Lista testi tardiva: quando il giudice può intervenire?
L’ordinanza in esame offre un importante chiarimento su due aspetti fondamentali del processo penale: la gestione della prova e i limiti del giudizio di legittimità. Il caso riguarda un ricorso contro una condanna per spaccio di sostanze stupefacenti di lieve entità, fondato su una presunta irregolarità procedurale, ovvero una lista testi tardiva presentata dall’accusa. La Corte di Cassazione, nel dichiarare il ricorso inammissibile, ribadisce principi consolidati e di grande rilevanza pratica.
Il caso in esame: spaccio e questioni procedurali
Un soggetto veniva condannato in primo e secondo grado per aver contribuito alla cessione di tre grammi di marijuana. La sua difesa, però, presentava ricorso in Cassazione lamentando principalmente due vizi. In primo luogo, si sosteneva la violazione delle norme procedurali relative alla presentazione della lista dei testimoni da parte della Procura, ritenuta tardiva o addirittura assente. In secondo luogo, si contestava la motivazione della sentenza d’appello, asserendo che non fosse stata raggiunta la prova certa del suo contributo causale alla realizzazione del reato.
Secondo la ricostruzione dei giudici di merito, l’imputato era stato identificato come la persona contattata telefonicamente dall’acquirente per organizzare l’acquisto. Sebbene non avesse materialmente consegnato la sostanza, era stato visto in compagnia del co-imputato, che aveva poi eseguito lo scambio, subito prima del fatto.
La questione della lista testi tardiva secondo la Cassazione
La Corte affronta la prima doglianza, quella sulla lista testi tardiva, definendola manifestamente infondata. L’analisi si sviluppa su un doppio binario.
Innanzitutto, da un punto di vista fattuale, i giudici di legittimità rilevano che i giudici di merito avevano già verificato la tempestività del deposito della lista testi, come attestato dalla cancelleria. L’eccezione, quindi, non trovava riscontro negli atti processuali.
In secondo luogo, e questo è il principio giuridico più rilevante, la Corte afferma che, anche qualora vi fosse stato un ritardo o un’omissione nel deposito, il giudice avrebbe comunque potuto assumere le testimonianze. Ciò in virtù del potere conferitogli dall’articolo 507 del codice di procedura penale, che consente al giudice di disporre d’ufficio l’assunzione di nuovi mezzi di prova se ritenuto assolutamente necessario ai fini della decisione. Questo potere suppletivo del giudice serve a garantire che la ricerca della verità processuale non sia frustrata da meri vizi formali.
La valutazione della prova e i limiti del giudizio di Cassazione
Per quanto riguarda le altre doglianze, relative alla valutazione della responsabilità dell’imputato, la Cassazione le dichiara inammissibili. La Corte ricorda che le censure proponibili in sede di legittimità sono soggette a un numerus clausus e non possono riguardare una nuova valutazione delle prove o una diversa ricostruzione del fatto.
La ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito
I giudici di merito avevano costruito un quadro probatorio logico e coerente. Avevano considerato:
1. L’identificazione del ricorrente come il soggetto contattato dall’acquirente.
2. La conoscenza pregressa tra acquirente e ricorrente, noto come spacciatore.
3. La presenza del ricorrente insieme al complice immediatamente prima della cessione.
4. La successiva consegna materiale della sostanza da parte del complice in cambio di denaro.
Questa ricostruzione è stata ritenuta dai giudici di legittimità completa, approfondita e priva di vizi logici o contraddizioni, rendendola quindi insindacabile in Cassazione.
le motivazioni
La decisione della Suprema Corte si fonda su due pilastri. Il primo è la prevalenza della sostanza sulla forma: un errore procedurale come la presentazione di una lista testi tardiva non è sufficiente a invalidare un processo se il giudice, nell’esercizio dei suoi poteri, può comunque acquisire le prove necessarie per accertare la verità. L’articolo 507 c.p.p. rappresenta uno strumento fondamentale per il completamento del quadro probatorio, garantendo che la decisione finale si basi su tutti gli elementi utili.
Il secondo pilastro è la netta distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. Il ricorrente, contestando il suo ruolo nella vicenda, chiedeva di fatto alla Cassazione una nuova valutazione delle prove, un’operazione che esula dalle sue competenze. La Corte può solo verificare la correttezza giuridica e la tenuta logica della motivazione, non sostituire il proprio apprezzamento a quello dei giudici che hanno direttamente esaminato le prove.
le conclusioni
L’ordinanza conferma che il processo penale, pur basato su rigide regole formali, è orientato alla ricerca della verità materiale. I poteri istruttori d’ufficio del giudice sono un correttivo essenziale per evitare che cavilli procedurali possano compromettere l’esito del giudizio. Inoltre, viene ribadito un monito per i difensori: il ricorso in Cassazione deve concentrarsi su reali violazioni di legge o su manifeste illogicità della motivazione, non può essere un tentativo di ottenere un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti. La declaratoria di inammissibilità, con la conseguente condanna al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria, ne è la diretta conseguenza.
Cosa succede se la lista dei testimoni dell’accusa viene depositata in ritardo?
Secondo la Corte, l’eventuale ritardo non determina automaticamente l’inutilizzabilità della prova. Il giudice ha il potere, ai sensi dell’art. 507 c.p.p., di ammettere d’ufficio le prove testimoniali se le ritiene assolutamente necessarie per giungere a una decisione.
È possibile contestare in Cassazione la valutazione delle prove fatta nei gradi di merito?
No, non è possibile chiedere alla Corte di Cassazione una nuova valutazione delle prove. Il suo compito è limitato a verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. La ricostruzione dei fatti, se supportata da un ragionamento coerente e non contraddittorio, è insindacabile.
Come è stato provato il concorso nel reato di spaccio pur senza una consegna materiale della droga da parte del ricorrente?
La sua responsabilità è stata affermata sulla base di una serie di elementi logici e circostanziati: era stato lui a essere contattato per l’acquisto, era conosciuto dall’acquirente come spacciatore ed era stato visto in compagnia del co-imputato, che ha poi materialmente effettuato lo scambio, subito prima che questo avvenisse.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 21934 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21934 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 28/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il 07/09/1996
avverso la sentenza del 23/04/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
COGNOME NOME ricorre per cassazione avverso la sentenza in epigrafe indicata, con la qual giudice territoriale ha confermato la responsabilità per il reato di cui all’art.73 c d.P.R.309/1990-, in relazione alla cessione di grammi 3 di marijuana, commesso in concorso con COGNOME NOME, lamentando, la violazione degli artt. 468 e 507 cod. proc. pen., essendo l responsabilità fondata su prove illegittimamente assunte in dibattimento, vizio della motivazi in ordine all’utilizzo della prova orale, violazione di legge in ordine all’affermazio responsabilità, non essendo raggiunta la prova del contributo causale alla realizzazione del reat La prima doglianza è manifestamente infondata posto che l’eccezione di nullità sollevata da ricorrente che rappresentava l’assenza o la tardività della lista testi della procura è compiutamente esaminata da entrambi i giudici di merito, non risulta tuttavia riscontrata da atti processuali. Il giudice di primo grado, in particolare, ha richiamato l’attestazion cancelleria circa la tempestività del deposito della lista testi dell’accusa e pe provvedimento di ammissione in calce alla lista testi. La Corte territoriale ha comunque vagli la suddetta doglianza e affermato che, che anche a voler ritenere che vi siano stati ritar omissioni nel deposito della lista, il giudice avrebbe potuto assumere le prove d’ufficio ai dell’art. 507 cod. proc. pen.
Le ulteriori doglianze non rientrano nel numerus clausus delle censure deducibili in sede legittimità, investendo profili di valutazione della prova e di ricostruzione del fatto rise cognizione del giudice di merito, le cui determinazioni, al riguardo, sono insindacabi cassazione ove siano sorrette da motivazione congrua, esauriente ed idonea a dar conto dell’iter logico-giuridico seguito dal giudicante e delle ragioni del decisum. Nel caso di s dalle cadenze motívazionili della sentenza d’appello è enucleabile una ‘ricostruzione dei f precisa e circostanziata, avendo i giudici di secondo grado preso in esame tutte le deduzio difensive ed essendo pervenuti alle loro conclusioni, in punto di responsabilità, attraverso disamina completa ed approfondita delle risultanze processuali, in nessun modo censurabile, sotto il profilo della razionalità, e sulla base di apprezzamenti di fatto non qualificabili di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa sede, come si de dalle considerazioni formulate dal giudice a quo, laddove ha affermato che il ricorrente è st identificato come il soggetto che era stato contattato telefonicamente dall’acquirente NOME NOME poco prima della cessione, e che tale soggetto era a lei noto come spacciatore. L COGNOME ha riferito di aver preso un appuntamento con tale NOME per acquistare la sostanza, effettivamente il ricorrente era stato visto immediatamente prima della cessione in compagnia del COGNOME, soggetto che materialmente si era avvicinato all’auto condotta dalla COGNOME pe effettuare materialmente la consegna di un involucro di cellophane, ricevendo qual contropartita una banconota.
Rilevato che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila a favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 28/03/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente