Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 23475 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 23475 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 08/04/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME COGNOME nato il 03/03/1984 in Nigeria
NOME COGNOME nato il 10/01/1980 in Nigeria
NOME nato il 04/02/1987 in Nigeria
avverso la sentenza del 14/05/2024 della Corte di appello di Bologna.
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi di tutti gli imputati. uditi i difensori dei ricorrenti, Avv. NOME COGNOME per COGNOME, Avv. NOME COGNOME per COGNOME i quali hanno insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Bologna, con sentenza del 14 maggio 2024, in parziale riforma di quella del Giudice per l’udienza preliminare: – assolveva NOME dal delitto associativo di cui al capo 2) e, previa esclusione dell’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 e declaratoria di equivalenza fra le attenuanti generiche e le restanti aggravanti, rideterminava la pena per il reato di lesioni di cui al capo 13) in anni 2 di reclusione; – dichiarava inammissibile l’appello proposto da NOME COGNOME per non avere depositato unitamente all’atto di impugnazione la prescritta dichiarazione o elezione di domicilio; – confermava nel resto la decisione, che aveva accertato la responsabilità di COGNOME, detto “COGNOME“, in ordine al delitto di promozione, direzione e organizzazione dell’associazione per delinquere di stampo mafioso “COGNOME” di cui al capo 2).
L’associazione di stampo mafioso, aggravata dalla disponibilità delle armi e contestata anche ad altri imputati, denominata “COGNOME“, faceva parte di un più ampio sodalizio radicato in Nigeria e diffuso in diversi Stati europei ed extraeuropei, caratterizzato dalla presenza di una struttura organizzativa di carattere gerarchico, suddivisa sul territorio in gruppi, con competenza su specifiche porzioni dello stesso, operante nel territorio di Reggio Emilia fino al marzo 2015.
L’associazione, secondo la prospettazione accusatoria e alla stregua del complessivo quadro probatorio imperniato essenzialmente sull’inequivoco tenore delle plurime, significative e concludenti conversazioni captate, riscontrate dalle convergenti e affidabili propalazioni accusatorie dei collaboratori di giustizia NOME Collins e NOME COGNOME, era finalizzata alla commissione di un numero indeterminato di delitti. In particolare: – delitti contro la persona, anche opponendosi e scontrandosi mediante l’uso di armi con gruppi rivali, per assumere o conservare il predominio nell’ambito sia della comunità nigeriana che sul territorio nazionale dove operava; – estorsioni in danno di soggetti appartenenti alla comunità nigeriana, soprattutto per il controllo dell’accattonaggio sul territorio. Per affermare e rafforzare la capacità operativa e il predominio del gruppo sia nei confronti degli associati, sia nei confronti della comunità nigeriana e degli altri gruppi criminali nigeriani, i membri del sodalizio si avvalevano della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e omertà che dalla fama criminale della “casa madre” e dall’associazione locale derivava e che si sostanziava: – nell’adozione di riti di iniziazione e affiliazione dei nuovi adepti; – nell’osservanza di rigorose regole gerarchiche interne, per il
rispetto e l’obbedienza alle direttive dei vertici, con ricorso anche a sanzioni corporali e finanziarie; – nell’esercizio sistematico di violenza e minaccia anche mediante l’uso di armi bianche da punta e taglio, per la risoluzione dei conflitti esterni con altri gruppi ma anche all’interno con singoli sodali ribelli alle regole o ritenuti in grado di ostacolare le finalità criminali e di predominio dell’associazione; – nell’obbligo degli affiliati di versare periodicamente somme di denaro prefissate nella cassa comune, di partecipare alle riunioni indette dai capi, di indossare i segni distintivi di appartenenza al gruppo e applicare specifici codici comunicativi segreti, di prendere parte agli eventuali scontri violenti con i gruppi rivali, in particolare col gruppo denominato “Viking”.
Per NOME COGNOME risultava accertato che lo stesso, in qualità di dirigente del sodalizio reggiano fino al marzo 2015 con il grado di “Ibaka” e di costante punto di riferimento per gli affiliati anche in epoca immediatamente successiva al trasferimento della carica al suo successore, svolgeva sistematicamente compiti di organizzazione, curava l’affiliazione dei nuovi adepti e indiceva riunioni per trasmettere direttive e fissare le strategie operative del gruppo. La mera esclusione della recidiva non appariva idonea a scalfire il giudizio di mera equivalenza delle circostanze, senza svolgere alcun effetto sulla misura della pena inflitta.
Per NOME risultava probatoriamente accertato, in particolare, di avere cagionato lesioni personali al volto, con sfregio permanente, al connazionale NOMECOGNOME nel corso di una rappresaglia del gruppo “Eiye” all’interno delle Officine Reggiane contro gli appartenenti al gruppo rivale “RAGIONE_SOCIALE“. L’inaudita gravità della condotta violenta e dei danni recati alla vittima, insieme con l’indubbia contiguità dell’imputato rispetto all’ambiente criminale del gruppo mafioso, giustificava il giudizio di mera equivalenza delle attenuanti generiche con le aggravanti contestate, nonché la fissazione della pena in misura corrispondente al massimo edittale, ridotta per la scelta del rito a due anni di reclusione.
Avverso detta sentenza hanno presentato ricorso i tre imputati, tramite i rispettivi difensori.
2.1. Il ricorso nell’interesse di NOME COGNOME consiste in un unico articolato motivo, con il quale si lamenta l’eccesso di formalismo e l’irragionevole compromissione del diritto di difesa realizzati mediante l’erronea applicazione dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. Rileva il ricorrente: – che l’imputato aveva proceduto il 3 marzo 2022 alla nomina del difensore con la contestuale elezione di domicilio presso lo stesso, depositata agli atti e trascritta in epigrafe della sentenza di primo grado, pure allegata all’atto di appello; – che l’imputato, previa regolare notifica del decreto di citazione a giudizio, aveva partecipato
personalmente non solo all’udienza preliminare ma anche alle successive udienze dibattimentali dinanzi alla Corte di appello, nel corso delle quali aveva alt rilasciato spontanee dichiarazioni. La dichiarazione di inammissibilità dell’atto appello, pronunciata dalla Corte ex post all’esito del giudizio dibattimentale, appariva pertanto eccentrica rispetto alla ratio legis giustificatrice della prescrizione stabilita con la novellata disposizione normativa, che era diretta responsabilizzazione dell’imputato e del suo difensore nella presentazione dell’at di impugnazione, ai fini dell’efficace notificazione del decreto di citazion dell’effettiva e consapevole partecipazione dell’imputato al relativo giudiz finalità, queste, che nel caso di specie risultavano pienamente soddisfatte.
2.2. Il ricorso di NOME COGNOME si concentra sull’applicazione del trattame sanzionatorio, ritenuto eccessivo, siccome determinato in misura pari a quell massima edittale prevista per il delitto di lesioni personali, e sproporzio rispetto a quella di tre mesi di reclusione fissata dal primo giudice in aume per la continuazione con il più grave delitto associativo, per il quale l’imputat stato viceversa assolto in appello. Inoltre, appariva immotivata la conferma d mero giudizio di equivalenza fra le circostanze, nonostante il venir meno delle du aggravanti proprie del medesimo delitto associativo e il residuare delle so aggravanti del reato di lesioni personali.
2.3. NOME COGNOME propone a sua volta ricorso per cassazione, denunziando violazione di legge sostanziale, con riferimento all’art. 416-bis cod. pen., e viz motivazione.
Non sarebbero correttamente individuate le coordinate probatorie di materialità e offensività proprie dell’associazione mafiosa nigeriana, anziché quella semplice ex art. 416 cod. pen.; difetterebbe, poi, adeguata motivazione in ordine al metodo mafioso, che implica omertà e assoggettamento durevole, costante e percepibile, a fronte della limitata portata intimidatoria all’interno comunità nigeriana; né sarebbero indicati i concreti elementi sintomatici del qualità apicale di “capo” attribuita all’imputato.
Considerate le caratteristiche proprie del piccolo gruppo mafioso nigeriano, i ricorrente solleva in subordine la questione di costituzionalità dell’art. 416-b riferimento agli artt. 3 e 27 Cost., nella parte in cui non è prevista la fattisp lieve entità della fattispecie.
Si contesta infine, per entrambi i profili della violazione di legge e del viz motivazione, tanto la sussistenza dell’aggravante dell’associazione armata per stabile disponibilità e uso di armi di cui al quarto comma dell’art. 416-bis, a l’occasionalità del singolo episodio di rissa fra persone appartenenti a gruppi riv armati solo di oggetti atti ad offendere (cocci dì bottiglia, bastoni, mar
cacciavite ecc.), quanto il diniego della prevalenza delle attenuanti generiche s contestate aggravanti, una volta esclusa la recidiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con il provvedimento in epigrafe la Corte di appello di Bologna, all’esito d giudizio dibattimentale, ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello propo dall’imputato NOME COGNOME perché con l’atto di impugnazione non era stata depositata la dichiarazione o elezione del domicilio, ai fini della notifica del decreto di citazione a giudizio, con conseguente violazione dell’art. 5 comma 1-ter cod. proc. pen., trattandosi di sentenza pronunciata successivamente all’entrata in vigore del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150.
Il difensore dell’imputato ha denunziato la violazione di legge, rappresentand che l’elezione di domicilio presso lo studio del difensore era indicata nelle p righe dell’atto di appello con cui si confermava il domicilio già eletto dall’impu sin dal deposito della nomina fiduciaria, rimasto invariato per tutto il corso procedimento e presente nel fascicolo dibattimentale. D’altra parte, la ratio della norma, tesa ad agevolare il procedimento di notifica degli atti del procedimento secondo grado, sarebbe stata comunque soddisfatta poiché l’imputato, previa regolare notifica del decreto di citazione a giudizio, aveva partecip personalmente non solo all’udienza preliminare ma anche alle successive udienze dibattimentali dinanzi alla Corte di appello, nel corso delle quali aveva al rilasciato spontanee dichiarazioni.
1.1. Il d. Igs. n. 150 del 2022 (c.d. riforma «Cartabia») ha novellato l’art. cod. proc. pen. inserendo fra l’altro, con i commi 1-ter e 1-quater, due nuove cause di inammissibilità per l’impugnazione dell’imputato che ha partecipato a precedente grado di giudizio e per l’imputato assente. Quanto all’imputat presente, il comma 1-ter della citata norma prevede che “con l’atto d’impugnazione delle parti private e dei difensori è depositata, a pena d’inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio”.
Le Sezioni Unite, con decisione adottata all’udienza del 24 ottobre 2024 (n 13808/2025, ric. COGNOME), hanno affermato la perdurante applicabilità dell previsione dell’art. 581 comma 1-ter alle impugnazioni proposte in epoca anteriore alla data del 25 agosto 2024, nella quale è entrata in vigore la legge 9 ago 2024, n. 114 che ha abrogato la previsione in parola (e dunque al caso di specie
Il ricorrente, sostiene che la sanzione di inammissibilità dell’impugnazion prevista dall’art. 581, comma 1-ter non sarebbe nella specie applicabile in quanto,
essendo stato l’imputato giudicato in presenza, deve ritenersi valido il domici eletto in fase di indagini preliminari e nell’udienza preliminare e richiam nell’atto impugnatorio.
1.2. Nel caso in esame, ritiene il Collegio che l’indicazione specifica de elezione di domicilio presso il difensore di fiducia, precedentemente rilasciata data 22 marzo 2022, prima del giudizio di appello, e recata in epigrafe del sentenza di primo grado (allegata dal difensore dell’imputato all’atto di app unitamente alla procura ad impugnare e richiamata nel verbale di udienza di appello), cui ha fatto seguito, previa regolare notifica del decreto di citazi giudizio, la presenza e la partecipazione personale dell’imputato sia all’udie preliminare che alle successive udienze dibattimentali dinanzi alla Corte di appel nel corso delle quali ha altresì rilasciato spontanee dichiarazioni, risponda alla ratio legis giustificatrice della prescrizione stabilita con la novella legislativa.
Essendo questa diretta alla responsabilizzazione dell’imputato e del su difensore nella presentazione dell’atto di impugnazione, ai fini dell’effi notificazione del decreto di citazione e dell’effettiva e consapevole partecipazi dell’imputato al relativo giudizio, le relative finalità, nel caso di specie, r obiettivamente raggiunte e soddisfatte.
Invero, le Sezioni Unite, con la citata decisione del 24 ottobre 2024, hann affermato che deve ritenersi sufficiente, per ritenere soddisfatto l’oner allegazione della dichiarazione o elezione di domicilio, il richiamo espresso a u precedente dichiarazione o elezione di domicilio e alla sua collocazione nel fascicol processuale, tale da consentire l’immediata e inequivoca individuazione del luogo in cui eseguire la notificazione: indicazione specifica circa la precedente elezi di domicilio che, come si è detto, è rinvenibile nei documenti allegati all’at appello versato nel fascicolo.
Una diversa interpretazione della novellata disposizione normativa si risolverebbe in un eccessivo e ingiustificato formalismo, lesivo del diritto di di dell’imputato, a fronte della ratio legis giustificatrice della prescrizione, nel caso in esame obiettivamente rispettata.
L’articolata censura difensiva risulta pertanto fondata e la sentenza impugnat va annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Bologna per giudizio di appello nei confronti del ricorrente.
Il ricorso di NOME COGNOME nella parte in cui censura la correttezza della individuazione dei parametri di materialità e offensività dell’associazione mafios anziché di quella semplice ex art. 416 cod. pen., anche per il difetto di adeguata motivazione in ordine al metodo mafioso e agli elementi sintomatici della qualità di “capo” attribuita all’imputato, non è fondato.
2.1. Le sentenze di merito affrontano adeguatamente il tema delle mafie straniere, correttamente rilevando come la modifica apportata al comma settimo dell’art. 416-bis cod. pen. estenda anche alle mafie straniere la possibilità di sussunzione nella fattispecie incriminatrice in presenza del valersi della forza di intimidazione.
Secondo gli ormai consolidati principi della giurisprudenza di legittimità in ordine alle mafie straniere, quanto alla prova del reato associativo è necessario che sia dimostrata l’esistenza di una forza di intimidazione accumulata attraverso la consumazione di delitti a base violenta idonei ad ingenerare timore. Inoltre, si è chiarito, proprio con riferimento a una articolazione locale della mafia nigeriana “COGNOME“, che per le mafie a base etnica la forza di intimidazione del gruppo non deve essere necessariamente diretta all’assoggettamento della popolazione di un territorio, ma può anche essere funzionale al controllo e alla sottomissione di un gruppo di persone ristretto in quanto facente capo ad una medesima comunità etnica, avvalendosi di metodi tipicamente mafiosi e della forza di intimidazione che promana dal vincolo associativo (Sez. 5, n. 130/25 del 26/11/2024; Sez. 6, n. 17435 del 14/03/2024; Sez. 2, n. 1978/24 del 06/10/2023; Sez. 6, n. 14444 del 21/2/2023, P., Rv. 284579-02; Sez. 2, n. 14225 del 13/01/2021, Johnson, Rv. 281126-01; Sez. 6, n. 37081 del 19/11/2020, Anslem, Rv. 280552-02; v. anche Sez. 6, n. 43898 del 08/06/2018, R., Rv. 274231-02 e Sez. 5, n. 44156 del 13/06/2018, S., Rv. 274120-01, con riguardo alle c.d. “mafie atipiche”, costituite da piccole organizzazioni con un basso numero di appartenenti, non necessariamente armate, che assoggettano un limitato territorio o un determinato settore di attività avvalendosi del metodo mafioso).
Di questi principi fanno buon governo le sentenze di merito, riferendosi all’associazione denominata “Eiye”, che faceva parte di un più ampio sodalizio radicato in Nigeria e diffuso in diversi Stati europei ed extraeuropei, caratterizzato dalla presenza di una struttura organizzativa di carattere gerarchico, suddivisa sul territorio in gruppi, con competenza su specifiche porzioni dello stesso, e che ha operato nella provincia di Reggio Emilia fino al marzo 2015.
Orbene, in ordine all’esistenza dell’associazione di stampo mafioso contestata al capo 2) e alla definizione dello specifico ruolo di dirigente e organizzatore del ricorrente, le conformi sentenze di merito chiariscono che la prova si trae da una pluralità di elementi probatori, convergenti e significativi, costituiti dagli inequivoci contenuti delle conversazioni intercettate e dalle coerenti propalazioni accusatorie di due collaboratori di giustizia, NOME Collins e NOME COGNOME già affiliati al gruppo.
La Corte territoriale, nel valorizzare il complessivo quadro probatorio, ha ritenuto probatoriamente accertato in linea di fatto, con valutazione di merito
insindacabile in sede di legittimità: – che l’organizzazione era strutturata medi la distribuzione di precisi e stabili ruoli, funzionali alla commissione di delitt – che il gruppo era dedito sistematicamente alla commissione di delitti contro persona, sia all’interno del sodalizio che per opporsi ai gruppi rivali nel cont della comunità nigeriana sul territorio dove operava, e ad estorsioni in danno soggetti appartenenti alla comunità nigeriana, soprattutto per l’egemonia del attività di accattonaggio sul territorio; – che i membri del sodalizio si avvale della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione assoggettamento e omertà derivante dalla fama e del prestigio criminale sia propr che della “casa madre”, adottando riti di iniziazione e affiliazione, pretende l’osservanza di rigorose regole gerarchiche all’interno e l’obbedienza alle diret dei vertici, anche mediante il ricorso a violenza e minaccia con relative sanzio corporali e finanziarie; – che gli affiliati erano obbligati a versare periodica somme di denaro prefissate nella cassa comune, partecipare alle riunioni indett dai vertici, indossare i segni distintivi di appartenenza al gruppo e appli specifici codici comunicativi segreti, nonché a prendere parte agli eventuali scon violenti con i gruppi nigeriani rivali, in particolare col gruppo denominato “Viking”.
Inoltre, con specifico riferimento alla posizione apicale e alla centralità ruolo dell’imputato nell’associazione mafiosa nigeriana, la Corte territoriale ritenuto probatoriamente accertato che lo stesso, in qualità di dirigente sodalizio reggiano fino al marzo 2015 con il grado di “Ibaka” e di costante punto di riferimento per gli affiliati anche in epoca immediatamente successiva a trasferimento della carica al suo successore, svolgeva sistematicamente compiti di organizzazione, riceveva a tal fine un compenso mensile, curava l’affiliazio dei nuovi adepti all’interno di una struttura organizzativa quale è la mafia nigeri di tipo cultuale (cfr. Sez. U, n. 36958 del 27/05/2021, COGNOME, Rv. 281889-0 e Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, COGNOME, Rv. 231670-01, circa la portata dell’affiliazione rituale in un’associazione di tipo mafioso), indiceva riunion trasmettere direttive e fissare le strategie operative del gruppo, anche riguardo alle azioni di contrapposizione ai gruppi nigeriani rivali presenti territorio.
2.2. Appare manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 416-bis, in riferimento agli artt. 3 e 27 Cost., solle subordine dalla difesa del ricorrente nella parte in cui – considera caratteristiche proprie del piccolo gruppo nigeriano e della limitata port intimidatoria del metodo utilizzato solo all’interno di quella comunità – no prevista la fattispecie di lieve entità della fattispecie associativa.
Invero, la Corte costituzionale, con la recente sentenza n. 138 del 202 riguardante un’analoga questione sollevata con riguardo all’associazione dedita a
narcotraffico e finalizzata a commettere fatti «di lieve entità», seppure indiretto riferimento alla figura specializzata di delitto associativo prevista d 416-bis cod. pen., ha definito il sodalizio di stampo mafioso ben connotato piano criminologico e sociologico, posto che siffatta associazione presenta peculia caratteristiche criminologiche, che si traducono nella definizione del “metod mafioso”. Aggiunge la Corte che neppure sarebbe possibile fare riferimento ai minimi edittali (peraltro, tutti diversi tra loro) previsti per altr “specializzate” di reato associativo, quali l’associazione con finalità di terrori di eversione dell’ordine democratico (art. 270-bis cod. pen.) e l’associazi finalizzata alla tratta o ad altri delitti contro la libertà individuale (art. comma, cod. pen.), non essendo in relazione ad esse prefigurata una distinzione sul piano sanzionatorio, tra fattispecie “ordinaria” e fattispecie “di lieve enti
2.3. Risulta viceversa fondato il motivo di ricorso in punto di afferma sussistenza dell’aggravante dell’associazione armata per la stabile disponibili per l’uso di armi di cui al quarto comma dell’art. 416-bis cod. pen.
Il relativo apprezzamento della Corte territoriale appare invero generico apodittico e sostanzialmente immotivato, considerati, da un lato, l’accert occasionalità dell’episodio di rissa fra persone appartenenti a gruppi niger rivali, armati peraltro solo di oggetti atti ad offendere (cocci di bottiglia, martelli, cacciavite ecc.), e, dall’altro, l’omesso riferimento alle pur nec acquisizioni probatorie circa la stabile disponibilità di armi dest prevalentemente al sistematico uso delle stesse in caso di violenti scontri c gruppi nigeriani rivali sul territorio.
L’annullamento della sentenza impugnata sul punto assorbe, allo stato, l valutazione dell’ulteriore motivo di ricorso riguardante il complessivo trattamen sanzionatorio, quanto alla denegata prevalenza delle attenuanti generiche sul contestate aggravanti, benché la Corte territoriale avesse ritenuto di escluder contestata recidiva.
Risulta infine non fondato il ricorso di NOME relativo alla dosimetria della pena, che l’imputato ritiene eccessiva, siccome determinata in misura par quella massima edittale prevista per il delitto di lesioni personali, e sproporzi rispetto a quella di tre mesi di reclusione fissata dal primo giudice in aumento la continuazione con il più grave delitto associativo, per il quale egli è stato in appello, oltre che per la ingiustificata conferma del giudizio di mera equivale fra le circostanze, nonostante il venir meno delle due aggravanti proprie medesimo delitto associativo e il residuare delle sole aggravanti del reato di les personali.
Ad avviso della Corte di appello, l’estrema gravità della violenta azione lesiva e delle conseguenze dannose cagionate al connazionale nigeriano NOME (sfregio
permanente al volto), nel corso di una operazione di rappresaglia del gruppo mafioso
NOME
contro
gli appartenenti al gruppo rivale
“RAGIONE_SOCIALE“, insieme con
l’obiettiva contiguità dell’imputato rispetto all’ambiente criminale del primo gruppo, giustificavano il giudizio di mera equivalenza delle attenuanti generiche
con le aggravanti contestate, nonché la fissazione della pena in misura corrispondente al massimo edittale, ridotta per la scelta del rito a due anni di
reclusione.
Trattasi, a ben vedere, di incensurabile apprezzamento di merito, che, siccome munito di congruo e logico apparato argomentativo, si sottrae al sindacato di
legittimità della Corte di cassazione per il profilo della correttezza delle inferenze che ne vengono tratte.
4. In conclusione, la sentenza impugnata dev’essere annullata, con rinvio ad altra sezione della stessa Corte d’appello, nei confronti di NOME COGNOME per
il giudizio di appello e nei confronti di COGNOME per nuovo giudizio in punto di aggravante dell’associazione mafiosa armata, con rigetto del ricorso nel resto. Va rigettato il ricorso di COGNOME con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P. Q. M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di NOME COGNOME nonché, limitatamente all’applicazione dell’aggravante del carattere armato dell’associazione, nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e rinvia per nuovo giudizio nei loro confronti ad altra sezione della Corte d’appello di Bologna.
Rigetta nel resto il ricorso di COGNOME.
Rigetta il ricorso di NOME e lo condanna al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 08/04/2025