Lottizzazione Abusiva: Quando la Rinuncia al Ricorso Pone Fine alla Contesa
Il reato di lottizzazione abusiva rappresenta una delle fattispecie più complesse e rilevanti nel diritto penale dell’urbanistica. Una recente sentenza della Corte di Cassazione fornisce uno spunto di riflessione non tanto sul merito della questione, quanto su un aspetto procedurale cruciale: la rinuncia all’impugnazione. Analizziamo insieme un caso in cui una società immobiliare, dopo aver contestato un provvedimento di sequestro, ha deciso di fare un passo indietro, chiudendo di fatto la vicenda processuale in sede di legittimità.
I Fatti del Caso
Una società immobiliare si è vista sottoporre a sequestro preventivo alcuni beni nell’ambito di un’indagine per il reato di lottizzazione abusiva. L’ordinanza di sequestro, emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari (Gip) di un tribunale locale, è stata confermata anche dal Tribunale del Riesame.
Ritenendo illegittimo il provvedimento, la società ha proposto ricorso per Cassazione, affidandosi a diversi motivi volti a smontare l’impianto accusatorio e, di conseguenza, la legittimità del sequestro.
I Motivi del Ricorso contro l’accusa di Lottizzazione Abusiva
La difesa della società ha articolato il proprio ricorso su quattro punti principali, contestando violazioni di legge sotto diversi profili:
1. Interpretazione degli Strumenti Urbanistici
La società sosteneva che il tribunale avesse errato nel considerare esaurite le volumetrie edificabili previste dal piano regolatore generale (PRG). A suo avviso, un nuovo Regolamento Urbanistico, nel frattempo approvato, non era un mero strumento esecutivo, ma una vera e propria pianificazione generale idonea ad ampliare le possibilità edificatorie.
2. Violazione della Legge Regionale
Un secondo motivo riguardava la presunta violazione di una legge urbanistica regionale. La difesa contestava al tribunale di aver confuso gli atti successivi al vecchio PRG con semplici strumenti esecutivi, mentre il nuovo Regolamento Urbanistico avrebbe consentito un’edificazione diretta, senza necessità di ulteriori piani di secondo livello.
3. Procedura di Acquisizione dell’Area
Veniva inoltre contestata la violazione delle norme in materia di espropriazione (DPR 327/2000). Secondo la società, l’area di interesse non era stata acquisita tramite una semplice trattativa privata, ma come alternativa a un procedimento espropriativo già avviato dal Comune nei suoi confronti, configurando quindi una procedura legittima.
4. Insussistenza del “Fumus Commissi Delicti”
Infine, la difesa deduceva l’insussistenza del presupposto del sequestro, ovvero il fumus del reato. Si argomentava che il sequestro aveva colpito beni di terzi estranei e che l’ipotizzata cooperazione fraudolenta tra più soggetti era da considerarsi un “reato impossibile” data la complessità degli attori che avrebbero dovuto essere coinvolti. L’accusa, secondo la società, si limitava a ipotizzare una cooperazione con funzionari comunali privi di reale potere decisionale.
La Svolta: La Rinuncia all’Impugnazione
Prima che la Corte di Cassazione potesse pronunciarsi nel merito dei complessi motivi sopra esposti, è intervenuto un atto decisivo: la società ricorrente, tramite il suo difensore, ha depositato una formale dichiarazione di rinuncia all’impugnazione. Questo atto procedurale, previsto dall’art. 589 del codice di procedura penale, ha cambiato radicalmente il corso del giudizio.
Le Motivazioni
La sentenza in esame, di fatto, non entra nel merito delle questioni sollevate. La motivazione della Corte si limita a prendere atto della rituale e valida rinuncia all’impugnazione presentata nell’interesse della ricorrente. La legge prevede che, a fronte di una rinuncia, il giudice non possa fare altro che dichiarare l’estinzione del procedimento di impugnazione. Di conseguenza, la Corte non ha analizzato se le argomentazioni sulla lottizzazione abusiva fossero fondate o meno, poiché l’atto di rinuncia ha precluso ogni valutazione sul contenuto del ricorso.
Le Conclusioni
La principale conseguenza giuridica della rinuncia è che l’ordinanza impugnata – in questo caso, quella del Tribunale del Riesame che confermava il sequestro – diventa definitiva. La vicenda processuale davanti alla Cassazione si conclude senza una pronuncia di accoglimento o di rigetto, ma con una declaratoria di estinzione. Questa scelta strategica può derivare da molteplici valutazioni della parte, come la volontà di evitare una pronuncia sfavorevole che avrebbe potuto creare un precedente negativo, o la possibilità di risolvere la questione in altre sedi. Il caso evidenzia come, anche in procedimenti complessi come quelli per lottizzazione abusiva, gli strumenti procedurali possano avere un impatto determinante sull’esito finale della controversia, rendendo definitiva una misura cautelare senza che si arrivi a una decisione di merito da parte del giudice di legittimità.
Che cos’è la lottizzazione abusiva?
Sulla base del contesto del ricorso, la lottizzazione abusiva è un reato che si configura quando si realizzano interventi di trasformazione urbanistica o edilizia dei terreni in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici o delle leggi in materia, portando a una modifica non autorizzata dell’assetto del territorio.
Perché la società immobiliare aveva presentato ricorso?
La società aveva presentato ricorso per contestare un’ordinanza di sequestro dei suoi beni, sostenendo che non sussistesse il reato di lottizzazione abusiva. I motivi si basavano su presunte violazioni di legge relative all’interpretazione degli strumenti urbanistici, all’applicazione di una legge regionale e alla legittimità della procedura di acquisizione dell’area.
Cosa comporta la rinuncia al ricorso in Cassazione?
Come specificato nel provvedimento, la rinuncia al ricorso, ai sensi dell’art. 589 comma 2 del codice di procedura penale, comporta la conclusione del procedimento di impugnazione. Di conseguenza, il provvedimento impugnato (in questo caso l’ordinanza di sequestro confermata dal Tribunale del Riesame) diventa definitivo e non più contestabile in quella sede.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 25926 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 25926 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 02/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE nel procedimento a carico della medesima; avverso la ordinanza del 09/01/2025 del tribunale di Potenza; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dr. NOME COGNOME che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza di cui in epigrafe il tribunale del riesame di Potenza rigettava la domanda di riesame proposta nell’interesse di RAGIONE_SOCIALE avverso la ordinanza di sequestro del Gip del medesimo tribunale emessa in relazione al reato di lottizzazione abusiva.
Avverso la predetta ordinanza RAGIONE_SOCIALE propone ricorso mediante il suo difensore.
Con il primo motivo deduce il vizio di violazione di legge Si contesta la tesi dell’esaurimento nell’area interessata delle volumetrie disponibili in base al PRG con assenza di ulteriori strumenti urbanistici di carattere generale idonei ad ampliare la predetta volumetria di area. E si sostiene che il sopravvenuto Regolamento Urbanistico avrebbe il carattere di una pianificazione generale e non meramente esecutiva. Regolamento previsto con legge regionale della Basilicata come avente una tale connotazione.
Con il secondo motivo deduce il vizio di violazione di legge regionale della Basilicata n. 23 del 1999 art. 16 comma 2 prg 1, contestandosi il dato per cui il tribunale avrebbe confuso gli atti succedutisi al vecchio prg come meri strumenti esecutivi. Mentre il Regolamento Urbanistico avrebbe previsto per l’area di interesse una edificazione diretta senza alcun rimando ad una progettazione di secondo livello. Ed il cd. “planovolumetrico” sarebbe stata mera esplicazione della attività progettuale e non progettazione di secondo livello. Come tale approvato con delibera di Giunta Comunale c on regolare procedura.
Con il terzo motivo rappresenta la violazione degli artt. 25 e 34 del DPR 327/2000 Si rappresenta che diversamente da quanto ritenuto il comune non avrebbe ceduto parte dell’area di interesse a trattativa privata, ma in limine di un regola procedimento espropriativo avviato nei suoi confronti e quindi in alternativa alla espropriazione.
Con il quarto motivo deduce vizi di violazione della legge regionale della Basilicata D sequestro sarebbe intervenuto su bene di terzo mai coinvolto nel procedimento, la cui malafede mai è stata ipotizzata e comunque si contesta la ipotizzata cooperazione fraudolenta tra più soggetti che integrerebbe nel caso in esame il reato impossibile per la varietà dei soggetti che sarebbero dovuti intervenire in sede di pianificazione. Inoltre nel caso in esame si ipotizzerebbe solo una cooperazione con funzionari comunali privi di potere decisionale e non di altri enti pur competenti. Dunque non vi sarebbe il fumus del reato anche ove mai fosse stato illegittimo l’iter culminato nella approvazione del Regolamento Urbanistico.
A seguito del ricorso proposto, è pervenuta a questa Corte rituale dichiarazione di rinuncia all’impugnazione, ai sensi dell’art. 589 comma 2 cod. proc. pen., nell’interesse della ricorrente.
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Alla stregua della predetta rinuncia, il ricorso deve essere
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dichiarato pertanto inammissibile, con conseguente onere per la ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere il pagamento delle spese del
procedimento e della somma di euro 500 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 500,00 in favore della Cassa delle
Ammende
Così deciso in Roma, il 02/07/2025
Il onsigliere estensore i