Lucro di Speciale Tenuità: Quando la Cassazione Nega l’Attenuante nello Spaccio
L’applicazione dell’attenuante del lucro di speciale tenuità nel contesto dei reati legati agli stupefacenti è una questione complessa, che richiede un’analisi attenta non solo del singolo episodio, ma dell’intera condotta dell’imputato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 8939/2025) offre chiarimenti cruciali, stabilendo che la presenza di indizi che suggeriscono un’attività di spaccio non meramente occasionale esclude la possibilità di concedere tale beneficio. Analizziamo insieme la decisione e le sue implicazioni.
Il Caso in Analisi
Il caso riguarda un individuo condannato in primo grado e in appello per il reato continuato di detenzione illecita di eroina e cocaina, qualificato come fatto di lieve entità ai sensi dell’art. 73, comma 5, del Testo Unico Stupefacenti. L’imputato ha presentato ricorso per cassazione, basandolo su due motivi principali:
1. La violazione di legge e il vizio di motivazione per il mancato espletamento del narcotest sulla sostanza sequestrata.
2. La mancata applicazione dell’attenuante comune del lucro di speciale tenuità, prevista dall’art. 62, n. 4, del codice penale.
La Corte di Appello di Napoli aveva confermato la condanna, e la questione è quindi giunta al vaglio della Suprema Corte.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo entrambi i motivi con argomentazioni distinte ma ugualmente nette.
La Questione Procedurale: Un Motivo Inammissibile
Per quanto riguarda il primo motivo, relativo al narcotest, la Corte ha rilevato una preclusione di natura processuale. La questione, infatti, non era mai stata sollevata nei motivi di appello. La Corte territoriale aveva chiaramente indicato nella sua sentenza che non erano state mosse censure specifiche riguardo all’accertamento della responsabilità penale. Di conseguenza, proporre tale doglianza per la prima volta in Cassazione rendeva il motivo inammissibile.
L’Analisi sul Lucro di Speciale Tenuità
Il cuore della decisione risiede nell’analisi del secondo motivo. La Corte ha ritenuto infondata la richiesta di applicazione dell’attenuante del lucro di speciale tenuità. Richiamando un proprio precedente consolidato (Sez. 3, n. 10234 del 2024), ha ribadito un principio fondamentale: nei reati continuati di cessione di sostanze stupefacenti, l’attenuante è applicabile solo se la condotta, nel suo complesso, rivela una finalità di guadagno marginale e ogni singolo episodio comporta un evento dannoso o pericoloso di minima entità.
Le Motivazioni della Decisione
La Suprema Corte ha confermato la correttezza della valutazione effettuata dai giudici di merito, che avevano negato l’attenuante basandosi su tre elementi fattuali specifici, ritenuti logicamente coerenti e privi di contraddizioni:
1. La disponibilità di altre dosi: L’imputato non possedeva solo la dose ceduta, ma anche altre quantità di sostanza destinate alla vendita. Questo indica una programmazione dell’attività e una proiezione verso guadagni futuri.
2. Il possesso di una somma di denaro: La somma di 150 euro trovata in possesso dell’imputato è stata considerata “non minimale” e quindi un indicatore di un’attività di spaccio già avviata e redditizia.
3. Il luogo dei fatti: L’accertamento è avvenuto in una località nota per essere una “zona di spaccio”. Questo contesto rafforza l’idea che l’attività non fosse estemporanea, ma inserita in un quadro più ampio di commercio illecito.
Questi elementi, valutati complessivamente, delineano un quadro incompatibile con la nozione di “lucro marginale” richiesta per l’applicazione dell’attenuante.
Conclusioni
L’ordinanza in esame ribadisce un principio di rigore nella valutazione del lucro di speciale tenuità in materia di stupefacenti. La decisione non si limita a guardare al valore della singola dose ceduta, ma impone una valutazione globale della condotta dell’agente. La disponibilità di ulteriori sostanze, il possesso di somme di denaro significative e il contesto operativo sono tutti fattori che, se presenti, possono legittimamente portare il giudice a escludere l’attenuante, poiché depongono per una finalità di profitto che va oltre la mera occasionalità o marginalità. La pronuncia serve quindi da monito: per beneficiare di uno sconto di pena, non basta che il singolo episodio sia di lieve entità, ma è necessario che l’intera attività illecita presenti caratteristiche di minima offensività e redditività.
Quando si applica l’attenuante del lucro di speciale tenuità nei reati di spaccio continuato?
Secondo la Corte, si applica solo quando l’intera condotta, nel suo complesso, denota una finalità di guadagno marginale e ciascun episodio di cessione comporta un evento dannoso o pericoloso di minima entità.
Perché la Corte ha negato l’attenuante del lucro di speciale tenuità in questo caso specifico?
Perché l’imputato possedeva altre dosi destinate allo smercio oltre a quella ceduta, una somma di denaro non minimale (150 euro) e l’attività si svolgeva in una località nota come zona di spaccio. Questi elementi, nel loro insieme, sono stati ritenuti incompatibili con una finalità di lucro marginale.
È possibile presentare un motivo di ricorso in Cassazione se non è stato sollevato in Appello?
No, la Corte ha stabilito che un motivo di ricorso è inammissibile se non è stato precedentemente proposto nel giudizio di appello. Nel caso di specie, la censura relativa al mancato espletamento del narcotest è stata rigettata per questo motivo procedurale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8939 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8939 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 17/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 15/09/1986
avverso la sentenza del 29/05/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME imputato del reato continuato di illecita detenzione di eroina e cocaina – ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del 29/05/2024, con cui la Corte d’Appello di Napoli ha confermato la sentenza di condanna in primo grado emessa dal Tribunale di Napoli (ritenuta l’ipotesi lieve di cui al comma 5 dell’art. 73), deducendo violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento al mancato espletamento del narcotest e alla mancata applicazione dell’art. 62 n. 4 cod. pen.;
ritenuto che la disamina del primo motivo sia preclusa dalla sua mancata proposizione in appello, come emerge con assoluta chiarezza dal riepilogo dei motivi e dal passaggio motivazionale, non contestato, in cui la Corte territoriale ha precisato che non erano state devolute censure concernenti l’affermazione di responsabilità;
ritenuto, quanto alla seconda doglianza, che la valutazione della Corte d’Appello sia del tutto in linea con l’insegnamento di questa Suprema Corte, secondo cui «l’attenuante del conseguimento di un lucro di speciale tenuità, di cui all’art. 62, n. 4, cod. pen., è applicabile al delitto continuato di cessione di sostanz stupefacenti solo qualora la condotta, nel suo complesso, denoti una finalità di lucro marginale e ciascun episodio di cessione comporti un evento dannoso o pericoloso di speciale tenuità» (Sez. 3, n. 10234 del 25/01/2024, Traore, Rv. 286034 – 01);
ritenuto in particolare che la valorizzazione sia della disponibilità, in capo al ricorrente, di altre dosi destinate allo smercio oltre a quella ceduta, nonché della somma non minimale di Euro 150,00, sia anche del luogo di accertamento dei fatti (località nota quale zona di spaccio) sia del tutto priva di connotazioni di illogici o contraddittorietà deducibili in questa sede;
ritenuto che le considerazioni fin qui svolte impongano una declaratoria di inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in
Il Consig estensore