LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Mafia nigeriana: la Cassazione sui requisiti del 416-bis

La Corte di Cassazione interviene sul tema della mafia nigeriana, confermando che un sodalizio criminale straniero, operante in Italia, può essere qualificato come associazione di stampo mafioso ai sensi dell’art. 416-bis cod. pen. se utilizza la forza di intimidazione e il vincolo di omertà. Nella decisione, la Corte ha annullato con rinvio la condanna per uno degli imputati limitatamente all’aggravante dell’associazione armata, ritenendo insufficiente la prova della stabile disponibilità di armi. Ha inoltre annullato per ragioni procedurali la declaratoria di inammissibilità dell’appello di un altro coimputato, censurando un eccesso di formalismo.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Mafia nigeriana: la Cassazione sui requisiti del 416-bis

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 23475 del 2025, offre importanti chiarimenti sulla qualificazione giuridica della mafia nigeriana e sull’applicazione dell’articolo 416-bis del codice penale ai sodalizi criminali stranieri. Il caso analizza la struttura e le attività del gruppo “Eiye”, operante a Reggio Emilia, affrontando anche delicate questioni procedurali legate alla Riforma Cartabia.

I Fatti del Caso

Il procedimento vedeva imputati tre cittadini di origine nigeriana, membri di un’associazione criminale denominata “Eiye”, considerata una cellula locale di un più vasto sodalizio radicato in Nigeria e diffuso in Europa. Le accuse spaziavano dalla promozione e organizzazione di un’associazione per delinquere di stampo mafioso, finalizzata a commettere delitti contro la persona ed estorsioni, al controllo delle attività di accattonaggio sul territorio. La struttura del gruppo era gerarchica, con riti di affiliazione, regole interne stringenti e l’uso sistematico della violenza per affermare il proprio predominio.
La Corte di Appello di Bologna aveva confermato la responsabilità di uno degli imputati quale dirigente del gruppo, condannato un altro per un grave episodio di lesioni personali con sfregio permanente e dichiarato inammissibile l’appello del terzo per un vizio formale.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha esaminato separatamente i ricorsi dei tre imputati, giungendo a conclusioni diverse.

Per il primo imputato, il cui appello era stato dichiarato inammissibile, la Corte ha annullato la decisione. Il motivo dell’inammissibilità era la mancata presentazione di una nuova dichiarazione o elezione di domicilio contestualmente all’atto di appello, come previsto dall’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. Tuttavia, la Cassazione ha ritenuto tale applicazione eccessivamente formalistica, dato che l’imputato aveva già eletto domicilio, aveva partecipato attivamente al processo e la finalità della norma (garantire la notifica e la partecipazione) era stata pienamente raggiunta.

Per l’imputato accusato di essere il leader del gruppo, la Corte ha confermato la natura mafiosa dell’associazione “Eiye”. Ha invece accolto il motivo di ricorso relativo all’aggravante dell’associazione armata, annullando su questo punto la sentenza e rinviando a un nuovo giudizio.

Infine, è stato rigettato il ricorso del terzo imputato, relativo alla presunta eccessività della pena inflittagli per il reato di lesioni aggravate.

L’applicazione dell’art. 416-bis alla mafia nigeriana

Il punto centrale della sentenza riguarda la conferma che anche un’associazione criminale straniera può rientrare nella fattispecie dell’art. 416-bis cod. pen. La difesa sosteneva che il piccolo gruppo nigeriano non possedesse la forza intimidatrice e la capacità di assoggettamento tipiche del metodo mafioso, esercitando la propria influenza solo all’interno della comunità nigeriana.

La Cassazione ha respinto questa tesi, ribadendo i principi consolidati della giurisprudenza. Per le mafie a base etnica, la forza di intimidazione può essere funzionale al controllo e alla sottomissione di un gruppo ristretto di persone, senza la necessità di assoggettare l’intera popolazione di un territorio. Gli elementi chiave sono l’uso di metodi tipicamente mafiosi e la forza intimidatrice che promana dal vincolo associativo stesso.
Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto provati tutti gli elementi costitutivi: una struttura gerarchica, riti di iniziazione, l’uso della violenza, l’imposizione di regole e sanzioni, creando una condizione di assoggettamento e omertà.

L’Aggravante dell’Associazione Armata

Di diverso avviso è stata la Corte riguardo all’aggravante dell’associazione armata. Per configurare tale aggravante non è sufficiente l’uso occasionale di armi in singoli episodi, come una rissa. È invece necessaria la prova che il gruppo abbia una stabile disponibilità di armi, destinate all’uso sistematico per il perseguimento dei fini associativi.

La Corte territoriale, secondo la Cassazione, si era limitata a un apprezzamento generico e immotivato, basandosi su un singolo episodio di rissa in cui erano stati usati oggetti atti ad offendere (cocci di bottiglia, bastoni) ma senza dimostrare che il gruppo detenesse stabilmente armi proprie. Per questo motivo, la sentenza è stata annullata sul punto, con rinvio alla Corte d’Appello per una nuova valutazione più rigorosa.

Le motivazioni

La motivazione della Suprema Corte si articola su due binari principali: quello sostanziale e quello procedurale. Sul piano sostanziale, i giudici hanno ribadito che la definizione di ‘mafia’ non è legata a un modello unico, ma al ‘metodo’ utilizzato. Elementi come la struttura organizzata, i riti di affiliazione, la violenza interna ed esterna e la creazione di un clima di omertà sono sufficienti per integrare il delitto di cui all’art. 416-bis, anche se l’influenza del gruppo è circoscritta a una specifica comunità. Sull’aggravante dell’associazione armata, la Corte ha sottolineato la necessità di un accertamento probatorio rigoroso, che vada oltre l’analisi di singoli eventi violenti e dimostri una dotazione bellica stabile e a disposizione del sodalizio. Sul piano procedurale, la Corte ha adottato un’interpretazione teleologica dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., affermando che le norme non devono essere applicate in modo meccanico e formalistico, ma alla luce della loro ratio legis. Se lo scopo della norma (assicurare la partecipazione dell’imputato al giudizio) è raggiunto, sanzionare l’imputato con l’inammissibilità dell’appello rappresenta un’irragionevole compressione del diritto di difesa.

Le conclusioni

La sentenza rappresenta un’importante conferma della capacità dell’ordinamento italiano di contrastare le mafie straniere, applicando loro gli stessi strumenti normativi previsti per le organizzazioni criminali autoctone. Al contempo, pone un argine a interpretazioni eccessivamente formalistiche delle norme procedurali, riaffermando il principio di proporzionalità e la centralità del diritto di difesa. Infine, chiarisce in modo netto i requisiti probatori per l’aggravante dell’associazione armata, richiedendo ai giudici di merito una motivazione specifica sulla stabile disponibilità di armi da parte del gruppo, non desumibile da episodi sporadici.

Un’associazione criminale straniera, come la mafia nigeriana, può essere considerata ‘mafia’ ai sensi della legge italiana?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che la qualifica di associazione di tipo mafioso ai sensi dell’art. 416-bis cod. pen. dipende dal ‘metodo’ utilizzato e non dall’origine del gruppo. Se l’associazione si avvale della forza di intimidazione, del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e omertà, può essere considerata mafiosa, anche se la sua influenza è limitata a una specifica comunità etnica.

Cosa serve per provare che un’associazione mafiosa è anche ‘armata’?
Non è sufficiente dimostrare l’uso occasionale di armi o oggetti atti ad offendere durante singoli episodi, come una rissa. Secondo la Corte, è necessario provare che il gruppo abbia la stabile disponibilità di armi destinate al sistematico uso per il conseguimento degli scopi associativi. La motivazione del giudice su questo punto deve essere specifica e non generica.

L’appello è sempre inammissibile se non si deposita la dichiarazione di domicilio come previsto dalla Riforma Cartabia?
No. La Corte ha stabilito che le norme procedurali non vanno applicate con eccessivo formalismo. Se l’imputato ha già eletto un domicilio valido, partecipa attivamente al processo e lo scopo della norma (garantire la corretta notifica e la partecipazione al giudizio) è comunque raggiunto, dichiarare l’appello inammissibile costituisce una lesione ingiustificata del diritto di difesa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati