.p. ovvero della regola di giudizio di cui all’art. 533 dello stesso codice, non Ł permessa non essendo l’inosservanza delle suddette disposizioni prevista a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza, come richiesto dall’art. 606 lett. c) c.p.p. ai fini della deducibilità della violazione di legge processuale (ex multis Sez. 3, n. 44901 del 17 ottobre 2012, F., Rv. 253567; Sez. 3, n. 24574 del 12/03/2015, COGNOME e altri, Rv. 264174; Sez. 1, n. 42207/17 del 20 ottobre 2016, COGNOME e altro, Rv. 271294; Sez. 4, n. 51525 del 04/10/2018, NOME., Rv. 274191; Sez. U, Sentenza n. 29541 del 16/07/2020, Filardo, Rv. 280027).
NØ vale in senso contrario la qualificazione del vizio dedotto operata dal ricorrente come error in iudicando in iure ai sensi della lett. b) dell’art. 606 c.p.p., posto che tale disposizione, per consolidato insegnamento di questa Corte, riguarda solo l’errata applicazione della legge sostanziale, pena, altrimenti, l’aggiramento del limite (posto dalla citata lett. c) dello stesso articolo) della denunciabilità della violazione di norme processuali solo nel caso in cui ciò determini una invalidità (ex multis Sez. 3, n. 8962 del 3 luglio 1997, COGNOME, Rv. 208446; Sez. 5, n. 47575 del 07/10/2016, P.M. in proc. AltoŁ e altri, Rv. 268404).
Anche tale censura Ł quindi inammissibile.
4. Le prime tre censure, nella parte in cui contestano l’interpretazione fornita dai giudici di merito della piattaforma probatoria, sono inammissibili in quanto procedono ad una rivalutazione meramente atomistica delle prove assunte e concordemente valutate dai giudici del merito.
Come noto, il giudice di legittimità non può rivalutare le fonti di prova, in quanto tale attività Ł rimessa esclusivamente alla competenza dei giudici di merito; pertanto, il ricorso per cassazione Ł inammissibile quando si fonda su motivi che postulano una inammissibile rivalutazione delle prove testimoniali, in quanto ciò esula dalle attribuzioni del giudice di legittimità, il quale deve limitarsi a verificare la correttezza giuridica e la logicità della motivazione adottata dai giudici di merito (Sez. 6, n. 43139 del 19/09/2019, Sessa, n.m.).
Il sindacato di legittimità va infatti sollecitato sul «prodotto dell’ingegno» e non sul puro e semplice «materiale probatorio» (e men che meno su singoli «frammenti» di esso) e, pertanto, una volta indicati gli elementi probatori, il giudice di legittimità deve chiarire la ragione e sulla base di quali elementi sia stata elaborata una determinata ipotesi costruttiva
e per quale ragione ne siano state scartate altre (Sez. 5, n. 34149 del 11/06/2019, E., Rv. 276566 – 01; Sez. 5, n. 35816 del 18/06/2018, COGNOME, n.m.; Sez. 5, n. 44992 del 09/10/2012, Aprovitola, Rv. 253774 – 01), ciò che la Corte territoriale ha operato (v. pag. 15 ss.) senza fare cattivo governo delle regole della logica nella valutazione delle prove.
Nel caso in esame, il ricorrente si limita a ‘dissentire’ rispetto al percorso logico seguito dalle due sentenze, ‘sfogliando’ il materiale probatorio e valorizzando solo quegli elementi favorevoli alla sua ricostruzione, omettendone altri che, ictu oculi , sostengono la decisione impugnata (valgano per tutte le concordi dichiarazioni di tutte le persone offese, che descrivono le incessanti e diuturne angherie dell’imputato e le sue violente reazioni, scatenate anche da motivi futili).
La doglianza Ł pertanto inammissibile in quanto sollecitaa questa Corte una rivalutazione del compendio probatorio evidentemente preclusa in sede di legittimità e propone, in ogni caso, censure motivazionali che parimenti non possono trovare ingresso in questa sede, consistendo nella differente comparazione delle risultanze istruttorie effettuate concordemente dai due giudici del merito.
Del pari inammissibili sono le altre doglianze, comuni a diversi motivi di ricorso, volte a censurare la ritenuta attendibilità delle persone offese e delle loro concordi deposizioni, censure invero assolutamente generiche e basate su una propria interpretazione dei fatti piuttosto che su oggettive fallacie della valutazione di attendibilità concordemente compiuta dai giudici del merito.
Su tutte, menzione speciale merita la doglianza, sollevata in appello e pedissequamente reiterata nel ricorso, relativa alla inattendibilità della figlia NOME, in relazione alla quale, con motivazione non illogica, i giudici rilevano (pag. 18) che i problemi psichici della giovane «non sono stati adeguatamente investigati, ma non possono ex se incidere sulla credibilità del suo racconto, molto crudo e logico nel suo svolgimento. Il fatto stesso che la madre abbia tentato di sminuire il racconto che la figlia le fece a distanza di un mese dall’evento e in occasione della querela, piuttosto, spiega il motivo per il quale la giovane non avesse raccontato prima quanto accaduto: la madre non vedeva o, meglio, non voleva vedere i toccamenti lascivi del marito nei confronti del la sorella, lo si evince dal suo esame dibattimentale. Nessuna finalità ritorsiva può quindi rilevarsi nella decisione della giovane di comunicare tale evento solo il 21.04.2023, dopo cioŁ aver avuto uno screzio col padre».
A pagina 21, la sentenza precisa anche che la ritrosia della giovane si spiega anche in ragione della portata sconvolgente dell’evento, ingigantita dal fatto che la stessa ha dichiarato di aver rivissuto un evento tragico della sua infanzia (una violenza sessuale), non contestato dalla difesa, circostanza che spiega in modo ancor piø netto i motivi di ritrosia, vergogna, se non di ribrezzo nel riferire tale evento.
Con tale motivazione il ricorrente non si pone in modo realmente critico, ma genericamente contestativo, con conseguente inammissibilità della doglianza.
6. Inammissibile Ł anche la terza doglianza, relativamente alla violazione dell’articolo 521 cod. proc. pen..
Dall’incontestato riepilogo dei motivi di appello, infatti, la censura non risulta essere stata ivi dedotta come motivo di doglianza e deve quindi considerarsi tardiva (sull’obbligo di contestare a pena di inammissibilità tale riepilogo ove non conforme ai motivi di appello vedi, ex multis , Sez. 3, n. 11830 del 13/03/2024, COGNOME, n.m.; Sez. 3, n. 8657 del 15/02/2024, COGNOME, n.m.; Sez. 3, n. 33415 del 19/05/2023, COGNOME, n.m.; Sez. 2, n. 31650 del 03/04/2017, COGNOME, Rv. 270627 – 01; Sez. 2, n. 9028/2014 del 05/11/2013, COGNOME, Rv.
259066).
Nel riepilogo dei motivi di appello contenuto a pagina 14 della sentenza gravata, in relazione al capo F), oggetto del quinto motivo di appello, si riporta solo la contestazione circa la sussistenza del reato basata sulla deduzione secondo cui «la penetrazione da parte del NOME in danno di NOMEXXXXXX sarebbe fondata esclusivamente sulle parole di NOME, la quale si convinse a riferirla solo dopo i fatti del 21.04.2023, quando cioŁ era arrabbiata con il padre per quanto accaduto quel giorno, sarebbe quindi un atto ritorsivo».
La giurisprudenza della Corte sul punto Ł piana nel ritenere che una eventuale violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza «integra una nullità a regime intermedio che, in quanto verificatasi in primo grado, può essere dedotta fino alla deliberazione della sentenza nel grado successivo. Ne consegue che detta violazione non può essere dedotta per la prima volta in sede di legittimità» (Sez. 6, n. 8639 del 26/04/1999, Testa, Rv. 214316 – 01; Sez. 5, n. 9281 del 08/01/2009, COGNOME, Rv. 243161 – 01).
Il motivo Ł quindi inammissibile per tardività.
Il quarto motivo Ł in parte inammissibile e in parte manifestamente infondato.
7.1. Quanto alla prima censura, va rammentato che secondo la giurisprudenza di legittimità, in tema di violenza sessuale, «il gesto compiuto ioci causa o con finalità di irrisione Ł qualificabile come atto sessuale punibile ai sensi dell’art. 609bis c.p., allorquando, per le caratteristiche intrinseche dell’azione, rappresenta un’intrusione violenta nella sfera sessuale della vittima» (Sez. 3, n. 51593 del 27/09/2018, n.m.; Sez. 3, n. 1709 de11001/07/2014, M., Rv. 261779; Sez. 3, n. 20927 del 04/03/2009, C., Rv. 244075).
Nel caso in scrutinio, non vi sono dubbi, secondo quanto accertato dai giudici del merito, del carattere intrusivo della sfera sessuale della persona offesa, come evidenziato dalla piana deposizione della teste oculare NOMEXXXX.
Ed infatti, in riferimento ai ‘palpeggiamenti’, che, secondo il NOME, sarebbero riconducibili ad un gioco, cioŁ atti scherzosi posti in essere da entrambi, la sentenza a pagina 21 osserva che i testi hanno innanzitutto «riferito di iniziative dell’uomo e non già di iniziative poste in essere da NOMEXXXXXX, che veniva piuttosto raggiunta dal
NOMEmentre si trovava nella sua stanza» (si rammenta che la stessa Ł persona disabile al 100%, quindi persona debole e facilmente condizionabile).
Ritiene quindi la Corte territoriale, non certo irragionevolmente, che l’averne approfittato per soddisfare proprie pulsioni sessuali renda pienamente configurabile il reato.
Il motivo Ł quindi, in parte qua , inammissibile in quanto non si confronta con il provvedimento impugnato in modo realmente critico.
7.2. Il motivo concernente il riconoscimento della ipotesi lieve di cui all’articolo 609bis , terzo comma, come risulta dal riepilogo dei motivi di appello (v. par. che precede) Ł stato introdotto per la prima volta in cassazione, e peraltro consegue alla ritenuta insussistenza del delitto di violenza sessuale con penetrazione compiuta nei confronti di NOMEXXXXXX, per cui deve ritenersi inammissibile.
In ogni caso, secondo la giurisprudenza della Corte, la reiterazione delle violenze ai danni della medesima persona offesa (come occorso nel casodispecie), già di per sØ espressione di una compressione non lieve della libertà sessuale della vittima, non Ł compatibile con il giudizio di minore gravità del fatto (Sez. 3, n. 4960 dell’11/10/2018, COGNOME, Rv. 275693; Sez. 3, n. 42738 del 07/07/2016, COGNOME, Rv. 268063 – 01; Sez. 3, n. 21458 del 29/01/2015, COGNOME, Rv. 263749).
Il motivo Ł quindi manifestamente infondato
8. Il quinto motivo Ł infondato.
La Corte territoriale, a pagina 22, precisa che le attenuanti generiche non sono concedibili in ragione delle «vessazioni nei confronti dei congiunti», che «erano plurime e di diversa tipologia».
Vero Ł che non sono stati considerati dalla Corte di appello gli elementi indotti dalla difesa nelle doglianze difensive, ma va rammentato che, in tema di circostanze attenuanti generiche, stante la ratio della disposizione di cui all’art. 62bis cod. pen., al giudice di merito non Ł richiesto di esprimere una valutazione circa ogni singola deduzione difensiva, essendo sufficiente l’indicazione degli elementi di preponderante rilevanza ritenuti ostativi alla concessione delle attenuanti (sez. 2, n. 3896 del 20/1/2016, Rv. 265826; sez. 7 n. 39396 del 27/5/2016, Rv. 268475; sez. 4 n. 23679 del 23/4/2013, Rv. 256201), rientrando la stessa concessione di esse nell’ambito di un giudizio di fatto rimesso alla discrezionalità del giudice, il cui esercizio deve essere motivato nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente la sua valutazione circa l’adeguamento della pena alla gravità effettiva del reato ed alla personalità del reo (sez. 6 n. 41365 del 28/10/2010, Rv. 248737), non essendo neppure necessario esaminare tutti i parametri di cui all’art. 133 cod. pen., ma sufficiente specificare a quale si sia inteso far riferimento (sez. 1 n. 33506 del 7/7/2010, Rv. 247959; analogamente Cass., Sez. VI, n. 42688 del 24/09/2008, COGNOME, Rv 242419: «la sussistenza di circostanze attenuanti rilevanti ai fini dell’art. 62bis cod. pen. Ł oggetto di un giudizio di fatto e può essere esclusa dal giudice con motivazione fondata sulle sole ragioni preponderanti della propria decisione, non sindacabile in sede di legittimità, purchØ non contraddittoria e congruamente motivata, neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati nell’interesse dell’imputato»).
La motivazione addotta dalla Corte pugliese, pertanto, soddisfa i requisiti minimi di cui sopra.
Il motivo va quindi rigettato.
Il ricorso va in conclusione rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Nulla va liquidato in favore della parte civile, posto che le memorie e le produzioni difensive depositate in violazione del rispetto dei termini stabiliti dall’articolo 611 cod. proc. pen. devono considerarsi tardive e, pertanto, non possono essere prese in considerazione, neppure ai fini della liquidazione delle spese (Sez. 5, n. 30251 del 15/07/2025, COGNOME, n.m.; Sez.4 n.10022/2025 del 6/02/2025; Sez. 6, n. 22919 del 24/04/2024).
Nel caso in rassegna, le conclusioni delle costituite parti civili, così come l’istanza di liquidazione, sono state depositate via p.e.c. in data 8 ottobre 2025 per l’udienza del 9 ottobre successivo, e, dunque, oltre il termine perentorio di cui all’articolo 611, comma 1, cod. proc. pen. e non possono, pertanto, essere prese in considerazione.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 09/10/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente
NOME COGNOME
NOME COGNOME
IN CASO DI DIFFUSIONE DEL PRESENTE PROVVEDIMENTO OMETTERE LE GENERALITA’ E GLI ALTRI DATI IDENTIFICATIVI A NORMA DELL’ART. 52 D.LGS.
196/03 E SS.MM.