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Lucro di speciale tenuità e spaccio: la Cassazione

Un soggetto condannato per spaccio di lieve entità si è visto negare l’attenuante del lucro di speciale tenuità. La Corte di Cassazione ha annullato la decisione, affermando la piena compatibilità tra le due norme, basandosi su un precedente delle Sezioni Unite. Il caso è stato rinviato per una nuova valutazione.

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Pubblicato il 24 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Lucro di speciale tenuità: è applicabile allo spaccio lieve?

La recente sentenza n. 22020/2024 della Corte di Cassazione riaccende i riflettori su un tema cruciale nel diritto penale degli stupefacenti: la compatibilità tra il reato di spaccio di lieve entità e l’attenuante del lucro di speciale tenuità. La Suprema Corte ha chiarito che la valutazione della modestia del profitto non si esaurisce nel riconoscimento della lieve entità del fatto, ma deve essere considerata autonomamente ai fini della concessione della specifica attenuante comune. Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale per garantire una pena proporzionata alla reale offensività della condotta.

I fatti del processo

Il caso trae origine dalla condanna di un individuo da parte del Tribunale di Macerata per i reati di resistenza a pubblico ufficiale e detenzione a fini di spaccio di circa 1,5 grammi di cocaina. Il reato di spaccio era stato qualificato come di ‘lieve entità’ ai sensi dell’art. 73, comma 5, del D.P.R. 309/1990. La Corte d’Appello di Ancona, nel confermare la condanna, aveva tuttavia respinto la richiesta della difesa di applicare l’ulteriore circostanza attenuante del danno e del lucro di speciale tenuità, prevista dall’art. 62 n. 4 del codice penale. Secondo i giudici di secondo grado, la modestia della quantità di droga, e di conseguenza del potenziale guadagno, era già stata assorbita nella qualificazione del fatto come lieve, impedendo così una seconda e separata valutazione favorevole all’imputato.

La decisione della Corte di Cassazione e il lucro di speciale tenuità

Contro la decisione della Corte d’Appello, la difesa ha proposto ricorso per cassazione, lamentando un’errata applicazione della legge. Il ricorrente sosteneva che la Corte territoriale avesse negato ingiustamente l’attenuante, senza effettuare una specifica valutazione sul lucro effettivamente conseguito o che si intendeva conseguire. La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato.

Le motivazioni della Suprema Corte

Il cuore della decisione della Cassazione risiede nel richiamo a un’importante sentenza delle Sezioni Unite (n. 24990 del 2020). In tale pronuncia, era stato affermato in modo inequivocabile che l’attenuante del lucro di speciale tenuità è pienamente compatibile con la fattispecie autonoma del fatto di lieve entità. I giudici hanno chiarito che la valutazione per il riconoscimento del fatto lieve (art. 73, comma 5) è complessa e prende in esame una pluralità di indici (qualità e quantità della sostanza, mezzi, modalità, circostanze dell’azione). Al contrario, la valutazione per l’attenuante comune (art. 62 n. 4 c.p.) è specifica e focalizzata unicamente sull’entità del profitto derivante dal reato. Pertanto, negare l’applicazione della seconda solo perché è stata riconosciuta la prima costituisce un errore di diritto. La Corte d’Appello, affermando che il parametro della modestia della quantità fosse assorbito esclusivamente nella qualificazione del fatto come lieve, ha violato questo principio consolidato. Di conseguenza, la sua decisione è stata ritenuta viziata da un errore di diritto che ne ha imposto l’annullamento.

Le conclusioni

La Cassazione ha annullato la sentenza impugnata, ma solo limitatamente al punto relativo al diniego dell’attenuante. Ha quindi rinviato il caso alla Corte di Appello di Perugia per un nuovo giudizio, che dovrà attenersi al principio di diritto enunciato: la compatibilità tra le due norme e la necessità di una valutazione autonoma e specifica sul lucro di speciale tenuità. Questa sentenza rafforza il principio di proporzionalità della pena, imponendo ai giudici di merito di considerare ogni aspetto della condotta, distinguendo tra la valutazione complessiva della gravità del fatto e quella, più mirata, dell’effettivo guadagno ottenuto.

L’attenuante del lucro di speciale tenuità può essere applicata al reato di spaccio di lieve entità?
Sì, la Corte di Cassazione, richiamando una precedente sentenza delle Sezioni Unite, ha confermato che la circostanza attenuante del lucro di speciale tenuità (art. 62, n. 4, c.p.) è compatibile e può essere applicata anche alla fattispecie di spaccio di lieve entità (art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990).

Perché la Corte d’Appello aveva negato l’attenuante?
La Corte d’Appello aveva erroneamente ritenuto che la modestia della quantità di stupefacente (e quindi del potenziale lucro) potesse essere valutata solo per qualificare il reato come di lieve entità, escludendo una seconda valutazione per concedere l’attenuante specifica del lucro esiguo.

Qual è stata la decisione finale della Cassazione?
La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata limitatamente alla questione della configurabilità dell’attenuante del lucro di speciale tenuità e ha rinviato il caso alla Corte di Appello di Perugia per un nuovo giudizio su questo specifico punto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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