Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 11723 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 11723 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME NOME
Data Udienza: 22/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
RAGIONE_SOCIALE , nato il DATA_NASCITA a Vasto
avverso la sentenza del 15/05/2023 della Corte di appello di L’Aquila;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dalla Consigliera NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procura generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibili del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza sopra indicata la Corte di appello ha confermato l condanna del Tribunale di Vasto nei confronti di NOME per il delitto di maltrattamenti ai danni della moglie, aggravato dalla presenza del fig minorenne, «dal 2015 al 24.1.2018» (capo 1); per il delitto di atti persecu aggravati dalla relazione affettiva con la persona offesa, successivi separazione (capo 3); per il delitto di lesioni aggravate con prognosi di gior
(capo 4), invece ha assolto I L.N. [dal delitto di violenza sessuale aggravata commessa in presenza del bambino.
Avverso la sentenza ha presentato ricorso L.N. con atto sottoscritto dal suo difensore, articolando i motivi di seguito enunciati.
2.1. Con il primo deduce violazione di legge, in relazione agli artt. 429, comma 2, lett. c) e 521, comma 2, cod. proc. pen., in quanto la Corte di appello ha erroneamente respinto l’eccezione di nullità dei capi di imputazione relativi ai delitti di maltrattamenti aggravati (capo 1) e atti persecutori aggravati (capo 3) nonostante entrambi omettessero l’indicazione del tempo di commissione e, per il solo capo 1), anche la data di inizio, elementi per i quali il Tribunale aveva consentito l’integrazione del Pubblico ministero.
2.2. Con il secondo deduce violazione di legge, in relazione all’art. 521, comma 2, cod. proc. pen., in quanto la Corte di appello ha erroneamente respinto l’eccezione difensiva relativa alla sussistenza dei presupposti per la richiesta di rito abbreviato condizionato, non ammesso dal Tribunale, nonostante l’avvenuta modifica dell’imputazione, ai sensi dell’art. 516 cod. proc. pen.
2.3. Con il terzo motivo deduce violazione di legge in relazione all’art. 572 cod. pen., in quanto risulta il solo episodio del 12 settembre 2017, evincibile dal certificato medico, ma non la prova del delitto di maltrattamenti, tale non potendosi ritenere la sola testimonianza della persona offesa. Questa, infatti, non ha collocato temporalmente i fatti ed è stata contraddittoria circa le ragioni per cui non si era recata al pronto soccorso, inoltre, è stata sostenuta dalle sole dichiarazioni de relato dei familiari, a nulla valendo la testimonianza del vicino di casa,’ NOME non aveva assistito ad alcuna aggressione.
2.4. Con il quarto motivo deduce violazione di legge, in relazione all’art. 612bis, primo e secondo comma, cod. pen., in quanto la sentenza impugnata non ha dato conto degli esiti negativi dell’accertamento effettuato sull’utenza telefonica del ricorrente, dei messaggi affettuosi e imploranti il ritorno a casa della moglie soprattutto per rivedere il figlio di tre anni, tenutogli lontano, dimostrativi solo una relazione burrascosa e, infine, della mancata conferma del padre della persona offesa.
2.5. Con il quinto motivo deduce violazione di legge, in relazione all’art. 612bis, primo e secondo comma, cod. pen., in quanto il delitto di atti persecutori aggravati è stato ritenuto erroneamente in continuazione con quello di maltrattamenti aggravati nonostante le condotte vessatorie fossero state poste in essere ai danni del coniuge.
Il giudizio di cassazione si è svolto con trattazione scritta, in mancanza di richiesta nei termini di discussione orale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato limitatamente all’ultimo motivo.
I primi due motivi, di natura processuale, possono essere trattati congiuntamente e sono sia generici, perché risultano carenti della necessaria correlazione tra le argomentazioni della sentenza impugnata e quelle poste a fondamento del ricorso, sia manifestamente infondati in quanto i giudici di appello hanno indicato compiutamente le ragioni per le quali hanno disatteso le tesi difensive replicate in questa sede.
2.1. L’articolato capo di imputazione originariamente elevato nei confronti di
N. rispondeva ai requisiti di cui all’art. 429, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., che, nell’ottica di garantire una difesa effettiva, privilegia un dato sostanziale e non formale stabilendo che il decreto che dispone il giudizio enunci «in forma chiara e precisa» i fatti addebitati sui quali, nella specie, è stata svolta una completa attività istruttoria, nel contraddittorio delle parti, senza che l’imputato li abbia negati, essendosi limitato a sostenere che fossero “esagerati”.
2.2. La sentenza di primo grado, fatta propria da quella in questa sede impugnata, ha dato atto che, dalla credibile e riscontrata testimonianza della persona offesa, fosse emerso come «le condotte violente e denigratorie dell’imputato» – pur impropriamente qualificate come “estrema gelosia” – fossero iniziate prima del matrimonio attraverso l’impedimento alla donna di «frequentare persone di sesso maschile e lavorare» (pag. 6) e fossero poi proseguite senza soluzione di continuità attraverso aggressioni fisiche refertate e lesioni procedibili d’ufficio (ex artt. 582, 585 e 577, primo comma n. 5, cod. pen.); continue denigrazioni e umiliazioni sessiste volte a violare la dignità della donna proprio in quanto appartenente al genere femminile con inserimento del pene in bocca per farla tacere alla presenza del bambino piccolo e urinamento sul suo corpo; minacce di morte e con l’acido oltre che di sottrazione del bambino; controllo del cellulare; plateali forme di infedeltà; ecc.
Alla luce di detti elementi di fatto, sostanzialmente non contestati, le censure difensive si limitano ad una disarticolazione segmentata delle condotte del ricorrente, senza qualificare l’art. 572 cod. pen. come volto alla tutela di diritt umani inalienabili quali la dignità e la libertà della persona offesa, nel contesto familiare o di coppia (tra le tante Sez. 6, n. 37978 del 03/07/2023, Rv. 285273;
Sez. 6, n. 30340 dell’8/07/2022, S.), e come delitto abituale, per ciò solo non scomponibile nella parcellizzata collocazione temporale di singoli comportamenti (Sez. 6, n. 37978 del 03/07/2023, cit.) peraltro banalizzati come atti estemporanei o frutto di fatti emozionali.
La norma impone all’interprete, come avvenuto nella specie, la lettura della generalizzata e “normalizzata” modalità in cui si articola una relazione di potere e sopraffattoria nella coppia nella quale gli specifici comportamenti, i più eclatanti, si collocano e sono cementati da ordinarie forme ed intenti denigratori, umilianti, possessivi, dominatori e controllanti della libertà femminile per impedirla (Sez. 6, n. 28217 del 20/12/2022, dep. 2023, G.; Sez. 6, n. 27166 del 30/05/2022, C.).
Infatti, la matrice dei delitti di violenza contro le donne è costituita, secondo le fonti sovranazionali, non dalla gelosia o da impulsi emozionali, ma da «una manifestazione dei rapporti di forza storicamente diseguali tra i sessi, che hanno portato alla dominazione sulle donne e alla discriminazione nei loro confronti da parte degli uomini ed impedito la loro piena emancipazione» (Preambolo della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, ratificata con la legge 27 giugno 2013, n. 77).
2.3. In questo quadro interpretativo, in cui va collocata la norma penale in esame, è evidente che la censura sull’omessa data di inizio delle violenze va ritenuta generica in quanto non considera la struttura e la ratio del delitto di violenza domestica (Sez. U., n. 10959 del 29 gennaio 2016, C., Rv. 265893) ed è improduttiva di effetti giuridici visto che: a) non sono esplicitate le ragioni per quali detta indicazione avrebbe concretamente inciso sul diritto di difesa, anche alla luce della mancata sottoposizione dell’imputato all’esame richiesto dal Pubblico ministero; b) non si confronta con l’ampia descrizione delle gravi e reiterate condotte maltrattanti, fisiche e psicologiche, contenute nel capo di imputazione, articolatosi in un’intera pagina, concretamente idonee a soddisfare la finalità della conoscenza dei fatti addebitati (Sez. 3, n. 1508 del 16/10/2018, dep. 2019, Rv. 274341-01).
La sentenza impugnata, dunque, ha correttamente ritenuto, da un lato, che non fosse nullo il capo di imputazione per mancata indicazione delle specifiche date delle condotte in relazione ai delitti abituali contestati; dall’altro lato che sola precisazione del Pubblico ministero dell’inizio delle violenze non determinasse alcuna modifica dell’imputazione tale da consentire l’accesso al rito abbreviato.
3. Il terzo motivo è inammissibile per genericità.
In tema di valutazione della prova testimoniale, l’attendibilità della persona offesa dal reato, accertata nei termini di cui al § 2.2. cui si rinvia, è una questione
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di fatto che ha le sue chiavi di lettura in una motivazione ragionevole e compiuta, capace di dare conto soprattutto del contesto in cui si inserisce, che non può essere rivalutata in sede di legittimità, salvo che emergano manifeste contraddizioni o illogicità che il ricorso non ha in alcun modo rappresentato e che si limita a parcellizzare con il richiamo di singoli e frammentari episodi.
Secondo l’ormai consolidato orientamento di questa Corte il giudice può trarre il proprio convincimento, in ordine alla responsabilità penale dell’imputato e alla ricostruzione del fatto, anche in base alle sole dichiarazioni rese dalla persona offesa, sempre che siano sottoposte a vaglio positivo la sua credibilità soggettiva e l’attendibilità intrinseca del suo racconto, in forza di idonea motivazione, senza la necessità di riscontri esterni (ex multis Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 253214; Sez. 6, n. 37978 del 03/07/2023, Rv. 285273; Sez. 6, n. 39578 del 04/10/2022, V.; Sez. 3, n. 6710 del 18/12/2020, n. 8342, F., Rv. 281005) specie nel delitto di violenza domestica che avviene in un contesto chiuso e spesso senza prove che, peraltro, nella specie sono plurime e convergenti (testimonianze, fotografie, certificazioni mediche, messaggi sui social e sul cellulare, ecc.).
4. Il quarto motivo è inammissibile per manifesta infondatezza.
In relazione al delitto di cui all’art. 612-bis, primo e secondo comma, cod. pen., contestato al capo 3), la sentenza impugnata, ma più ancora quella di primo grado, hanno dato puntualmente conto che le condotte del ricorrente, qualificate come persecutorie, fossero consistite in innumerevoli telefonate, aggressioni, messaggi di morte sul cellulare, plurime citofonate presso l’abitazione dei genitori della persona offesa da cui questa si era rifugiata all’esito dell’ennesima violenza subita.
A fronte di questi univoci elementi, ritenuti peraltro non contestati dai giudici di merito, appare del tutto irrilevante la censura che, ancora una volta, tenta sia la parcellizzazione e l’alternativa lettura delle prove acquisite, sia un’inverosimile prospettazione del movente, cioè rivedere il figlio piccolo davanti al quale aveva ripetutamente commesso violenze incancellabili sulla madre.
5. Il quinto motivo di ricorso è fondato.
5.1. La Corte di appello ritiene sussistente la continuazione tra il delitto di maltrattamenti e quello di atti persecutori aggravati sulla base della mera interruzione di qualsiasi rapporto di fatto intervenuto nella coppia una volta che la donna aveva deciso di rifugiarsi presso i propri genitori per sottrarsi alle violenze del marito.
5.2. Costituisce orientamento da ultimo consolidatosi, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 98 del 2021, quello secondo il quale quando le azioni vessatorie, fisiche o psicologiche, nei confronti del coniuge siano sorte nell’ambito domestico e proseguano nonostante la sopravvenuta cessazione del vincolo familiare si configura il solo reato di maltrattamenti, in quanto con il matrimonio o con l’unione civile la persona resta comunque “familiare”, presupposto applicativo dell’art. 572 cod. pen. (Sez. 6, n. 46797 del 18/10/2023, Rv. 285542; Sez. 6, n. 45400 del 30/09/2022, Rv.284020).
La separazione, infatti, da un lato è una condizione che incide soltanto sull’assetto concreto delle condizioni di vita, ma non sullo status acquisito; dall’altro dispensa dagli obblighi di convivenza e fedeltà, ma lascia integri quelli discendenti dall’art. 143, comma 2, cod. civ. (reciproco rispetto, assistenza morale e materiale oltre che di collaborazione) cosicché il coniuge separato resta “persona della famiglia” come, peraltro, si evince anche dalla lettura dell’art. 570 cod. pen.
5.3. A questo dato formale se ne aggiunge uno di comune esperienza, fatto proprio dalle Convenzioni internazionali, secondo cui la violenza domestica tra coniugi, fondata su motivi di genere, è una forma di violenza che spesso continua e si aggrava proprio con la scelta della persona offesa di interromperla attraverso la separazione (Sez. 6, n. 46797 del 18/10/2023, Rv. 285542), che costituisce atto di affermazione di autonomia e libertà, negate nella relazione di coppia (in questi termini § 42 della Relazione esplicativa della Convenzione di Istanbul), soprattutto se si condivide un rapporto genitoriale poichè, in situazioni di pregressa violenza domestica, sono proprio i figli a costituire per l’agente l’occasione o lo strumento per proseguire i maltrattamenti ai danni della persona offesa (Sez. 6, n. 9187 del 15/09/2022, dep. 2023, C.).
Nel caso in esame, infatti, le condotte contestate al ricorrente sono state consumate, nella gran parte, alla presenza del bambino e sono proseguite servendosi soprattutto del pretesto di volerlo incontrare.
6. La sussistenza degli elementi costitutivi del delitto, sotto il profilo oggettiv e soggettivo, puntualmente descritti nelle sentenze di merito, consente a questa Corte di provvedere alla diversa qualificazione giuridica del fatto di cui al capo 3), ai sensi dell’art. 572 cod. pen. nella forma aggravata, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di L’Aquila per la sola rideterminazione della pena, mentre gli altri motivi di ricorso sono inammissibili.
Qualificato il fatto di cui al capo 3) come reato ex art 572 cod. pen., annulla la sentenza impugnata limitatamente alla determinazione della pena per i fatti di cui ai capi 1) e 3) e rinvia per nuovo giudizio sul punto alla Corte di appello di Perugia. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Così deciso il 22 febbraio 2024
La Consigliera estensora
La Presidente