Luogo aperto al pubblico: la Cassazione conferma che la cella rientra nella definizione
La qualificazione giuridica di un luogo è fondamentale nel diritto penale, poiché da essa può dipendere la configurabilità di un reato. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ha affrontato una questione apparentemente controintuitiva: una cella, luogo di restrizione per eccellenza, può essere considerata un luogo aperto al pubblico? La risposta affermativa della Suprema Corte consolida un orientamento giurisprudenziale di grande importanza pratica.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dalla condanna di un soggetto per il reato di oltraggio a pubblico ufficiale, previsto dall’art. 341-bis del codice penale. La difesa del condannato ha proposto ricorso per cassazione, basando la propria argomentazione su un unico, ma cruciale, motivo: l’errata definizione di luogo aperto al pubblico. Secondo il ricorrente, l’evento delittuoso si era verificato all’interno di un ambiente penitenziario, un contesto che, per sua natura, non potrebbe essere qualificato come tale, escludendo così uno degli elementi costitutivi del reato contestato.
L’Analisi della Corte e la nozione di luogo aperto al pubblico
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile. I giudici hanno osservato che le censure sollevate dal ricorrente non erano altro che la riproposizione di argomenti già ampiamente esaminati e correttamente respinti nei precedenti gradi di giudizio. La Corte ha colto l’occasione per ribadire con forza un principio ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimità.
Le Motivazioni della Decisione
La motivazione della Suprema Corte si fonda su una interpretazione funzionale e non meramente letterale della nozione di luogo aperto al pubblico. Sebbene una cella sia un luogo di detenzione, essa non è un ambiente totalmente isolato o privato. Al contrario, è un luogo in cui, secondo regole prestabilite, hanno accesso un numero indeterminato di persone, sebbene qualificate: agenti di polizia penitenziaria, personale amministrativo, medici, avvocati, educatori e altri operatori. L’accesso non è libero come in una piazza (luogo pubblico), ma è consentito a determinate categorie di soggetti in base a specifiche condizioni. Questa caratteristica è esattamente ciò che, secondo il diritto, qualifica un luogo come “aperto al pubblico”. La Corte ha quindi confermato che, ai fini dell’applicazione della legge penale, anche gli ambienti penitenziari rientrano in questa categoria.
Conclusioni
La decisione in commento ha importanti implicazioni pratiche. Stabilisce in modo inequivocabile che la tutela penale accordata ai pubblici ufficiali contro l’oltraggio si estende pienamente anche all’interno degli istituti di pena. La natura restrittiva del carcere non crea una zona franca in cui le norme a tutela della dignità e dell’onore dei funzionari pubblici vengono meno. Questa ordinanza, pertanto, non solo chiarisce un concetto giuridico, ma rafforza anche la protezione per coloro che operano in contesti complessi e difficili come quello penitenziario, confermando che il rispetto delle istituzioni è un valore da tutelare ovunque.
Una cella di un carcere può essere considerata un “luogo aperto al pubblico” ai fini della legge penale?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, per costante giurisprudenza, la cella e gli ambienti penitenziari sono considerati luoghi aperti al pubblico ai fini dell’applicazione della legge penale, in quanto accessibili a determinate categorie di persone a precise condizioni.
Per quale motivo il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché riproponeva censure già esaminate e respinte dai giudici di merito, basandosi su corretti argomenti giuridici e su una giurisprudenza consolidata che la Corte ha ritenuto di non dover modificare.
Quali sono state le conseguenze per il ricorrente dopo la dichiarazione di inammissibilità?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35302 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35302 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 26/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 21/11/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
N. 16090/25 COGNOME
OSSERVA
Visti gli atti e la sentenza impugnata (condanna per il reato di cui all’art. 341-bis cod. pen.);
Esaminati i motivi di ricorso;
Ritenuto che l’unico motivo di ricorso, con cui si deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione all’errata definizione di «luogo pubblico o aperto al pubblico», risulta riproduttivo di censure già adeguatamente vagliate e disattese con corretti argomenti giuridici dai giudici di merito nella motivazione della sentenza impugnata, là dove si dà atto di come, per costante giurisprudenza, la cella e gli ambienti penitenziari siano da considerarsi luoghi aperti al pubblico ai fini dell’applicazione della legge penale (v. p. 5 della sentenza impugnata);
Rilevato, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 26/09/2025