LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Liquidazione del danno: il giudice può decidere?

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso, cogliendo l’occasione per chiarire un importante principio processuale: il giudice d’appello può effettuare la liquidazione del danno in favore della parte civile anche se quest’ultima aveva richiesto solo una condanna generica. Questa decisione non costituisce vizio di ultrapetizione, ma rientra nei poteri del giudice di secondo grado, a condizione che il capo della sentenza sul risarcimento sia stato oggetto di appello.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Liquidazione del Danno in Appello: Quando il Giudice Può Decidere Oltre la Richiesta?

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un’importante delucidazione sui poteri del giudice d’appello in materia di risarcimento del danno. La pronuncia chiarisce che, in determinate circostanze, il giudice di secondo grado può procedere alla liquidazione del danno anche quando la parte civile aveva ottenuto in primo grado solo una condanna generica. Approfondiamo i dettagli di questa decisione e le sue implicazioni pratiche.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una condanna per il reato di minaccia continuata, pronunciata in primo grado e confermata dal Tribunale in funzione di giudice d’appello. L’imputato, non soddisfatto della decisione, proponeva ricorso per Cassazione, lamentando diversi vizi della sentenza impugnata. Tra questi, spiccava una censura di natura prettamente civilistica inserita nel contesto penale: l’imputato sosteneva che il giudice d’appello avesse erroneamente quantificato e liquidato il danno non patrimoniale a favore della parte civile, nonostante quest’ultima avesse richiesto solo una condanna generica, violando così il principio che vieta al giudice di pronunciarsi oltre le domande delle parti (vizio di ultrapetizione).

I Motivi del Ricorso e la Liquidazione del Danno

Il ricorrente basava la sua difesa su quattro motivi. I primi tre, relativi a presunti vizi di motivazione e valutazione delle prove, venivano rapidamente accantonati dalla Suprema Corte. La legge, infatti, limita severamente i motivi per cui si può ricorrere in Cassazione contro sentenze relative a reati di competenza del Giudice di Pace, escludendo proprio quelli sollevati dall’imputato.

Il quarto motivo, invece, era il fulcro della questione. L’imputato contestava la violazione di legge nella parte in cui il giudice d’appello aveva proceduto alla liquidazione del danno non patrimoniale. Secondo la sua tesi, in assenza di una specifica richiesta della parte civile (che si era limitata a chiedere una condanna generica), il giudice non avrebbe potuto quantificare l’importo, ma avrebbe dovuto confermare la statuizione generica. Agendo diversamente, il giudice sarebbe andato “ultra petita”, ovvero oltre i limiti della domanda.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo manifestamente infondato anche il quarto motivo. I giudici hanno richiamato un principio di diritto consolidato, citando una precedente sentenza (Sez. 5, n. 25036 del 16/04/2024). In base a tale principio, qualora il capo della sentenza di primo grado relativo alla condanna generica al risarcimento del danno venga devoluto al giudice di secondo grado (ad esempio, tramite l’appello dell’imputato che contesta l’esistenza stessa del danno), quest’ultimo acquisisce il potere di decidere su tutto il punto. Questo significa che il giudice d’appello può procedere alla quantificazione e alla liquidazione del danno dovuto dall’imputato, anche in assenza di un appello specifico da parte della parte civile. Tale operazione non costituisce un vizio di ultrapetizione, ma un esercizio legittimo dei poteri decisori del giudice d’appello sulla questione che gli è stata sottoposta.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame ribadisce un principio di efficienza e completezza della tutela giurisdizionale. Una volta che la questione del risarcimento del danno è portata all’attenzione del giudice d’appello, questi ha il potere-dovere di definirla completamente, inclusa la fase della quantificazione, senza necessità di un ulteriore e separato giudizio. Questa interpretazione evita un allungamento dei tempi processuali e garantisce alla parte danneggiata una risposta più rapida ed esaustiva. Per gli imputati, ciò significa che l’appello contro una condanna generica può avere come conseguenza diretta non solo la conferma della stessa, ma anche la sua trasformazione in una condanna a pagare una somma specifica, accelerando così l’obbligo risarcitorio.

È sempre possibile ricorrere in Cassazione contro una sentenza per un reato di competenza del Giudice di Pace?
No, il ricorso è ammesso solo per specifici vizi di legge previsti dall’art. 606, comma 1, lettere a), b) e c) del codice di procedura penale, come la violazione di legge o la mancanza di motivazione, e non per questioni relative alla valutazione delle prove.

Se in primo grado ottengo una condanna generica al risarcimento, il giudice d’appello può quantificare il danno anche se non lo chiedo?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che, se il capo della sentenza relativo alla condanna generica è stato oggetto di appello (anche solo da parte dell’imputato), il giudice di secondo grado può procedere alla liquidazione del danno senza che ciò costituisca un vizio di ultrapetizione.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Comporta che il ricorso non viene esaminato nel merito. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende a titolo di sanzione per aver adito la Corte senza fondati motivi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati