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Luogo di privata dimora: palestra non lo è per rapina

Un uomo, condannato per rapina impropria in una palestra, ha presentato ricorso in Cassazione. La Corte Suprema ha confermato la sua responsabilità penale ma ha annullato parzialmente la sentenza, escludendo l’aggravante del furto in un luogo di privata dimora. La decisione chiarisce che le aree di una palestra accessibili a un numero indeterminato di persone non possono essere considerate ‘privata dimora’, con conseguente rinvio alla Corte d’Appello per la rideterminazione della pena.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Luogo di privata dimora: la palestra non rientra nella nozione per la Cassazione

La recente sentenza n. 12982/2024 della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sulla definizione di luogo di privata dimora, specialmente in contesti accessibili al pubblico come una palestra. La Corte ha stabilito che le aree comuni di un centro sportivo non possono essere equiparate a una dimora privata ai fini dell’applicazione dell’aggravante prevista per il reato di rapina. Questa decisione ha importanti implicazioni pratiche per la qualificazione giuridica di fatti simili.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un uomo condannato in primo e secondo grado per una serie di reati commessi all’interno di una palestra: tentata rapina impropria pluriaggravata, porto abusivo di coltello e lesioni personali. Secondo la ricostruzione, l’imputato, dopo aver forzato alcuni armadietti e una macchinetta del caffè, veniva scoperto da un’altra persona presente. Per garantirsi la fuga con la refurtiva e l’impunità, l’uomo prima minacciava il testimone con un coltello e, successivamente, ingaggiava con lui una violenta colluttazione.
I giudici di merito avevano confermato la sua colpevolezza, ritenendo sussistenti tutte le aggravanti contestate, inclusa quella di aver commesso il fatto in un luogo di privata dimora.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa dell’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su tre motivi principali:

1. Vizio di motivazione: Si contestava la valutazione delle prove, sostenendo che non vi fosse stata alcuna minaccia o violenza finalizzata a ottenere l’impunità, ma piuttosto una caduta accidentale della persona offesa e un’eventuale estrazione del coltello per legittima difesa.
2. Errata applicazione dell’aggravante del luogo: Si deduceva l’erronea applicazione dell’aggravante di cui all’art. 628, comma 3, n. 3-bis c.p., che richiama l’art. 624-bis c.p. La difesa sosteneva che l’atrio di una palestra, essendo un luogo normalmente accessibile al pubblico, non potesse essere qualificato come privata dimora.
3. Errata applicazione dell’aggravante dell’arma: Si ribadiva che l’uso del coltello fosse avvenuto per difendersi e non per minacciare, chiedendo l’esclusione della relativa aggravante.

La Decisione della Cassazione e la nozione di luogo di privata dimora

La Suprema Corte ha analizzato i tre motivi, giungendo a conclusioni differenziate.
Ha dichiarato inammissibili il primo e il terzo motivo. Riguardo al primo, ha sottolineato che la valutazione della credibilità della persona offesa è una questione di fatto riservata ai giudici di merito e, nel caso di specie, era stata motivata in modo logico e coerente. Le dichiarazioni della vittima, supportate da altri elementi come le riprese video che smentivano la versione dell’imputato, erano sufficienti a dimostrare la dinamica della rapina impropria. Analogamente, il terzo motivo è stato respinto poiché la minaccia con il coltello era chiaramente finalizzata a sottrarsi all’inseguimento e non a una presunta difesa.

Il secondo motivo, invece, è stato accolto. La Corte ha richiamato il consolidato orientamento delle Sezioni Unite (sentenza D’Amico, n. 31345/2017), secondo cui la nozione di luogo di privata dimora comprende esclusivamente i luoghi in cui si svolgono atti della vita privata in modo non occasionale e che non sono accessibili a terzi senza il consenso del titolare. Tali luoghi devono presentare caratteristiche di riservatezza proprie dell’abitazione.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione specificando che, affinché un luogo possa essere considerato di privata dimora, sono necessari tre elementi: l’utilizzo del luogo per manifestazioni della vita privata (riposo, svago, etc.), un rapporto stabile e non meramente occasionale tra la persona e il luogo, e la non accessibilità a terzi senza consenso.
Nel caso specifico, le immagini della videosorveglianza mostravano che il furto era avvenuto in parti della palestra (come l’atrio) accessibili a un numero indeterminato di persone. Tali aree non possiedono le caratteristiche di riservatezza e protezione della sfera privata che definiscono un luogo di privata dimora. Di conseguenza, l’aggravante era stata applicata erroneamente.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio, escludendo l’aggravante del luogo di privata dimora. Ha rinviato il caso a un’altra sezione della Corte d’Appello di Milano per la rideterminazione della pena. La dichiarazione di responsabilità penale per la rapina impropria aggravata dall’uso dell’arma è invece divenuta definitiva. Questa sentenza ribadisce una distinzione fondamentale: non tutti i luoghi dove si trascorre del tempo sono automaticamente assimilabili a una privata dimora, specialmente quando sono aperti al pubblico.

Quando un luogo come una palestra può essere considerato ‘luogo di privata dimora’ ai fini di un’aggravante di reato?
Secondo la Corte di Cassazione, solo le parti di un luogo, anche lavorativo, che presentano le caratteristiche proprie dell’abitazione, dove il soggetto compie atti della vita privata in modo riservato e precludendo l’accesso a terzi (es. spogliatoi privati, aree riservate). Le aree comuni e accessibili a un numero indeterminato di persone, come l’atrio di una palestra, sono escluse da questa nozione.

La testimonianza della persona offesa è sufficiente a provare una minaccia con arma?
Sì, la testimonianza della persona offesa può essere sufficiente a fondare un giudizio di colpevolezza, a condizione che i giudici la ritengano pienamente credibile, coerente e priva di manifeste contraddizioni. Non è sempre necessaria la presenza di riscontri esterni per validare la sua dichiarazione.

Perché la Corte ha annullato la sentenza solo in parte?
La Corte ha annullato la sentenza solo per quanto riguarda il calcolo della pena perché ha ritenuto fondato solo il motivo di ricorso relativo a una specifica circostanza aggravante (quella del luogo di privata dimora). Ha confermato la responsabilità dell’imputato per il reato di rapina impropria e l’aggravante dell’uso dell’arma, rendendo definitiva la condanna. Il caso è stato rinviato al giudice d’appello solo per ricalcolare la pena senza considerare l’aggravante esclusa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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