Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 7348 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 7348 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 31/01/2025
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dalla consigliera NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
1.1 soci della RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME in qualità di terzi interessati, propongono ricorso, con comuni motivi, per la cassazione dell’ordinanza del 9 settembre 2024 con la quale sono state rigettate le loro richieste di riesame avverso il decreto di sequestro preventivo dell’intero capitale sociale della società RAGIONE_SOCIALE compreso l’intero patrimonio aziendale includente le possidenze
mobiliari (conti correnti bancari; conti deposito titoli e/o obbligazioni partecipazioni azionarie; beni strumentali; avviamento commerciale; beni mobili registrati; beni immobili) nonché il sequestro finalizzato alla confisca dell’area e dei fabbricati edificati nell’area di INDIRIZZO del Comune di Usmate Velate.
I beni in oggetto sono stati sequestrati in relazione ai reati di cui ai capi 12) e 13) ascritti a NOME COGNOME e NOME COGNOME. I predetti sono sottoposti a indagini per il reato di corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio (artt. 31 321, 61 n. 2 cod. pen.) perché il COGNOME, quale pubblico ufficiale, responsabile dell’UTC del Comune di Usmate Velate per compiere un atto dell’ufficio, il rilascio del permesso di costruire n. 36 del 20 aprile 2021, accettava la promessa del versamento della somma di euro 20.000, da parte del Riva, amministratore della RAGIONE_SOCIALE nonché di illecito urbanistico (artt. 110 cod. pen. e 44, lett. c) d.P.R n. 380 del 2001) per avere lottizzato, mediante il permesso di costruzione n. 36 del 2001, l’area oggetto dell’intervento edilizio in assenza di piano di lottizzazione, in violazione dello strumento urbanistico e, in particolare, in violazione degli artt. 77, 99, 100, 101 e 102 della Disciplina generale del Piano, condotta in corso.
2.Con i motivi di ricorso sintetizzati ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc pen. nei limiti strettamente indispensabili ai fini della motivazione, i ricorrent impugnano il rigetto della richiesta di riesame del sequestro preventivo dell’area e dei fabbricati di INDIRIZZO per mancato rispetto del principio di proporzionalità e omessa motivazione sul punto. Osservano i ricorrenti che l’ordinanza impugnata è carente in ordine alla motivazione sulla violazione del principio di proporzionalità della misura adottata, con riferimento al reato di lottizzazione abusiva, in relazione alla valutazione degli interessi in gioco, coinvolti nella disposta misura, aspetto sul quale si erano concentrati i motivi di riesame proposti dai terzi interessati che avevano evidenziato come i lavori edilizi fossero quasi ultimati; che trattasi di beni non di per se’criminogeni in relazione ai quali il sequestro impatta in maniera sproporzionata potendo farsi ricorso a mezzi “meno pregiudizievoli” di competenza dell’autorità amministrativa tenuto conto sia dell’estraneità dei soci alle attività illecite ascrivibili al Riva che della circosta che gli appartamenti in sequestro sono stati oggetto di preliminari di vendita con rogito previsto entro la fine del 2024. Gli acquirenti sono certamente in buonafede e pregiudicati dalla misura.
Il sequestro si fonda, inoltre, su una controversa interpretazione dello strumento urbanistico vigente e l’ordinanza impugnata ha aderito alla ricostruzione accusatoria omettendo di confrontarsi con il parere amministrativo prodotto dal consulente della difesa secondo cui il reato urbanistico non sussiste essendo stato adottato un piano convenzionale alternativo al piano attuativo, così
come previsto dall’art. 28 del d.P.R. n. 380 cit. e tanto ciò è vero che l’autorità amministrativa non ha adottato alcuna misura di annullamento del permesso di costruire.
I ricorsi sono stati trattati con procedura scritta, ai sensi dell’art. 61 comma 1-bis cod. proc. pen. modificato dall’art. 11, comma 3, d.l. n. 29 del 6 giugno 2024, convertito, con modificazioni, dalla I. n. 120 del 8 agosto 2024 n. 120.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono proposti per motivi infondati e, pertanto, devono essere rigettati.
I ricorrenti, soci della società RAGIONE_SOCIALE proprietaria degli immobili e gestita da NOME COGNOME, sono interessati ad azionare il presente ricorso e a proporre questioni sia in merito alla sussistenza del fumus delicti che del periculum in mora, rispetto al quale rileva anche la proporzionalità della misura richiesta (cfr. in materia di sequestro impeditivo in generale Sez. 3, n. 10242 del 15/02/2024, Comune di Vitulano, Rv. 286039).
Sul primo aspetto il motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Dall’ordinanza impugnata si rileva che la società RAGIONE_SOCIALE aveva conseguito, a seguito di deposito di richiesta e documentazione del 20 aprile 2021, un permesso di costruire convenzionato per lavori di “Ristrutturazione edilizia da realizzarsi in INDIRIZZO“, lavori che, invece, consistevano in un intervento di sostituzione edilizia da attuarsi mediante la demolizione di una villa bifamiliare articolata su due piani fuori terra e la successiva costruzione di un complesso di tre palazzine composte da 24 appartamenti, un’ autorimessa interrata e una piscina di uso comune.
Secondo le regole del piano regolatore vigente (approvato con delibera del consiglio comunale numero 32 del 6 novembre 2008 e poi rettificato nel dicembre 2013 e nell’aprile 2019), le aree oggetto di intervento sorgevano in zona T3 e la loro trasformazione edificatoria era sottoposta alla previa approvazione di uno strumento urbanistico attuativo.
Il consulente del pubblico ministero, le cui conclusioni sono state condivise nel provvedimento genetico e poi dall’ordinanza impugnata, ha evidenziato che si era in presenza di un intervento di nuova costruzione che integrava una lottizzazione cd. cartolare ovvero anche materiale.
L’intervento edilizio effettuato dalla società costruttrice avrebbe, infatti, richiesto quantomeno il potenziamento delle opere di urbanizzazione già esistenti, atteso che al posto di una villa bifamiliare erano state costruite tre palazzine con 24 appartamenti e conseguente triplicazione del peso insediativo; l’opera, inoltre, si sarebbe discostata dalle caratteristiche morfologiche largamente prevalenti in zona di cui il vigente P.G.T. imponeva la conservazione.
L’ordinanza impugnata, a pag. 5, ha esaminato specificamente i rilievi difensivi sul punto della necessità o meno, per procedere all’intervento edilizio, di uno strumento attuativo dello strumento urbanistico generale essendo insufficiente il permesso di costruire convenzionato, un provvedimento che si inquadra nell’ambito della semplificazione amministrativa perché attua le previsioni del P.R.G. senza ricorrere allo strumento del piano attuativo, ma ha ritenuto che tale strumento è adottabile solo nell’ipotesi di interventi non particolarmente complessi e tali da non comportare una trasformazione urbanistica del territorio che, invece, ricorre nel caso in esame in cui l’intervento edilizio assentito stravolge l’area di edificazione modificandone l’assetto urbanistico (da ville/villini a palazzine) con un radicale aumento del carico urbanistico di zona, di cui viene significativamente, aumentata l’antropizzazione. Rileva, infine, l’ordinanza impugnata che le aree in cui è possibile ricorrere al permesso di costruire convenzionato devono, comunque, essere individuate e definite nello strumento urbanistico generale, individuazione e definizione nel caso non sussistenti.
Il Tribunale, richiamando la giurisprudenza di questa Corte, ha evidenziato che il concetto di “ristrutturazione” pur ampliato dalle leggi nn. 120 del 2020 e 191 del 2021, fino a ricomprendervi i casi di demolizione e ricostruzione di edifici preesistenti con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planovolumetriche e tipologiche, presuppone sempre una certa conservazione del preesistente, atteso che altrimenti verrebbe eliminata qualsivoglia distinzione tra le nozioni di ristrutturazione edilizia e nuova costruzione, che il legislatore ha, comunque, mantenuto ferma.
Nell’ordinanza è stata, infine, evidenziata l’erroneità dell’attribuzione al progetto di un impatto paesaggistico con indicatore tre, corrispondente ad un impatto paesistico sotto la soglia di rilevanza.
Tale giudizio è smentito, secondo il Tribunale, dal fatto che: 1. si trattava di una nuova edificazione con un peso insediativo che triplicava la consistenza della villa bifamiliare preesistente; 2. che le caratteristiche morfologiche si discostavano da quelle presenti nel contesto (perché per esempio negli edifici di nuovo progetto erano totalmente assenti le falde di copertura); 3. perché la tipologia prevalente in zona era costituita da ville unifamiliari bifamiliari o schiera a due piani fuori terr l i T/
e la presenza di palazzine ed appartamenti era infrequente se non del tutto assente. Una corretta valutazione delle circostanze oggettive avrebbe imposto l’attribuzione al progetto di una classe di incidenza anche solo bassa con una conseguente modifica dell’indicatore dell’impatto paesistico a pari a sei.
Le conclusioni che si sono riportate estrapolandole dall’ordinanza impugnata dimostrano, smentendo l’assunto dei ricorrenti, che è stato specificamente esaminato anche il fumus della contravvenzione edilizia (e non solo del reato di corruzione che, nella prospettazione accusatoria, avrebbe agevolato, attraverso la tangente erogata al Colombo il rilascio del permesso di costruire convenzionato, in luogo di quello attuativo) nonché le deduzioni del consulente di parte secondo cui, invece, la tipologia di intervento eseguito era stata legittimamente assentita attraverso il permesso di costruire convenzionato.
In sintesi l’ordinanza impugnata, che rinvia al titolo genetico, sulla base delle evidenze di fatto innanzi illustrate ha fatto coerente applicazione della giurisprudenza di questa Corte sia nel ritenere configurabile nei lavori eseguiti una nuova costruzione, valorizzando la carenza di caratteristiche funzionali o identitarie coincidenti con quelle del corpo di fabbrica preesistente (Sez. 3, n. 1670 del 6/10/2022 , Severini, Rv. 284056), sia nel ritenere configurabile, alla stregua delle caratteristiche dell’intervento assentito e in buona parte realizzato, di una lottizzazione abusiva sussumibile nella fattispecie di cui all’art. 44, lett. c) d.P.R n. 280 del 2001 che prescinde, per la sussistenza dell’elemento oggettivo, dal concreto accertamento degli specifici interventi di urbanizzazione, primaria e secondaria, correlati alla condotta contestata, essendo sufficiente la ritenuta rilevanza delle opere edificatorie eseguite rispetto alla riserva di pianificazione urbanistica, che, se riconosciuta alterata per effetto dell’imponenza e delle dimensioni delle opere stesse, ne risente anche sul piano degli interventi di urbanizzazione da farsi (Sez. 3, n. 37639 del 15/02/2024, Polese, Rv. 287047).
La tipologia dell’intervento assentito e delle opere realizzate consente, inoltre, di rilevare che la lottizzazione abusiva concerne l’intervento edilizio nel suo complesso e non già singole parti o interventi di settore.
2.La sussistenza del fumus del reato di lottizzazione abusiva costituisce la logica premessa per l’esame del secondo motivo di ricorso: i ricorrenti, come si è detto in premessa, sono società o persone fisiche soci della RAGIONE_SOCIALE che ha progettato ed eseguito i lavori, quasi ultimati a fine del 2024, e già oggetto di compravendite a favore di privati.
Il Tribunale del riesame, secondo i ricorrenti, non ha valutato la sproporzione del sequestro impeditivo in corso, perché non ha esaminato adeguatamente gli interessi in gioco facenti capo ai promissari acquirenti in buona fede e non ha
tenuto in debito conto la circostanza che la confisca degli immobili costituisce solo una misura residuale rispetto alle legittime determinazioni dell’autorità amministrativa (Corte Cost. sentenza n. 146 del 2021).
Rileva il Collegio che i ricorrenti azionano una pretesa che trova il suo fondamento non nei titoli di acquisto degli immobili realizzati (come i terzi acquirenti degli immobili, per i quali la buona fede si presume), ma nel rapporto con la società costruttrice che è la persona giuridica proprietaria dell’area abusivamente lottizzata e che riceve i vantaggi e le utilità conseguenti al reato, in quanto committente degli interventi realizzati e parte dei relativi atti negoziali e di ogni altra attività all’uopo posta in essere.
I soci della società a responsabilità limitata, astrattamente aventi titolo alla restituzione poiché in un procedimento di cognizione potrebbero essere chiamati in causa dagli acquirenti, a differenza dei terzi acquirenti, dovrebbero, in realtà, dimostrare la propria buona fede non già avvalendosi della posizione di costoro, ma dimostrando di avere, in qualità di soci, esercitato i diritti di informazione e di consultazione, ai sensi dell’art. 2476 cod. civ. , funzionali ai poteri di controllo dell gestione della società, rimessa all’amministratore.
Nel caso in esame nulla è detto in proposito: tuttavia, la dimostrazione della buona fede non svolge, come di seguito precisato, un ruolo decisivo ai fini della richiesta restituzione dei beni. Il disposto sequestro preventivo è, infatti, strutturalmente configurato, nel provvedimento genetico e nell’ordinanza impugnata, come sequestro impeditivo ai fini della confisca obbligatoria di terreni e immobili oggetto di un’operazione di lottizzazione, riconducibile alla fattispecie di cui all’art. 44, lett. 9, d.P.R. n. 380 del 2000.
3.Rileva il Collegio che i principi di adeguatezza e proporzionalità del sequestro si sono ormai affermati come criteri guida nell’adozione delle misure di sequestro, nelle varie forme e tipologie, sia per la realizzazione delle finalità impeditive che di quelle serventi e funzionali alla necessità di garantire l’esecuzione della confisca.
In relazione alla confisca urbanistica, peraltro, il principio della proporzionalità del sequestro si declina in chiave necessariamente prospettica, ritagliata sulla natura, tipologia e caratteristiche di tale confisca e dei suoi connotati di “proporzionalità”.
La natura della confisca urbanistica e la sua proporzionalità – in quanto misura totalizzante sui beni che ne sono oggetto – sono state esaminate dalla Corte Costituzionale che con sentenza n. 146 del 2021 (che i ricorrenti hanno, in parte richiamato), ha dichiarato inammissibile la questione della illegittimità costituzionale dell’art. 44, comma 2, d.P.R. n. 380 del 6 giugno 2011, sollevata con riferimento all’art. 1 del Protocollo addizionale alla CEDU, escludendo che,
come suggerito dal Tribunale rimettente, il giudice delle leggi potesse fare ricorso ai suoi poteri per introdurre un sistema di graduazione della misura, per attenuarne la portata e gli effetti rispetto al reato di lottizzazione abusiva cui essa accede.
Al di là delle valutazioni sottese all’esercizio del potere integrativo della Corte Costituzionale, sono interessanti, in relazione ai temi proposti dai ricorrenti, l’inquadramento sistematico della confisca in esame, la sua relazione con il principio di proporzionalità di cui all’art. 1 Prot. Add. CEDU (che la Corte Costituzionale aveva già esaminato con la sentenza n. 112 del 2019) in rapporto con il diritto degli Stati «di emanare leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare l’uso dei beni in modo conforme all’interesse generale o per assicurare il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle ammende».
La Corte Costituzionale, che ha richiamato, sulla scorta del diritto vivente, le vie di tutela offerte agli interessati (in particolare i terzi acquirenti degli immobil a fronte dell’ablazione realizzata dalla confisca, ha rilevato che la lottizzazione abusiva è contrassegnata, nel sistema degli illeciti urbanistici, da un grado di offensività particolarmente elevato, in quanto attenta alla stessa funzione programmatoria urbanistica e perché è idonea a dar luogo a un’alterazione strutturale (e in taluni casi irreversibile) delle caratteristiche morfologiche e funzionali del territorio, atteso che «mette di fronte al fatto compiuto di insediamenti disordinati e privi dei requisiti di vivibilità, ossia potenzialmente privi di servizi e delle infrastrutture necessarie al vivere civile» (Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenza 17 luglio 2020, n. 4604).
Proprio queste caratteristiche sono state poste a fondamento del complesso sistema sanzionatorio che circonda il reato di lottizzazione e la confisca urbanistica e che vede il giudice intervenire in via tendenzialmente suppletiva, mediante l’adozione della misura ablatoria, solo laddove a tale esito non si sia giunti per effetto della previa adozione, da parte del Comune, dei provvedimenti previsti dall’art. 30, commi 7 e 8, del d.P.R. n. 380 del 2001 e delle altre, eventuali, determinazioni dell’autorità amministrativa.
Osserva la Corte Costituzionale che tale specifico concorso di strumenti (amministrativi e giudiziale), volti al ripristino dell’interesse pubblico les dall’abusivo intervento lottizzatorio, denota peraltro l’impossibilità di applicare a quest’ultimo forme di sanatoria riconosciute dalla legislazione urbanistica, come quella contenuta nell’art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001, riferita a differenti interventi abusivi e vincolata al requisito della “doppia conformità”, strumento che la Corte Costituzionale aveva già esaminato con la sentenza n. 148 del 1994, in cui aveva chiarito come il diverso regime tra le due fattispecie «si fonda su peculiarità di fatto in ordine alle situazioni apprezzate dal legislatore che, lungi
-)
dall’essere determinate dalle norme denunziate, attengono all’entità degli interessi urbanistici compromessi nei due casi».
In conclusione, la Corte Costituzionale, pur avendo chiarito che la natura amministrativa della sanzione in esame non è di per sé incompatibile con il fatto che essa debba essere irrogata nel rispetto di quanto prevede l’art. 7 CEDU per le sanzioni di natura punitiva; che «non può dubitarsi che il principio di proporzionalità della sanzione rispetto alla gravità dell’illecito sia applicabile anche alla generalità delle sanzioni amministrative»; che la confisca, per la sua incidenza sulla sfera patrimoniale del singolo, sia vincolata anche al rispetto del principio di proporzionalità di cui all’art. 1 Prot. addiz. CEDU, ha ribadito che la valenza generale di tale principio non osta a che tale principio si atteggi in modo diverso, offrendo corrispondentemente una tutela di diversa intensità, a seconda della struttura delle fattispecie sanzionatorie e delle finalità da esse perseguite.
Osserva il Collegio che, anche a volere analizzare la proporzionalità della confisca alla stregua dei criteri indicati nella sentenza RAGIONE_SOCIALE e altri contr Italia, allo stato – e il Tribunale nell’ordinanza impugnata non ha mancato di rilevarlo – non sono stati indicati dai ricorrenti elementi che possano essere presi in considerazione per valutare la proporzionalità della confisca e, quindi dell’odierno sequestro preventivo, calibrandolo in misura diversa da quella dell’apprensione dell’intero comparto lottizzato, misura che potrebbe consistere, ad es. nella demolizione di opere non conformi; nell’annullamento del progetto di lottizzazione; nella selezione di aree non edificate o appartenenti a terzi che residuino all’intervento (cartolare e materiale) di lottizzazione.
Consegue dalle considerazioni svolte che i ricorsi devono essere rigettati affermando che la confisca, per la sua incidenza sulla sfera patrimoniale del singolo, deve essere vincolata anche al rispetto del principio di proporzionalità di cui all’art. 1 Prot. addiz. CEDU; che, in chiave prospettica, anche il periculum in mora del sequestro preventivo deve essere accertato attraverso la verifica della pertinenza delle aree e delle eventuali opere confiscabili a quelle direttamente interessate dall’attività lottizzatoria sulla base di un accertamento effettuato dal giudice, fondato su dati materiali oggettivi e supportato da adeguata e specifica motivazione. Rileva, inoltre, ai fini della proporzionalità del sequestro preventivo finalizzato alla confisca urbanistica, la presenza accertata di elementi quali la possibilità di adottare misure meno restrittive, la demolizione delle opere non conformi alle disposizioni pertinenti, l’annullamento del progetto di lottizzazione ovvero il riconoscimento ex post della legittimità della lottizzazione quali circostanze che possono incidere sulla proporzionalità della confisca urbanistica e del sequestro preventivo ad essa funzionale.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 31 gennaio 2025
La Consigliera relatrice
La PresidenL