Oltraggio in Carcere: Quando una Cella è un Luogo Aperto al Pubblico?
La recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema di grande interesse pratico: la configurabilità del reato di oltraggio a pubblico ufficiale all’interno di un istituto penitenziario. La questione centrale ruota attorno alla definizione di luogo aperto al pubblico, un elemento essenziale per la sussistenza di questo specifico reato. La Suprema Corte, con una decisione netta, ha ribadito principi giuridici consolidati, fornendo chiarimenti cruciali per operatori del diritto e non solo.
Il Fatto: Offese nel Reparto Femminile
Il caso ha origine da una sentenza della Corte d’Appello che aveva condannato una detenuta per il reato previsto dall’art. 341-bis del codice penale. L’imputata aveva pronunciato espressioni ingiuriose nei confronti di alcuni pubblici ufficiali all’interno della Casa Circondariale. Il fatto si era svolto nel reparto femminile, alla presenza di numerose altre detenute.
La difesa della ricorrente ha tentato di smontare l’accusa basando il ricorso in Cassazione su due argomenti principali: l’assenza della presenza di “più persone” e, soprattutto, la non qualificabilità del carcere come “luogo aperto al pubblico”.
Il Ricorso e la Qualificazione del Carcere come luogo aperto al pubblico
Secondo la tesi difensiva, un istituto penitenziario non potrebbe essere considerato un luogo aperto al pubblico, data la sua natura restrittiva e di accesso limitato. Di conseguenza, verrebbe a mancare uno degli elementi costitutivi del reato di oltraggio, che richiede appunto che l’offesa avvenga in un luogo pubblico o aperto al pubblico e in presenza di più persone.
La difesa sosteneva che le mura di un carcere creassero un ambiente privato, escludendo la pubblicità richiesta dalla norma. Tuttavia, questa interpretazione è stata fermamente respinta sia in appello sia, in via definitiva, dalla Cassazione.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, definendolo “meramente riproduttivo” di censure già correttamente valutate e respinte dal giudice di merito. Gli Ermellini hanno ribadito due principi fondamentali.
In primo luogo, richiamando una propria precedente pronuncia (Sez. 6, n. 26028 del 15/05/2018), la Corte ha affermato senza esitazioni che le celle e gli ambienti penitenziari devono essere considerati un luogo aperto al pubblico. La nozione giuridica di “luogo aperto al pubblico” non coincide con quella di “luogo pubblico” (come una piazza o una via). Include, infatti, tutti quei luoghi dove l’accesso è consentito a determinate categorie di persone (in questo caso, detenuti, agenti di polizia penitenziaria, personale amministrativo, avvocati, ecc.) a determinate condizioni. Il carcere rientra pienamente in questa definizione.
In secondo luogo, per quanto riguarda il requisito della “presenza di più persone”, la Corte ha sottolineato che non è necessaria né l’identificazione dei presenti né la prova che essi abbiano effettivamente percepito le frasi offensive. È sufficiente, per integrare il reato, la mera possibilità che le offese potessero essere percepite dalle persone presenti (nel caso di specie, le altre detenute), come stabilito in un’altra sentenza di riferimento (Sez. 6, n. 29406 del 06/06/2018).
Conclusioni: Le Implicazioni della Pronuncia
La decisione consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro: offendere l’onore e il prestigio di un pubblico ufficiale all’interno di un carcere, alla potenziale portata uditiva di altre persone, integra a tutti gli effetti il reato di oltraggio. Questa pronuncia ha importanti implicazioni pratiche, poiché stabilisce che le tutele previste per i pubblici ufficiali operano pienamente anche in contesti apparentemente “chiusi” come un istituto di pena. La qualificazione del carcere come luogo aperto al pubblico ai fini dell’art. 341-bis c.p. è dunque un principio cardine che definisce i confini della liceità dei comportamenti anche in contesti di detenzione.
Un carcere può essere considerato un ‘luogo aperto al pubblico’ ai fini del reato di oltraggio a pubblico ufficiale?
Sì, secondo la costante giurisprudenza della Corte di Cassazione, le celle e gli ambienti penitenziari sono qualificati come luogo aperto al pubblico, in quanto l’accesso è consentito a specifiche categorie di persone a determinate condizioni.
Per configurare il reato di oltraggio, è necessario che le persone presenti abbiano effettivamente sentito le offese?
No, la legge e la giurisprudenza ritengono che non sia necessaria l’effettiva percezione delle offese. È sufficiente la mera possibilità che le persone presenti nel luogo aperto al pubblico potessero sentirle.
Perché il ricorso in questo caso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché si è limitato a riproporre le stesse argomentazioni già correttamente esaminate e respinte dalla Corte d’Appello, senza introdurre nuovi e validi motivi di censura contro la sentenza impugnata.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35887 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35887 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 22/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a TRIESTE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 17/07/2023 RAGIONE_SOCIALE CORTE APPELLO di TRIESTE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Visti gli atti e la sentenza impugnata;
esaminato l’unico motivo di ricorso relativo alla configurabilità del reato di cui all’art. 341-bis cod. pen., stante l’asserita mancanza di “più persone” e di un “luogo aperto al pubblico”.
Trattasi di motivo meramente riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito, che, pag. 2 RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata, ha evidenziato che le espressioni ingiuriose furono pronunciate nei confronti dei pubblici ufficiali, alla presenza di tantissime persone, e cioè le detenute del RAGIONE_SOCIALE, non essendo necessaria né l’identificazione dei presenti né la effettiva percezione delle offese, essendo sufficiente la mera possibilità di percezione da parte dei presenti (Sez. 6, n. 29406 del 06/06/2018, Ramondo, Rv. 273466).
La Corte di appello ha, inoltre, puntualmente sottolineato che le celle e gli ambienti penitenziari sono da considerarsi luogo aperto al pubblico (Sez. 6, n. 26028 del 15/05/2018, D., Rv. 273417 – 01).
Osservato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna RAGIONE_SOCIALE ricorrente al pagamento delle spese processuali e RAGIONE_SOCIALE somma di euro tremila in favore RAGIONE_SOCIALE Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e RAGIONE_SOCIALE somma di euro tremila in favore RAGIONE_SOCIALE Cassa delle ammende.
Così deciso il 22 aprile 2024
Il Consigliere estensore
Il Presi ente