Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 37398 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 37398 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/10/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da
NOME COGNOME, nato in Romania il DATA_NASCITA
NOME NOME, nato a Palermo il DATA_NASCITA
NOME, nato in Egitto il DATA_NASCITA
NOME, nato in Romania il DATA_NASCITA
COGNOME NOME, nato ad Aversa il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/11/2024 del la Corte d’appello di Roma visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi; udito i difensori, AVV_NOTAIO, NOME COGNOME ed NOME COGNOME, il primo quale difensore di NOME nonché quale sostituto dell’AVV_NOTAIO per NOME NOME, la seconda quale difensore di NOME nonché quale sostituto dell’AVV_NOTAIO per NOME COGNOME, e il
terzo quale difensore di COGNOME NOME, che hanno chiesto l’accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa in data 28 novembre 2024, la Corte d ‘ appello di Roma, per quanto di interesse in questa sede, ha confermato la sentenza del Tribunale di Roma del 20 aprile 2016 nella parte in cui aveva dichiarato l’estinzione per prescrizione del reato di lottizzazione abusiva nei confronti di NOME COGNOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME ed aveva però ordinato la confisca di un terreno agricolo e dei soprastanti manufatti, per il medesimo reato.
Secondo quanto ricostruito dai Giudici di merito, gli attuali ricorrenti, unitamente ad altre persone, avrebbero concorso nella realizzazione della lottizzazione illegale di un fondo ubicato in zona agricola, con condotte in corso di esecuzione l’1 giugno 2010. Precisamente, la lottizzazione sarebbe effettuata in violazione dello strumento urbanistico e di autorizzazioni del Comune mediante frazionamento e vendita di un fondo in numerosi lotti e successiva esecuzione di opere abusive, costituite da manufatti residenziali, baracche, capanni, capannoni, recinzioni, cancelli e tettoie; gli attuali ricorrenti avrebbero contribuito alla realizzazione dell’illecito rendendosi acquirenti di singoli lotti.
Hanno presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello indicata in epigrafe NOME COGNOME, con atto sottoscritto dall’AVV_NOTAIO, NOME, con atto sottoscritto dall’AVV_NOTAIO, NOME, con atto sottoscritto dall’AVV_NOTAIO COGNOME, NOME COGNOME, con atto sottoscritto dall’AVV_NOTAIO, e COGNOME NOME, con atto sottoscritto dall’AVV_NOTAIO.
3. Il ricorso di NOME COGNOME è articolato in un unico motivo.
Con il motivo, si denunciano violazione di legge , in riferimento all’art. 44, comma 2, d.P.R. n. 380 del 2001, nonché vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e) , cod. proc. pen., avuto riguardo alla ritenuta sussistenza del reato di lottizzazione abusiva sotto i profili oggettivo e soggettivo.
Si deduce che l’affermazione della sussistenza degli elementi necessari per l’integrazione del reato di lottizzazione abusiva è illegittima, perché l’istruttoria dibattimentale compiuta, consistita esclusivamente in acquisizioni di documenti prodotti dal Pubblico Ministero, non è stata completata in modo sufficiente per un preciso accertamento dei fatti. Si rappresenta che i documenti acquisiti hanno un
contenuto neutro, e, per comprenderne l’effettivo significato, sarebbe stato necessario procedere all’esame dei testimoni di riferimento. Si segnala, in particolare, che: a) gli atti notarili, pur se relativi a quote pro indiviso , non possono certo dimostrare la consapevolezza dei singoli acquirenti di concorrere ad una lottizzazione negoziale; b) i rilievi fotografici aerei al più, e non sempre, recano una data scritta a penna, ma non consentono, da soli, di poter rilevare quando sia stata effettuata l’att ività edificatoria, né di poter escludere la destinazione agricola dei manufatti, quali depositi o magazzini; c) scarsa concludenza hanno anche tre fotografie datate 1 marzo 1995, ritraenti alcuni manufatti asseritamente abusivi all’epoca già esistenti sul fondo; d) il completamento dell’istruttoria avrebbe permesso di dimostrare la completa urbanizzazione dell’area nella quale si trovano i fondi oggetto dell’asserita lottizzazione abusiva. Si osserva, poi, che, con riguardo a diversi imputati, tra i quali l’attuale ricorrente, NOME COGNOMECOGNOME mancano persino il contratto di compravendita e la domanda di accatastamento, o fotografie idonee a documentare lo svolgimento di attività edificatoria abusiva da parte degli stessi. Si espone, quindi, che l’attuale ricorrente aveva depositato lista testi, allegata al ricorso, nella quale si chiedeva l’esame de i notai i quali avevano pred isposto l’atto di compravendita, e persone in grado di riferire sulla preesistenza delle opere al momento in cui egli aveva acquistato il lotto nonché sulla vocazione agricola delle stesse, ma anche perizia per accertare l’urbanizzazione complessiva della zona e dell’incidenza su di essa della trasformazione del terreno oggetto di confisca.
Il ricorso di NOME COGNOME è articolato in tre motivi, preceduti da una premessa sullo svolgimento delle indagini e del processo.
4.1. Con il primo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento agli artt. 44, comma 2, d.P.R. n. 380 del 2001 e 129 cod. proc. pen., avuto riguardo alla ritenuta sussistenza del reato di lottizzazione abusiva.
Si deduce che l’affermazione della sussistenza degli elementi necessari per l’integrazione del reato di lottizzazione abusiva è illegittima, perché non vi è stato un accertamento dibattimentale in ordine agli stessi. Si rimarca che la sentenza dichiarativa dell’estinzione del reato per prescrizione è stata pronunciata nell’udienza successiva a quella di apertura del dibattimento, e che, di conseguenza, la decisione è stata assunta esclusivamente sulla base dei documenti depositati dal Pubblico Ministero. Si osserva che, in questo modo, è mancato un accertamento sostanziale di colpevolezza conforme alle garanzie processuali, come invece richiesto dalla giurisprudenza della Corte EDU e della Corte costituzionale.
4.2. Con il secondo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento agli artt. 6 e 7 CEDU cod. proc. pen., avuto riguardo alle forme di accertamento della sussistenza del reato di lottizzazione abusiva.
Si deduce che l’affermazione della sussistenza degli elementi necessari per l’integrazione del reato di lottizzazione abusiva è illegittima, perché è stato violato il diritto degli imputati ad essere ascoltati. Si rileva che l’accertamento dei fatti è avvenuto sulla base della mera produzione documentale del Pubblico Ministero, in violazione, in particolare, dell’art. 6, § 3, lett. d) , CEDU, il quale prevede il diritto dell’accusato di «ottenere la convocazione e l’esame dei testimoni a discarico nelle stesse condizioni dei testimoni a carico». Si osserva, inoltre, che presupposto per la compatibilità della confisca per lottizzazione abusiva senza formale condanna dell’imputato è un accertamento effettivo sul merito della responsabilità del medesimo (si citano: Corte EDU, Grande Camera, 28/06/2018, G.I.E.M. c. Italia; Corte cost., sent. n. 49 del 2015; Sez. U, n. 13539 del 30/01/2020, COGNOME). Si evidenzia, in particolare, che, nei confronti dell’attuale ricorrente, NOME COGNOME, non vi è stato un accertamento dell’elemento soggettivo del reato, e che, quindi, la statuizione di confisca è stata pronunciata in violazione della presunzione di innocenza, sancita anche dall’art., 6, § 2, CEDU. Si aggiunge che la sentenza impugnata ha anche omesso qualunque accertamento in tema di proporzionalità della misura applicata, in specie con riferimento all’estensione e al valore del terreno confiscato.
4.3. Con il terzo motivo, si denuncia vizio di motivazione, avuto riguardo all’accertamento della sussistenza del reato di lottizzazione abusiva e alla proporzionalità della confisca.
Si deduce che l’affermazione della sussistenza degli elementi costitutivi del reato di lottizzazione abusiva non è supportata da alcuna precisa e puntuale motivazione. Si contesta, in particolare, per un verso, che manca qualunque indicazione con riferimento al profilo soggettivo dell’illecito, ossia con riguardo ad un elemento essenziale per l’integrazione del reato, e che, però, in questo modo non è ammissibile disporre la confisca. Si rileva, sotto altro versante, che la sentenza impugnata omette qualsiasi esame in tema di proporzionalità della misura ablatoria: si evidenzia l’assenza di qualsiasi considerazione sulla necessità dell’ablazione di tutto il terreno e di tutte le opere, o sulla praticabilità di misure alternative meno afflittive. Si aggiunge che non è stata fornita alcuna motivazione neppure per identificare quali siano le opere lottizzatorie non autorizzate, quando si sia verificato il momento consumativo del reato e quale sia stato il contributo causale dell’attuale ricorrente, NOME COGNOME.
Il ricorso di NOME è articolato in due motivi.
5.1. Con il primo motivo, si denunciano violazione di legge, in riferimento all’art. 546, comma 2, cod. proc. pen., nonché vizio di motivazione, avuto riguardo all’omesso esame delle censure difensive formulata in sede di appello.
Si deduce che la sentenza impugnata ha omesso qualunque risposta in ordine al primo motivo di appello, che contestava l’utilizzabilità degli atti acquisiti al fascicolo per il dibattimento e la conseguente nullità assoluta della sentenza. Si evidenzia che la lacuna è totale, perché la Corte d’appello non ha osservato alcunché su tale deduzione, sebbene la stessa contestasse l’acquisizione della documentazione prodotta dal Pubblico Ministero, e, quindi, di ciò che ha costituito l’esclusiva base probatoria della decisione.
5.2. Con il secondo primo motivo, si denunciano violazione di legge e vizio di motivazione, avuto riguardo alla legittimità della statuizione della confisca.
Si deduce che la sentenza impugnata ha disposto la confisca senza che vi sia stato alcun contraddittorio: nel processo, si è verificato esclusivamente il deposito di documenti da parte del Pubblico Ministero, e la difesa non ha avuto alcuna possibilità di contraddire.
Il ricorso di NOME COGNOME è articolato in due motivi sviluppati congiuntamente.
Con i motivi, si denunciano violazione di legge, in riferimento agli artt. 44 d.P.R. n. 380 del 2001, 129 cod. proc. pen., 111 Cost., e 6 e 7 CEDU, nonché vizio di motivazione, avuto riguardo alla legittimità della statuizione della confisca.
Si deduce che la sentenza impugnata ha ritenuto accertato il reato di lottizzazione abusiva senza dare adeguato conto della completezza dell’istruttoria dibattimentale svolta. Si premette che l’illustrazione della completezza dell’istruttoria compiuta è necessaria perché serve a fornire giustificazione della revoca delle altre prove, ammesse ma non acquisite, evidenziandone la superfluità o la irrilevanza. Si rappresenta, poi, che, nel corso del giudizio di primo grado: a) all’udienza dell’11 febbraio 2015, sono state ammesse le prove richieste dal Pubblico Ministero, costituite dalla documentazione prodotta in quella sede e dall’esame dei testi indicati nella lista, e le prove richieste dalle difese, costituite dall’esame dei testi indicati nelle rispettive liste, e si è preso atto della riserva dei Difensori di depositare documentazione nel corso del giudizio; b) nelle successive udienze non è stata compiuta alcuna attività istruttoria; c) all’udienza del 20 aprile 2016, è stata emessa sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato con statuizione di confisca del terreno in sequestro. Si osserva, quindi, che le due sentenze di merito non hanno fornito alcuna indicazione in ordine alla superfluità o alla irrilevanza degli esami dei testi ammessi all’udienza dell’11 febbraio 2015. Si rileva che, in questo modo, gli imputati non hanno potuto
difendersi, perché non hanno potuto nemmeno escutere i testi indicati a propria difesa e ammessi dal Giudice.
Si precisa che gli esami testimoniali erano necessari per accertare: a) quali fossero le prescrizioni degli strumenti urbanistici in ordine al terreno confiscato e se fosse consentita, comunque, la realizzazione di opere connesse alla conduzione agraria del fondo, senza necessità di piano di lottizzazione; b) quale sia stata l’epoca di realizzazione dei manufatti e la tipologia delle opere riscontrare, al fine di accertarne la compatibilità con la conduzione agricola dei fondi; c) quale fosse l’effettivo st ato dei terreni sequestrati, e, in particolare, se fosse rispettata la vocazione agricola degli stessi; d) se vi fossero opere di urbanizzazione nella zona confiscata (sistema fognario, sistema idrico, allacci all’energia elettrica, strade, ecc.), e quale fosse il grado di urbanizzazione nelle zone limitrofe ricadenti nella stessa area. Si sottolinea che la documentazione prodotta dal Pubblico Ministero non consente di accertare le circostanze appena indicate, anche perché il frazionamento del terreno in lo tti, l’accatastamento di questi e la realizzazione di alcuni manufatti non significano, in assenza dell’accertamento della realizzazione di opere di urbanizzazione, che vi sia stata trasformazione urbanistica dell’area.
Il ricorso di NOME COGNOME è articolato in tre motivi, preceduti da una premessa sullo svolgimento del processo.
7.1. Con il primo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento agli artt. 110 cod. pen., 44, comma 1, lett. c) , e 30 d.P.R. n. 380 del 2001 e 129 cod. proc. pen., nonché vizio di motivazione, avuto riguardo alla ritenuta sussistenza del reato di lottizzazione abusiva.
Si deduce che l’affermazione della sussistenza degli elementi necessari per l’integrazione del reato di lottizzazione abusiva è illegittima, perché non vi è stato un effettivo accertamento in ordine agli stessi. Si osserva che la sentenza impugnata ha valorizzato, ai fini dell’accertamento del reato di lottizzazione abusiva, l’attività di edificazione, e che, però, l’attuale ricorrente, NOME COGNOME, nulla ha edificato nel lotto acquistato. Si segnala, inoltre, che la vendita dei terreni è avvenuta nel corso d i più anni, e che l’attuale ricorrente non ha acquistato dagli originari lottizzatori, ma da un loro acquirente, NOME, per di più a distanza di tredici anni dall’acquisto di costui.
7.2. Con il secondo motivo, si denuncia vizio di motivazione, avuto riguardo alla ritenuta sussistenza del reato di lottizzazione abusiva e alla statuizione della confisca.
Si deduce che la lottizzazione attribuibile all’attuale ricorrente, NOME COGNOME, è di tipo negoziale, perché il medesimo non ha compiuto atti di trasformazione del terreno, e che tale circostanza avrebbe dovuto imporre una
motivazione specifica, diretta ad evidenziare l’elemento soggettivo del reato nonostante la mancata realizzazione di opere edilizie. Si osserva che è mancato qualunque accertamento in ordine alla trasformazione urbanistica dei terreni e che, anzi, l’attuale ricorrente ha acquistato il terreno per l’importo di 3.000,00 euro, dopo che lo stesso era rimasto incolto per tredici anni, e lo ha lasciato in tali condizioni fino al sequestro effettuato nell’agosto 2011 dalla polizia giudiziaria.
7.3. Con il terzo motivo, si denuncia vizio di motivazione, avuto riguardo alla estensione della confisca.
Si deduce che la statuizione di confisca, con riferimento all’immobile dell’attuale ricorrente, NOME COGNOME, è illegittima, perché adottata in violazione del principio di proporzionalità, in quanto relativa ad un fondo non edificato, e lasciato nella situazione originaria di terreno agricolo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono nel complesso infondati per le ragioni di seguito precisate.
Si premette che, nell’esposizione delle ragioni della presente decisione, si procederà ad un esame delle censure enunciate dai diversi ricorrenti secondo un ordine di pregiudizialità logica tra tutte le stesse, sviluppando un discorso unitario per doglianze proposte da più ricorrenti quando un approfondimento per ciascuna posizione darebbe luogo a mere ridondanze.
Di conseguenza, si affronteranno nell’ordine: a) il tema dell’utilizzabilità degli atti istruttori acquisiti, posto nel primo motivo del ricorso di NOME; b) il tema della incompletezza istruttoria e della violazione del diritto degli imputati ad essere ascoltati, dedotto nel primo motivo del ricorso di NOME COGNOME, nel primo e nel secondo motivo del ricorso di COGNOME NOME, nel secondo motivo del ricorso di NOME, nel primo e nel secondo motivo del ricorso di NOME COGNOME, e nel primo motivo del ricorso di COGNOME NOME; c) il tema della configurabilità del reato di lottizzazione abusiva sulla base degli elementi acquisiti, sviluppato nel primo motivo del ricorso di NOME COGNOME, nel terzo motivo del ricorso di COGNOME NOME, nel primo e nel secondo motivo del ricorso di NOME, e nel primo e nel secondo motivo del ricorso di COGNOME NOME; d) il tema della proporzionalità dell’ablazione, enunciato nel terzo motivo del ricorso di COGNOME NOME, e nel terzo motivo del ricorso di COGNOME NOME.
Del tutto prive di specificità sono le censure enunciate nel primo motivo del ricorso di NOME, che contestano l’utilizzabilità degli atti
istruttori acquisiti, con conseguente nullità assoluta della sentenza, per omessa risposta alle censure formulate nell’atto di appello.
Invero, le censure appena indicate non precisano quali erano le ragioni addotte nell’atto di appello per sostenere che gli atti istruttori acquisiti al fascicolo per il dibattimento, costituiti da documenti, sarebbero inutilizzabili, in quanto si limita ad un rinvio al primo motivo d ell’atto di gravame privo di qualunque concreta indicazione (nel ricorso si rappresenta: «Con il primo motivo si chiedeva la riforma della sentenza per ‘Nullità/inutilizzabilità degli atti acquisiti nel fascicolo per il dibattimento -Violazione di legge degli artt. 525 co. 2, 179, 526 e 191 c.p.p. -nullità assolu ta della sentenza’»). N é, tantomeno, il ricorso specifica o allega i fatti processuali sulla cui base era stata denunciata (e si fonderebbe) l’inutilizzabilità.
Infondate sono le censure che contestano l’incompletezza delle acquisizioni istruttorie, perché costituite esclusivamente dai documenti prodotti dal Pubblico Ministero, nonché la violazione del diritto degli imputati ad essere ascoltati, esposte nel primo motivo del ricorso di NOME COGNOME, nel primo e nel secondo motivo del ricorso di NOME, nel secondo motivo del ricorso di NOME COGNOME NOME, nel primo e nel secondo motivo del ricorso di NOME, e nel primo motivo del ricorso di COGNOME NOME.
3.1. Ai fini dell’esame delle censure appena sintetizzate, occorre premettere che, secondo il principio enunciato dalle Sezioni Unite, la confisca di cui all’art. 44, comma 2, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, prevista per il reato di lottizzazione abusiva, può essere disposta anche in presenza di una causa estintiva del l’illecito penale determinata dalla prescrizione, purché la sussistenza del fatto sia stata già accertata, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, nell’ambito di un giudizio che abbia assicurato il pieno contraddittorio e la più ampia partecipazione degli interessati, fermo restando che, una volta intervenuta detta causa, il giudizio, in applicazione dell’art. 129, comma 1, cod. proc. pen., non può proseguire al solo fine di compiere il predetto accertamento (Sez. U, n. 13539 del 30/01/2020, COGNOME, Rv. 278870 – 01).
Ciò posto, allora, risulta necessario individuare quando sia possibile ritenere che la sussistenza del fatto sia stata già accertata sotto il profilo oggettivo e soggettivo, nell’ambito di un giudizio che , pur dichiarando l’estinzione del reato, e perciò pur dovendosi interrompere a causa della maturazione del tempo necessario a tale effetto, abbia comunque assicurato il pieno contraddittorio e la più ampia partecipazione degli interessati.
In proposito, e per quanto di specifico interesse in questa sede, numerose pronunce hanno chiarito che non è ostativa, ai fini della possibilità di ritenere accertata la sussistenza del reato di lottizzazione abusiva, nel rispetto del principio
del contraddittorio e dei diritti delle parti private, la dedotta incompletezza dell’istruttoria dibattimentale, per mancata assunzione delle prove a discarico (cfr., specificamente, Sez. 3, n. 42235 del 14/09/2023, COGNOME, Rv. 285165 -01, e Sez. 3, n. 8067 del 13/11/2024, dep. 2025, COGNOME, Rv. 287643 -01), o comunque per mancata assunzione di tutte le prove originariamente ammesse dal giudice (Sez. 3, n. 43235 del 11/10/2023, COGNOME, Rv. 285287 -01).
In particolare, si è osservato che la dedotta incompletezza dell’istruttoria dibattimentale, per mancata assunzione delle prove a discarico, non è dirimente, in quanto il giudice ben potrebbe decidere sulla base degli atti fino a quel momento acquisiti, in ragione, in particolare, del potere a lui spettante di revoca dell’assunzione delle prove ammesse per superfluità (Sez. 3, n. 8067 del 13/11/2024, dep. 2025, De COGNOME, Rv. 287643 -01). A tal fine, si è anche osservato: «Il principio del contraddittorio, sancito in tema di prove dall’art. 111, comma 4, Cost., va tuttavia inevitabilmente incontro, sia pure nei limiti della compatibilità normativa, a limitazioni legislative che integrano necessariamente la riserva costituzionale in tema di ragionevole durata, quale quella, appunto, afferente al potere di revoca della prova divenuta superflua. Con la conseguenza che il provvedimento con il quale il giudice revochi prove già ammesse dovrà ritenersi nullo per violazione del diritto della parte di difendersi provando -stabilito dal comma secondo dell’art. 495 cod. proc. pen., corrispondente al principio della parità delle armi sancito dall’art. 6, comma terzo, lettera d) , della CEDU, al quale si richiama l’art. 111, comma secondo, della Costituzione, in tema di contraddittorio tra le parti -soltanto allorquando difetti di qualsivoglia motivazione sul necessario requisito della loro superfluità ( ex multis , Sez. 5, n. 16976 del 12/02/2020, Rv. 279166; Sez. 5, n. 2511 del 24/11/2016, dep. 2017, Rv. 269050)» (così, testualmente, Sez. 3, n. 8067 del 2025, cit.).
Questi principi, ad avviso del Collegio, sono in linea con le coordinate generali del sistema processuale penale, anche in una prospettiva sovranazionale; è quindi sulla base di essi che debbono essere esaminate le censure formulate nei ricorsi in ordine al l’incompletezza delle acquisizioni istruttorie ed alla violazione del diritto degli imputati ad essere ascoltati.
3.2. Nella specie, i Giudici di merito hanno entrambi ritenuto che le prove documentali acquisite consentono di ritenere provata al di là di ogni ragionevole dubbio la sussistenza del fatto di lottizzazione abusiva, nei suoi elementi oggettivi e soggettivi, con riferimento agli attuali ricorrenti.
In particolare, la sentenza impugnata evidenzia, sotto il profilo oggettivo, che il reato è stato commesso mediante il frazionamento e la vendita per quote pro indiviso di un terreno ubicato in zona agricola, della superficie complessiva di 24.491 mq., interessato anche da parziale vincolo di inedificabilità, sul quale erano
state poi realizzate varie opere abusive, come manufatti residenziali, baracche, capanni, capannoni, recinzioni, cancelli e tettoie. Precisa, inoltre, che i diversi lotti erano stati suddivisi ed assegnati di fatto ai singoli acquirenti mediante frazionamento ed accatastamento nel Catasto Urbano. Aggiunge, ancora, che erano stata eseguite opere di delimitazione della strada di accesso ai lotti e della realizzazione di allacci alla rete RAGIONE_SOCIALE, indicative della destinazione abitativa di gran parte di manufatti abusivamente realizzati.
La medesima decisione, inoltre, con riguardo al profilo soggettivo, rappresenta che, come già rilevato dal giudice di primo grado, «attraverso la lettura dei singoli atti notarili, si poteva evincere la consapevolezza di tutti gli acquirenti di acquistare una quota indivisa di un lotto agricolo, non edificabile, come risulta dalla certificazione urbanistica allegata a ciascun rogito», poiché in tutti gli atti di acquisto «veniva espressamente specificato che il terreno ricadeva in zona agricola (H2-agro romano) soggetta ai vincoli della Valle del Tevere». Aggiunge, ancora, che tutti gli appellanti, e quindi anche gli attuali ricorrenti, non possono essere ritenuti terzi di buona fede, «essendo emerso senza ombra di dubbio che si trattava dei diretti acquirenti del terreno pro indiviso , nonché titolari degli accatastamenti e committenti delle opere».
La sentenza di primo grado aggiunge che: a) il documento utilizzato per l’accatastamento, ossia il modello 3SPC , è tecnicamente significativo della volontà di realizzare uno scopo edificatorio; b) i singoli lotti avevano una dimensione inferiore al lotto minimo edificabile e, nonostante la contenuta superficie complessiva dell’area, erano superiori a venti; c) sui lotti sono stati effettivamente realizzati edifici destinati ad abitazione, alcuni dei quali poi anche accatastati.
3.3. Le conclusioni della sentenza impugnata sono correttamente motivate.
La Corte d’appello, infatti, spiega sulla base di elementi precisi e congrui perché gli elementi forniti debbono ritenersi idonei a fondare l’affermazione della sussistenza la sussistenza del fatto di lottizzazione abusiva, nei suoi elementi oggettivi e soggettivi, nei confronti degli attuali ricorrenti, al di là di ogni ragionevole dubbio , così evidenziando la completezza dell’istruttoria compiuta .
D’altro canto, i ricorsi non indicano fonti di prova non acquisite o non ammesse le quali sarebbero potenzialmente idonee ad infirmare la concludenza dei documenti posti a base delle sentenze di merito.
In particolare, tali non sono le prove testimoniali indicate nella lista depositata dagli attuali ricorrenti NOME COGNOME COGNOME NOME COGNOMECOGNOME relative ai notai, i quali avevano pred isposto l’atto di compravendita, e a persone in grado di riferire sulle prescrizioni degli strumenti urbanistici o sulla preesistenza delle opere al momento dell’ acquisto dei lotti da parte loro nonché sulla vocazione agricola delle aree, né
la perizia per accertare l’urbanizzazione complessiva della zona e l’incidenza su di essa della trasformazione del terreno oggetto di confisca.
Invero, secondo quanto indicato nella sentenza impugnata, nella specie, vi è stata una lottizzazione non solo materiale, ma anche negoziale, e gli attuali ricorrenti hanno tutti acquistato con atto notarile una quota pro indiviso di un fondo agricolo, interessato da parziale vicolo di inedificabilità, non edificabile, e poi proceduto a successivi accatastamenti.
L’unico degli attuali ricorrenti che ha specificamente dedotto a sua difesa di aver acquistato da persona diversa dagli originari lottizzatori, NOME COGNOME, è persona che ha comunque comprato un fondo ufficialmente a vocazione agricola e non edificabile, a distanza di molti anni dall’inizio delle operazioni di lottizzazione materiale, e quindi inserito in un contesto nel quale, anche in considerazione dell’esecuzione di opere di delimitazione della strada di accesso ai lotti e della realizzazione di allacci alla rete RAGIONE_SOCIALE, era rilevabile la destinazione abitativa dei manufatti ubicati nell’area , o di gran parte di essi.
Ancora, per valutare la completezza della compiuta istruttoria con riguardo al tema del profilo soggettivo delle condotte degli attuali ricorrenti, è utile segnalare che per la configurabilità del reato di lottizzazione abusiva è sufficiente la colpa, non essendo necessario il dolo. Costituisce infatti principio consolidato quello secondo cui, il reato di lottizzazione abusiva, che è a consumazione alternativa, potendosi realizzare sia per il difetto di autorizzazione, sia per il contrasto con le prescrizioni della legge o degli strumenti urbanistici, può essere commesso anche a titolo di sola colpa (così, per tutte, Sez. 3, n. 15205 del 15/11/2019, dep. 2020, Capuano, Rv. 278915 -02, e Sez. 3, n. 38799 del 16/09/2015, COGNOME, Rv. 264718 -01).
Infondate sono anche le censure che contestano la ritenuta sussistenza del fatto di lottizzazione abusiva, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, formulate nel primo motivo del ricorso di NOME COGNOME, nel terzo motivo del ricorso di COGNOME NOME, nel primo e nel secondo motivo del ricorso di COGNOME, e nel primo e nel secondo motivo del ricorso di COGNOME NOME.
Invero, la sentenza impugnata è immune da vizi quando afferma di ritenere provata al di là di ogni ragionevole dubbio la sussistenza del fatto di lottizzazione abusiva, nei suoi elementi oggettivi e soggettivi, con riferimento agli attuali ricorrenti.
Segnatamente, la motivazione esposta a fondamento di questa conclusione risulta incensurabile, perché si basa su elementi da ritenere precisi, congrui e univocamente concludenti, per le ragioni precisate supra al § 3.2, rispetto all’accertamento dei fatti da provare per poter disporre la confisca.
Prive di specificità, infine, sono le censure che contestano la violazione del principio di proporzionalità della confisca, enunciate nel terzo motivo del ricorso di COGNOME NOME e nel terzo motivo del ricorso di COGNOME NOME.
In giurisprudenza, si è rilevato che è inammissibile, per difetto di specificità, il ricorso per cassazione avverso la confisca che consegue all’accertamento del reato di lottizzazione abusiva, con il quale venga dedotta la violazione dell’art. 1, Prot. n. 1, CEDU, come interpretato dalla pronuncia della Grande Camera della Corte EDU del 28 giugno 2018, RAGIONE_SOCIALE contro Italia, senza indicare riferimenti concreti e specifici idonei ad argomentare che il provvedimento non è stato delimitato alle sole aree direttamente interessate dall’attività lottizzatoria e ad essa funzionali (così Sez. 3, n. 2278 del 08/10/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278019 -01, ma anche Sez. 3, n. 3727 del 20/11/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280871 – 01).
Per quanto attiene alla vicenda in esame, è sufficiente rilevare che, secondo quanto precisato nella sentenza impugnata, il fondo era stato abusivamente lottizzato, e su di esso erano stati realizzati numerosi manufatti abusivi, una strada di accesso ai singoli lotti, e gli allacci alla rete RAGIONE_SOCIALE. A fronte di questi rilievi, le deduzioni dei ricorrenti sono meramente assertive, perché si limitano ad invocare l’applicazione del principio di proporzionalità, ma non indicano le parti dei singoli lotti che non sono state interessate dall’attività di lottizzazione, nonostante l’intervenuta trasformazione materiale dell’area, e che potrebbero conservare una loro autonomia una volta intervenuta la confisca delle altre porzioni del sito. E questo a maggior ragione se si considera che ciascun lotto era di modeste dimensioni, in quanto, per come segnalato nella sentenza di primo grado, inferiore a quella del lotto minimo edificabile.
Alla complessiva infondatezza delle censure, seguono il rigetto dei ricorsi e la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 15/10/2025.
Il Consigliere estensore Il Presidente NOME COGNOME NOME COGNOME