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Ludopatia e peculato: non è vizio di mente

Un direttore si appropriava di ingenti somme di denaro per finanziare la sua dipendenza dal gioco. La Corte di Cassazione ha confermato la sua condanna per peculato, stabilendo che la sua ludopatia, pur essendo una patologia, non costituiva un vizio di mente in grado di escludere o diminuire la sua responsabilità penale. La Corte ha ritenuto che l’imputato avesse agito con piena consapevolezza e capacità organizzativa, elementi che dimostrano una sufficiente capacità di volere al momento del fatto.

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Pubblicato il 20 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ludopatia e Peculato: Quando la Dipendenza da Gioco Non Esclude la Colpa

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21065/2024, affronta un tema di grande attualità e complessità: il rapporto tra la ludopatia e la responsabilità penale. La pronuncia chiarisce in quali circostanze il disturbo da gioco d’azzardo può essere considerato un vizio di mente e quando, invece, non è sufficiente a escludere o diminuire la colpevolezza per reati gravi come il peculato. Il caso esaminato riguarda un direttore che si è appropriato di oltre 368.000 euro per finanziare la sua dipendenza.

I Fatti del Processo: Appropriazione di Fondi per il Gioco d’Azzardo

L’imputato, in qualità di direttore di un ufficio, aveva la disponibilità di somme depositate su un libretto di deposito giudiziario. Tra il gennaio 2013 e il febbraio 2015, accedendo al sistema informatico con le proprie credenziali, si è appropriato di oltre 368.000 euro. La quasi totalità di questo denaro è stata utilizzata per il gioco d’azzardo.

Condannato in primo grado e in appello per il reato di peculato continuato, l’imputato ha presentato ricorso in Cassazione. La sua difesa si è incentrata sulla tesi del vizio parziale di mente, sostenendo che la sua grave forma di ludopatia avesse compromesso la sua capacità di volere, ovvero la sua capacità di resistere all’impulso di commettere il reato per procurarsi i fondi necessari a giocare.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la condanna. I giudici hanno stabilito che, nonostante la diagnosi di ludopatia, non sussistevano gli elementi per riconoscere un vizio di mente, né totale né parziale, ai sensi degli articoli 88 e 89 del codice penale.

Le Motivazioni: Perché la ludopatia non è stata considerata vizio di mente

La Corte ha basato la sua decisione su un’attenta analisi delle perizie psichiatriche e delle modalità con cui il reato è stato commesso. Sebbene i periti avessero riconosciuto un nesso causale tra la ludopatia e il comportamento delittuoso, hanno anche evidenziato elementi cruciali che escludevano una compromissione significativa della capacità di volere.

I punti chiave della motivazione sono i seguenti:

* Lucidità e Pianificazione: L’imputato ha agito con piena consapevolezza. Le sue azioni non erano impulsive o disorganizzate, ma al contrario “organizzate, articolate, lucide e soprattutto finalizzate al raggiungimento di un vantaggio”. Accedeva al sistema informatico, utilizzava codici specifici e pianificava le sue appropriazioni. Questo dimostra una piena capacità di intendere e di progettare i suoi atti.
* Conservazione delle Funzionalità: Nonostante la dipendenza, l’imputato ha continuato a svolgere adeguatamente il suo ruolo lavorativo e a mantenere i suoi impegni familiari, dimostrando un valido funzionamento mentale e cognitivo.
* Assenza di Compromissione “Grande”: La legge richiede che la capacità di intendere o di volere sia “grandemente” scemata per configurare un vizio parziale di mente. Secondo la Corte, un semplice impulso a commettere un’azione, per quanto forte, non è sufficiente. È necessario dimostrare che l’impulso sia stato di tale ampiezza e consistenza da vanificare la capacità di controllarsi. Nel caso di specie, la lucidità e l’organizzazione delle condotte hanno smentito questa ipotesi.
* Distinzione tra Impulso e Incapacità: La Corte ha ribadito che la presenza di un disturbo della personalità non comporta automaticamente una riduzione dell’imputabilità. Il disturbo deve avere una consistenza, intensità e gravità tali da incidere concretamente sulle capacità del soggetto, cosa che i giudici di merito hanno escluso in modo motivato.

La Valutazione della Pena

La Cassazione ha ritenuto infondato anche il motivo di ricorso relativo all’eccessività della pena. La sanzione, pur superiore alla media edittale, è stata giudicata congrua in relazione all’enorme danno patrimoniale causato, superiore ai 400.000 euro.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza offre un importante principio di diritto: la diagnosi di ludopatia, pur essendo una patologia psichiatrica riconosciuta, non costituisce di per sé una “patente per delinquere”. Ai fini della responsabilità penale, ciò che conta è l’impatto concreto del disturbo sulle capacità mentali del soggetto al momento del fatto. Se l’individuo, nonostante la sua dipendenza, agisce con un comportamento pianificato, lucido e finalizzato a uno scopo, dimostra di conservare una capacità di volere che lo rende pienamente responsabile delle sue azioni. La decisione sottolinea l’onere, per la difesa, di fornire prove specifiche che dimostrino non solo l’esistenza del disturbo, ma anche un suo effetto cogente e paralizzante sulla volontà dell’imputato.

La ludopatia può essere considerata un vizio di mente che esclude o diminuisce la responsabilità penale?
Sì, il vizio del gioco d’azzardo può risolversi in una ludopatia e costituire un disturbo della personalità rilevante ai fini del vizio di mente. Tuttavia, non è una conseguenza automatica.

Quali sono le condizioni perché un disturbo della personalità come la ludopatia sia giuridicamente rilevante ai fini dell’imputabilità?
Per essere rilevante, il disturbo deve presentarsi con una consistenza, intensità e gravità tali da incidere concretamente sulla capacità di intendere o di volere, escludendola o scemandola grandemente. Inoltre, deve esistere un nesso causale tra il disturbo e la specifica condotta criminosa.

In questo caso, perché la Corte ha ritenuto che l’imputato fosse pienamente responsabile nonostante la sua ludopatia?
Perché le modalità delle sue azioni (organizzate, articolate, lucide e finalizzate a uno scopo) hanno dimostrato che egli ha agito con piena capacità di intendere e di progettare i suoi atti. La sua condotta non era il frutto di un impulso incontrollabile, ma di scelte consapevoli, sebbene motivate dalla sua dipendenza, il che ha escluso una diminuzione “grande” della sua capacità di volere.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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