Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 13819 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 13819 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/03/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME nato a ROMA il 12/12/1972
NOME nato a ROMA il 09/11/1953
avverso la sentenza del 28/05/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME uditi il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi e l’avv.to COGNOME COGNOME Vincenzo, difensore degli imputati, che ne ha chiesto l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 28/5/2024, la Corte d’appello di Roma, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Civitavecchia in data 20/7/2020, che aveva ritenuto Esigibili NOME e NOME NOME responsabili dei reati di cui agli artt. 30 e 44 lett. c) d.P.R. 380/2001 e 181 d.lgs. 42/2015 ed, Esigibili, del reato di cui all’art. 349 cod. peri, e, NOME, di quello di cui agli artt. 54 e 1161 del della navigazione, condannandoli alla pena ritenuta di giustizia e disponendo la confisca “del terreno abusivamente lottizzato di cui al decreto di sequestro preventivo emesso dal GIP in data 4/8/2016 e delle opere abusivamente costruite”, prosciolse gli imputati dai reati per cui era intervenuta condanna rilevando la prescrizione dei medesimi confermando la confisca.
Avverso la sentenza hanno proposto ricorso per cassazione COGNOME e Esigibili che, con il primo motivo, denunciano la viplazione dell’art. 25 della Costituzione e dell’art. 2 cod. pen. nella “parte in cui dispongono che nessuno possa essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso” e il deficit di motivazione.
Si assume che NOME era stata tratta a giudizio nella qualità di presidente dell’associazione culturale “Riva di Ponente”, proprietaria e committente delle opere abusivamente realizzate sul terreno sito nel Comune di Ladispoli, distinto in catasto al fg. 68 p.11a 985 ma la condanna del Tribunale era fondata sul fatto che l’associazione aveva gestito e utilizzato l’area in questione, ossia su una relazione con il bene che non rientrava nello spettro della norma incriminatrice.
In relazione a COGNOME si rileva che lo stesso era stato tratto a giudizio per reato di lottizzazione abusiva in quanto custode giudiziario dell’area ma nessun collegamento era stato accertato fra la qualifica e il reato.
Si ribadisce, quindi, che l’area era di proprietà della RAGIONE_SOCIALE Porto Riva che tuttavia, era sempre rimasta estranea ai procedimenti penali instauratosi in relazione alle modiche intervenute.
Con il secondo motivo si deduce la violazione dell’art. 649 cod. proc. pen. e il deficit di motivazione.
Si espone che, con il sequestro del 20/8/2016, vennero sottoposti a sequestro gli stessi manufatti “processati nel proc. 3890/2011” con l’unica differenza, rispetto ai reati di abuso edilizio oggetto di quel processo, della configurazione del reato di lottizzazione abusiva, in palese violazione, quindi, del divieto di cu all’art. 649 cod. proc. pen., operando il principio secondo cui “electa una via altera non datur”.
Con il terzo motivo, si denuncia la violazione dell’art. 157 cod. pen. e il vizio di motivazione per la mancata valutazione della testimonianza del teste NOME COGNOME e l’omesso esame di documentazione decisiva. Si deduce che la Corte territoriale per collocare l’estinzione dei reati in epoca successiva alla sentenza di primo grado, così da confermare la confisca, aveva fatto assurgere a elemento di lottizzazione “una volumetria in legno e tavolame e una tettoia e le opere di scavo e installazione per adeguare l’impianto elettrico e installare un gruppo elettrogeno”, ossia “fatti che nulla aggiungono o variano nella consistenza degli impianti in essere da decenni e che equivalgono alla sostituzione di una lampadina spenta perché usurata dal tempo”.
Si osserva quindi che:
il teste COGNOME aveva dichiarato che già nell’anno 1997 si “era servito del ristorante”;
in data 8/7/2003 il Comune aveva autorizzato l’allaccio alla rete fognante delle condotte di scarico dei manufatti realizzati nell’area in contestazione;
il 12/6/1995 era stato comunicato al Comune il miglioramento delle strade esistenti e il 1/12/2009 la società cui era stata appaltata la realizzazione di una scogliera artificiale aveva comunicato che avrebbe ripristinato la pavimentazione in asfalto in caso di danneggiamenti;
la recinzione del ristorante era documentata dalle stampe di Google Earth del 10/3/2009;
nessuna nuova edificazione era stata realizzata fra il 2012 e il 2015.
Con ultimo motivo, si denuncia la violazione dell’art. 240 cod. pen. sostenendo che “il giudice” avrebbe dovuto dichiarare l’estinzione dei reati in conformità ai principi enunciati dalle Sezioni unite della Corte di cassazione che vieta al giudice la prosecuzione del giudizio al solo fine di accertare la sussistenza della lottizzazione”.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibile risultando le censure in cui si articolano non supportate da un concreto interesse che giustifichi le impugnazioni e, comunque, generiche o non proponibili in sede di legittimità.
L’allegazione difensiva prospetta che l’area confiscata sia di proprietà della RAGIONE_SOCIALE Porto Riva di Ponente, della quale non viene prospettato che COGNOME e COGNOME siano soci o legali rappresentanti, sicché – non essendo stati sul punto dedotti ulteriori elementi – non è dato individuare un concreto interesse che giustifichi l’impugnazione.
Questa Corte ha già affermato, principio che va qui ribadito, che, in tema di lottizzazione abusiva, in difetto dell’allegazione di uno specifico interesse concreto ed attuale, è inammissibile il ricorso per cassazione proposto dall’imputato prosciolto per intervenuta prescrizione con il quale è dedotta l’illegittimità della confisca disposta ai sensi dell’art. 44, comma 2, d.P.R. giugno 2001, n. 380, dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite appartenenti a terzi (Sez. 3, n. 30424 del 12/5/2022, Renga; conf. Sez. 3, n. 37113 del 14/6/2023, Foti; Sez. 3, n. 26511 del 16/3/2023, Scarano; Sez. 3, n. 372 del 09/10/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278274 – 01; Sez. 3 n. 16580/2022, non mass.; Sez. 3, n. 11295/2022, non mass., Sez. 3 n. 33419/2021, non mass.).
Ai sensi dell’art. 568, comma 4, cod. proc. pen., infatti, la proposizione dell’impugnazione presuppone che l’impugnante sia portatore di un interesse
concreto ed attuale, che ha l’onere di allegare e che va apprezzato con riferimento all’idoneità dell’esito finale del giudizio ad eliminare la situazio giuridica denunciata come illegittima o pregiudizievole per la parte (Sez. 2, n. 4974 del 17/01/2017, COGNOME, Rv. 268990; Sez. U, n. 7 del 25/06/1997, COGNOME e a., Rv. 208165).
Tale principio si attaglia al caso in esame: i ricorrenti, infatti, non allega quale sia il loro interesse, concreto ed attuale, a dolersi rispetto ad una sanzione che ricade in danno di una società di cui non fanno parte.
Come già anticipato, il difetto di legittimazione non costituisce l’unica causa di inammissibilità che preclude l’accoglimento dei ricorsi.
La ricostruzione dei fatti cui è pervenuto il Tribunale, richiamata dalla Corte territoriale, non è stata oggetto di specifiche censure da parte dei ricorrenti per cui deve ritenersi accertato che fra l’ottobre 2015 e l’agosto 2016 era stato adeguato ai nuovi standard previsti l’impianto elettrico preesistente, che serviva i manufatti abusivi insistenti sull’area nella disponibilità dell’associazione RAGIONE_SOCIALE Riva di Ponente, con l’esecuzione di opere di scavo e con l’installazione di un gruppo elettrogeno che avrebbe consentito di sopperire alle situazioni di emergenza.
Non risulta neppure oggetto di censure la conclusione cui pervengono i giudici di merito secondo cui il complesso degli interventi realizzati sul terreno, consistiti, come si rileva dalla sentenza impugnata, nella realizzazione di un’area per la sosta dei camper, “servita da impianti interrati per la distribuzione dei servizi (acqua, energia elettrica, fogna), e nell’edificazione di “varie oper abusive”, “adibite a locali per la ristorazione e bar”, avevano determinato una trasformazione urbanistica e edilizia dell’area, rientrante nel perimetro della “palude di INDIRIZZO“, classificata come zona protetta dal decreto istitutivo del Presidente della Giunta regionale n. 613 del 24/3/1997, in palese violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici e in assenza di qualunque autorizzazione.
Ponendo in ordine logico le questioni sollevate dai ricorrenti, è necessario, in primo luogo, verificare se le conclusioni cui sono pervenuti i giudici di merito in relazione al momento consumativo del reato di lottizzazione abusiva presentino i vizi denunciati dai ricorsi.
Entrambi i giudici di merito hanno affermato che la contravvenzione di lottizzazione abusiva è reato a forma libera e progressivo nell’evento e hanno quindi ritenuto che, ai fini della consumazione del reato, assumono rilevanza:
le opere di scavo e installazione del gruppo elettrogeno per adeguare l’impianto elettrico e sopperire alla carenza di energia elettrica eseguite fra l’ottobre 2015 e l’estate del 2016;
l’adibizione di molti dei manufatti in sequestro a locali per la ristorazione, i relazione alle quali veniva negato, valorizzando il verbale di sequestro, che fosse stata rilasciata dall’autorità giudiziaria l’autorizzazione a utilizzare le strut abusive ai fini della prosecuzione dell’attività imprenditoriale.
Da tali premesse i giudici di merito sono pervenuti alla conclusione che gli interventi sull’impianto elettrico e l’utilizzo dei manufatti “a scopo di ristorazio si erano risolti in uno “sfruttamento del territorio del tutto incompatibile c l’asservimento alle finalità di pubblica fruizione imposte sull’area idoneo a perpetuare e ad approfondire l’offesa al bene giuridico protetto dall’incriminazione” (pag. 10 della sentenza del Tribunale). La condotta lottizzatoria, quindi, secondo i giudici di merito, si era protratta oltre l’ott 2015 così da comportare il concorso dei ricorrenti e il differimento a dopo tale mese del decorso del termine di prescrizione.
E’ opinabile se l’utilizzazione del territorio in perdurante contrasto con gl strumenti urbanistici possa o meno incidere sul momento consumativo del reato di lottizzazione abusiva, contrapponendosi alla pronuncia richiamata dal Tribunale ( Sez. 3, n. 44836 del 6/2/2018) un più recente orientamento che ne sancisce l’irrilevanza ( Sez. 3, n. 12459 del 13/1/2021, Merico, Rv. 281576/01; Sez. 3, n. 11389 14/12/2013, (dep. 2024), Oddo).
E’ però indubbio che l’intervento sul sistema elettrico che serve gli immobili abusivi e le aree di sosta, in quanto strettamente funzionale a permettere la prosecuzione dello sfruttamento a fini imprenditoriali di un’area non urbanizzata, quale quella nella disponibilità dell’Associazione Riva di Ponente, in contrasto con la pianificazione urbanistica, contribuì ad accentuare la compromissione delle scelte di destinazione dell’autorità pubblica.
Non è controverso, nel panorama giurisprudenziale, che qualunque tipo di intervento che contribuisca a conferire un differente assetto urbanistico ad una porzione del territorio comunale in violazione delle prescrizioni stabilite dall leggi statali o regionale o della strumentazione urbanistica può rientrare nello spettro di applicazione della norma incriminatrice contestata (Sez. 3, n. 37639 del 15/02/2024, Polese, Rv. 287047 – 02; Sez. 3, n. 21910 del 07/04/2022, Licata, Rv. 283325 – 03; Sez. 3, n. 20390 del 7/4/2004, COGNOME, Rv. 22861201, relativa alla realizzazione di un parcheggio per automezzi pesanti, che aveva comportato la trasformazione di un’area molto estesa, in assenza di qualunque intervento programmatorio sottoposto al controllo della P.A.).
La conclusione cui pervengono i giudici di merito, che fanno decorrere il termine di prescrizione dagli ultimi degli interventi volti a perpetuare e rendere più redditizio lo sfruttamento non consentito dell’area, non è quindi illogica e risulta conforme alle posizioni della giurisprudenza di legittimità che già con la sentenza a Sezioni unite n. 4708 del 24/04/1992, COGNOME aveva precisato che: «sussiste il reato di lottizzazione abusiva anche quando l’attività posta in essere sia successiva agli atti di frazionamento o ad opere già eseguite, perché tali attività iniziali, pur integrando la configurazione del reato, non definiscono l’i criminoso che si perpetua negli interventi che incidono sull’assetto urbanistico. Infatti, tenuto conto che il reato in questione è, per un verso, un reato a carattere permanente e progressivo e per altro verso a condotta libera, si deve considerare in primo luogo che non vi è alcuna coincidenza tra il momento in cui la condotta assume rilevanza penale e il momento di cessazione del reato, in quanto anche la condotta successiva alla commissione del reato dà luogo ad una situazione antigiuridica di pari efficacia criminosa; in secondo luogo che se il reato di lotti zzazione abusiva si realizza anche mediante atti negoziali diretti al frazionamento della proprietà, con previsioni pattizie rivelatrici dell’attentato potere programmatorio dell’autorità comunale, ciò non significa che l’azione criminosa si esaurisca in questo tipo di condotta perché l’esecuzione di opere di urbanizzazione primaria e secondaria ulteriormente compromettono le scelte di destinazione e di uso del territorio riservate alla competenza pubblica».
Una volta stabilito che il momento consumativo del reato deve essere individuato nel compimento dell’ultimo atto integrante la condotta illecita, che può consistere nella stipulazione di atti di trasferimento, nell’esecuzione di opere di urbanizzazione o nell’ultimazione dei manufatti che compongono l’insediamento, la prescrizione del reato deve essere collocato dopo la sentenza del Tribunale, essendo pacifico che le opere di scavo e l’adeguamento dell’impianto elettrico, strettamente funzionali, giova ribadirlo, all’attivit ristorazione gestita sfruttando i manufatti abusivi, intervennero dopo l’ottobre del 2015.
A tale coerente ricostruzione dei giudici di merito i ricorren contrappongono una analisi parcellizzata ed atomistica che mira a valorizzare l’epoca di realizzazione delle singole opere che hanno permesso lo stravolgimento della destinazione dell’area senza collegarli fra di loro e valutarli nella loro globalità.
Tanto basta per disattendere i motivi prospettanti la violazione degli artt. 157 e 240 cod. pen.
E’, poi, noto che, ai fini della preclusione connessa al principio del “ne idem”, l’identità del fatto sussiste solo quando vi sia corrispondenza st naturalistica nella configurazione del reato, considerato in tutti i suoi e costitutivi (condotta, evento, nesso causale) e con riguardo alle circosta tempo, di luogo e di persona. La prosecuzione dell’iter criminoso ancora l’ottobre 2015 e l’agosto 2016, quindi, con un intervento che non rientr quelli contestati nei precedenti giudizi, esclude in radice la possib configurare la violazione dell’art. 649 cod. pen. con riferimento ai pro richiamati nei ricorsi (4753/2006 e 3890/11).
I giudici di merito, inoltre, sottolineano che i precedenti giudizi non e mai a oggetto il reato di lottizzazione abusiva ma quelli integrati dall’ edificatoria senza il rilascio del permesso di costruire e delle autoriz rilasciate dagli enti preposti alle gestione dei vincoli gravanti sull’area. A rilievo risulta appropriato avendo la giurisprudenza di legittimità precisato preclusione non opera ove tra i fatti irrevocabilmente giudicati e quelli anco giudicare sia configurabile un’ipotesi di concorso formale dei reati potendo caso la stessa fattispecie essere riesaminata sotto il profilo di una violazione di legge ( Sez. 4, 21/10/2021, COGNOME, Rv. 282263), salvo che precedente giudizio sia stata dichiarata l’insussistenza del fatto o la m commissione di esso da parte dell’imputato ( Sez. 3, n. 55474 del 23/02/20 COGNOME; Sez. 3, n. 50310 del 18/09/2014, COGNOME, Rv. 261516 – 01).
Venendo alla censura relativa ai titoli di responsabilità che collega lottizzazione abusiva ai ricorrenti, le sentenze valorizzano la gestione del sin dal 1988, da parte dell’Associazione Riva di Ponente, di cui COGNOME presidente nel 2015, tant’ è che era a sua firma la comunicazione di i demolizione dei manufatti non sottoposti a sequestro del 2/9/2015. In relazi a COGNOME, figlio di COGNOME e in precedenza a sua volta presidente dell’assoc è l’incarico di custode dei beni interessati dai lavori di adeguamento dell’im elettrico realizzati in aperta violazione del vincolo apposto dall’autorità giu sui manufatti che, per i giudici di merito, giustifica l’attribuzione del lottizzazione abusiva.
Il ragionamento probatorio sviluppato dai giudici di merito non prese incongruenza alcuna rilevando che il possesso dell’area e lo sfruttamento c ristorante delle opere abusive rendeva Lirosi e Esigibili gli unici interess realizzazione dell’intervento e, comunque, la loro collaborazione indispensa per l’esecuzione delle opere. Ricorrono, quindi, una pluralità di indizi, precisi e concordanti, afferenti all’esclusiva disponibilità dell’area, all specifico a effettuare l’intervento abusivo e all’obbligo gravante sul cust
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impedirlo, che dimostrano la partecipazione effettiva dei ricorrenti all’illecit trasformazione urbanistica dell’area. E’ evidente che non vi è alcun margine per
l’adozione di una sentenza di assoluzione nel merito ai sensi dell’art. 129 cod.
proc. pen.
8. Alla stregua delle considerazioni svolte, i ricorsi devono essere dichiarati inammissibilg, con conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle
spese processuali, nonché- ravvisandosi, per quanto sopra argomentato, profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al versamento a
favore della Cassa delle ammende di una somma che, alla luce di quanto affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000 e dei profili di
inammissibilità rilevati, si stima equo determinare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso il 5/3/2025