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Lucro di speciale tenuità: Cassazione annulla sentenza

Un uomo condannato per possesso di 5.4 grammi di cocaina ai fini di spaccio ha presentato ricorso in Cassazione. La Suprema Corte ha confermato la qualificazione del reato come spaccio e non uso personale, ma ha annullato la sentenza con rinvio. Il motivo è che la Corte d’Appello non ha motivato il mancato riconoscimento dell’attenuante del lucro di speciale tenuità, specificamente richiesta dalla difesa, violando l’obbligo di motivazione su tutti i punti del gravame.

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Pubblicato il 7 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Lucro di Speciale Tenuità: la Cassazione Annulla per Omessa Motivazione

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 29651 del 2025, offre un importante chiarimento sull’obbligo del giudice di motivare ogni sua decisione, in particolare riguardo la richiesta di applicazione dell’attenuante per lucro di speciale tenuità nei reati connessi agli stupefacenti. Sebbene la Corte abbia confermato la colpevolezza dell’imputato per detenzione ai fini di spaccio, ha annullato la sentenza per un vizio procedurale fondamentale: la mancata risposta a uno specifico motivo di appello.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un giovane uomo, fermato durante un controllo e trovato in possesso di 5,40 grammi di cocaina. La sostanza era contenuta in un unico involucro e nascosta nella felpa che indossava. Le analisi successive hanno rivelato che il principio attivo era sufficiente a confezionare oltre 31 dosi medie. Sulla base di questi elementi, sia il Tribunale che la Corte di Appello lo avevano condannato per detenzione di stupefacenti a fini di spaccio, applicando una pena di otto mesi di reclusione e 3.000 euro di multa, con pena sospesa.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione basandosi su tre motivi principali:

1. Errata qualificazione del fatto: Si sosteneva che la detenzione della sostanza fosse compatibile con l’uso personale, data la modica quantità e l’assenza di precedenti specifici.
2. Mancata concessione dell’attenuante: La difesa aveva espressamente richiesto in appello l’applicazione dell’attenuante del lucro di speciale tenuità (art. 62, n. 4, c.p.), in considerazione del modesto dato ponderale della droga e dell’assenza di prova di un guadagno effettivo.
3. Eccessività della pena: Si contestava la pena base, ritenuta sproporzionata rispetto al minimo edittale, data l’incensuratezza dell’imputato e le modalità della condotta.

Lucro di speciale tenuità: l’obbligo di motivazione del giudice

Il punto cruciale della decisione della Cassazione risiede nel secondo motivo di ricorso. La Corte ha osservato che i giudici d’appello, pur avendo correttamente motivato la sussistenza del reato di spaccio, avevano completamente omesso di pronunciarsi sulla richiesta di applicazione dell’attenuante del lucro di speciale tenuità. Questo silenzio costituisce un vizio di motivazione che rende illegittima la sentenza. La Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale: il giudice ha il dovere di esaminare e fornire una risposta motivata a tutte le istanze difensive sollevate con l’atto di appello. Non è sufficiente escludere implicitamente un’attenuante; è necessaria una valutazione esplicita e argomentata.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha analizzato distintamente i motivi. Ha rigettato il primo, confermando che la valutazione sulla destinazione della droga (spaccio o uso personale) è un giudizio di fatto che spetta ai giudici di merito. In questo caso, elementi come l’elevata purezza, il numero di dosi ricavabili e l’assenza di una fonte di reddito lecita per giustificare l’acquisto per sé, costituivano un quadro indiziario sufficiente a supportare la tesi dello spaccio.

Ha invece accolto il secondo motivo. La Corte ha affermato che l’attenuante del lucro di speciale tenuità è pienamente applicabile ai reati in materia di stupefacenti. Per il suo riconoscimento, il giudice deve verificare la sussistenza di un danno o pericolo di particolare modestia e un vantaggio patrimoniale (perseguito o conseguito) altrettanto esiguo. Poiché la Corte d’Appello non aveva svolto questa valutazione, nonostante la specifica richiesta, la sentenza è stata annullata su questo punto.

Di conseguenza, il terzo motivo, relativo all’entità della pena, è stato dichiarato assorbito, poiché la pena dovrà essere ricalcolata dalla Corte d’Appello dopo aver deciso se concedere o meno l’attenuante.

Le conclusioni

La sentenza si conclude con l’annullamento della decisione impugnata, ma solo limitatamente al punto relativo all’omessa motivazione sull’attenuante. Il caso viene quindi rinviato ad un’altra sezione della Corte di Appello di Messina per un nuovo esame. Questa pronuncia sottolinea l’importanza del diritto di difesa e l’inderogabile obbligo per il giudice di rispondere a ogni doglianza. Anche quando gli indizi di colpevolezza sono solidi, la correttezza procedurale e la completezza della motivazione restano pilastri fondamentali per una giusta decisione, specialmente quando si tratta di definire l’esatta entità della sanzione penale.

Possedere circa 5 grammi di cocaina è considerato sempre spaccio?
No, non automaticamente. La qualificazione del reato dipende da un’analisi complessiva di vari indizi. Nel caso esaminato, la Corte ha ritenuto che la destinazione allo spaccio fosse provata da elementi come l’elevato numero di dosi ricavabili (oltre 31), la purezza della sostanza e l’assenza di una fonte di reddito dell’imputato che giustificasse l’acquisto per uso personale.

Cosa accade se un giudice d’appello ignora una richiesta specifica della difesa?
La sentenza può essere annullata per vizio di motivazione. Come stabilito in questo caso, il giudice ha l’obbligo di esaminare e dare una risposta argomentata a tutte le istanze presentate nell’atto di appello. L’omessa pronuncia sulla richiesta di applicazione dell’attenuante del lucro di speciale tenuità ha reso la sentenza illegittima su quel punto.

L’attenuante del lucro di speciale tenuità è applicabile ai reati di droga?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che l’attenuante prevista dall’art. 62, n. 4 del codice penale è applicabile anche ai reati di cessione di sostanze stupefacenti. Per concederla, il giudice deve valutare se il profitto e il danno o pericolo causato dalla condotta siano entrambi di entità particolarmente modesta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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