Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 46293 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 46293 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 16/10/2024
SENTENZA
sul conflitto di competenza sollevato da:
CORTE APPELLO GENOVA nei confronti di: RAGIONE_SOCIALE COGNOME
COGNOME
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
BOTTA A NOME
con l’ordinanza del 08/07/2024 della CORTE APPELLO di GENOVA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto che la Corte, decidendo sul conflitto negativo proposto, dichiari la competenza a decidere del Tribunale civile di Savona.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 07/03/2024, il Tribunale civile di Savona, nella causa promossa da NOME COGNOME nella sua qualità di amministratore e legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE contro il Ministero della Giustizia, ha dichiarato la propria incompetenza ex art. 281 sexies cod. proc. civ., competente essendo per materia la Corte di appello.
Più precisamente: nell’ambito di procedimento penale a carico di tale NOME COGNOME veniva emesso sequestro preventivo di quote e beni della RAGIONE_SOCIALE e nominato custode giudiziario il dott. NOME COGNOME In data 30 maggio 2023 il GIP del Tribunale di Savona liquidava ad NOME COGNOME i compensi per l’attività prestata, ai sensi degli artt. 42 d.lgs. n. 159 del 2011, 3 e 4 d.P.R. n. 117 del 2015, utilizzando i parametri previsti per l’amministratore giudiziario di cui al d.P.R. 117/2015 e 104 bis disp. att. cod. proc. pen.
Avverso detto provvedimento l’amministratore della RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso ex art. 170 DPR n. 115 del 2022 e 15 d.lgs. n. 159 del 2011 avanti al giudice civile del Tribunale di Savona, assumendo che il riferimento all’art. 104 bis disp att. cpp – che concerne i compensi degli amministratori giudiziari – fosse fallace, dal momento che il sequestro preventivo aveva avuto per oggetto le quote e i beni della società, non l’intera azienda; peraltro NOME COGNOME era stato nominato custode delle quote e beni della RAGIONE_SOCIALE, e non amministratore della società. Nel caso di specie la società ricorrente osservava come dovessero trovare applicazione gli artt. 58 e 59 del d.P.R. n. 115 del 2002 e che le spese del processo penale, non essendovi ancora sentenza definitiva, avrebbero dovuto essere poste a carico dell’Erario, con conseguente illegittimità dell’acconto posto a carico della RAGIONE_SOCIALE.
Il Tribunale di Savona riteneva che, poiché la liquidazione dei compensi era stata emessa dal GIP procedente ai sensi dell’art. 42 d.lgs. 159 del 2011, la relativa impugnazione, come previsto dallo stesso art. 42 comma 7, doveva essere proposta innanzi alla Corte di appello; conseguentemente, come detto, declinava la propria competenza per materia in favore della Corte di appello.
La Corte di appello di Genova, a sua volta, nell’ambito del giudizio GLYPH di riassunzione, con ordinanza del 08/07/2024, ha ritenuto la propria incompetenza a decidere sulla domanda proposta dal ricorrente COGNOME ed ha, ai sensi dell’art. 45 cod. proc. civ., richiesto d’ufficio il regolamento di competenza, chiedendo a questa Corte di dichiarare la competenza del Tribunale di Savona.
Osservava la Corte che il riferimento, nel provvedimento di liquidazione compensi emesso dal GIP, all’art. 42 del d.lgs. n. 159 del 2011 era avvenuto al solo
fine di applicare al dott. NOME COGNOME i criteri stabiliti dal d.P.R. n. 177 del 2015 per gli amministratori giudiziari; osservava poi la Corte come, che fossero o meno corretti i riferimenti normativi, la veste giuridica di COGNOME non poteva mutare da custode, quale era, ad amministratore giudiziario. Trattandosi di custode giudiziario allora avrebbe dovuto trovare applicazione il d.P.R. n. 115 del 2002 e pertanto competente in merito alla vertenza attinente i compensi liquidati, era il giudice civile. Non poteva infatti trovare applicazione l’art. 42 comma 7 d.lgs. n. 159 del 2011, trattandosi di disposizione che trova attuazione, appunto, nel solo caso dell’amministratore.
Il Ministero della Giustizia, per il tramite dell’Avvocatura generale dello Stato, ha depositato una memoria con la quale ha chiesto l’assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite, per la decisione delle seguenti questioni: ammissibilità del regolamento di competenza in caso di conflitto tra giudice civile e penale appartenenti a uffici giudiziari diversi e disciplina applicabile in detto caso; individuazione del giudice competente nel caso di opposizione al decreto di liquidazione del compenso del custode giudiziario, se cioè trovi applicazione l’art. 170 del DPR n. 115/2002 ovvero la disciplina speciale di cui all’art. 42/7 del d.lgs. n. 159 del 2011.
Il Procuratore generale, NOME COGNOME nella requisitoria scritta, rassegnata ai sensi dell’art. 23 d.l. n. 137 del 2020, ha chiesto che questa Corte, decidendo sul conflitto negativo proposto, dichiari la competenza a decidere del Tribunale civile di Savona.
RITENUTO IN DIRITTO
GLYPH Il conflitto negativo di competenza, insorto tra giudice civile e giudice penale, così come venutosi nella specie a configurare, GLYPH va ritenuto ammissibile, avendo esso determinato una situazione di stasi processuale, superabile soltanto mediante l’intervento “di questa Corte regolatrice , in applicazione della disposizione contenuta nel secondo comma dell’art. 28 cod. proc. pen., riguardante i cosiddetti “casi analoghi” ai conflitti contemplati nel primo comma (v. sull’argomento, in senso conforme, oltre a Sez. U, n. 491 del 29/09/2011, dep. 2012, Pislor, Rv. 251265-67, in motivazione, Sez. 1, n. 33335 del 14/02/2017, Confl. comp. in proc. COGNOME, n. m.; Sez. 1, n. 20911 del 28/04/2015, Confl. comp. in proc. COGNOME, n. m.; Sez. 1, n. 5603 del 17/01/2008, Confl. comp. in proc. COGNOME, Rv. 238866; Sez. 1, n. 19547 del 02/04/2004, Confl. comp. in proc. COGNOME, Rv. 227982).
2. Va infatti osservato come, nell’ordinamento processuale civile, il problema del riparto della potestas iudicandi fra giudici ordinari addetti rispettivamente al settore penale e al settore civile si ritiene non ponga una questione di competenza, secondo la nozione desumibile dal corrispondente codice di rito, giacché per esso tale conflitto è configurabile soltanto in ordine alle contestazioni riguardanti l’individuazione del giudice al quale, tra i vari organi di giurisdizione in materia civile, è devoluta la cognizione di una determinata controversia. Pertanto, la violazione delle relative norme non si considera possa, in quell’ambito, costituire oggetto di un’istanza di regolamento di competenza, ai sensi degli artt. 42 e 43 cod. proc. civ, e si esclude anche la configurabilità di un conflitto negativo ex art. 45 cod. proc. civ. (Sez. U, Civ., ord. n. 26296 del 31/10/2008, Rv. 605187; Sez. Civ. 6 – 1, ord., n. 13329 del 26/07/2012, Rv. 623582; Sez. Civ. 2, n. 316 del 06/02/1971, Rv. 349826).
Sul solco di tali principi si pone il recente intervento delle Sez. Un. Civili (sentenza n. 38596 del 23/11/2021), che, in motivazione, hanno chiarito che «3.1.. Il consolidato principio di diritto, affermato da tempo dalle Sezioni civili della S.C., risalente e mai smentito, afferma che la violazione delle norme che disciplinano la ripartizione della potestas iudicandi tra il giudice civile ed il giudice penale non possa costituire oggetto di un’istanza di regolamento di competenza, ai sensi degli artt. 42 e 43 cod. proc. civ.
Il principio è stato enunciato sia con riferimento al caso in cui i due giudici appartengano ad uffici giudiziari diversi, sia quando facciano parte dello stesso ufficio; onde, in sostanza, si afferma che il regolamento di competenza, previsto dagli articoli menzionati, presuppone un conflitto tra giudici civili e ad esso non si può ricorrere al di fuori di tale evenienza».
I Giudici del massimo consesso nonnofilattico proseguono osservando come «3.2. (…) Il diverso enunciato dell’art. 28 cod. proc. pen., rispetto alle disposizioni del rito civile, è alla base del differente orientamento della Cassazione in sede penale. L’art. 28 enuncia i «casi di conflitto», includendovi espressamente, al comma 1, lett. b), l’ipotesi in cui «due o più giudici ordinari contemporaneamente prendono o ricusano di prendere cognizione del medesimo fatto attribuito alla stessa persona», affermando, altresì, il comma 2 l’applicabilità delle norme sui conflitto anche «nei casi analoghi.
3.2.1. – Giudice penale e giudice civile di uffici diversi. Ciò ha indotto questa Corte, nelle sue sezioni penali, a reputare ammissibile il conflitto di competenza tra giudice penale e giudice civile di uffici diversi (Cass. pen., sez. I, 22 novembre 2019, n. 52138; 14 febbraio 2017, n. 33335, COGNOME, non massimata; 28 aprile 2015, n. 20911, COGNOME, non mass.; 17 gennaio 2008, n. 5603, Visco)».
Alla luce di esposte considerazioni, si appalesa come erroneo GLYPH il riferimento all’art. 45 cod. proc. civ. menzionato dalla Corte di appello genovese, dovendosi qualificare il conflitto correttamente ai sensi dell’art. 28 cod. proc. pen..
Deve, conseguentemente disattendersi la richiesta formulata dell’Avvocatura dello Stato, di rinnessione della questione alle Sezioni Unite circa l’ammissibilità del regolamento di competenza in caso di conflitto tra giudice civile e penale appartenenti a uffici giudiziari diversi e disciplina applicabile in detto caso.
Venendo ora al merito, nel caso che ci occupa, è indubitabile che NOME COGNOME rivestisse la qualifica di custode, e non di amministratore giudiziario.
Vertendosi quindi in ipotesi di decreto di liquidazione emesso dal GIP in favore di un custode, non può trovare applicazione , come invece erroneamente ritenuto dal Tribunale di Savona, l’art. 42 comma 7 d. Igs. 159 del 2011, che disciplina le modalità attraverso le quali l’amministratore giudiziario può proporre ricorso avverso il provvedimento che ha disposto la liquidazione o il rimborso.
L’art. 42 comma 7 del d.lgs. n. 159 del 2011 ha infatti previsto una disciplina specifica per l’amministratore di beni sequestrati o confiscati, la cui liquidazione, in questo solo caso, avviene funzionalmente ad opera del Tribunale, sezione misure di prevenzione (e non, come nel caso di specie, dal GIP), ed è impugnabile avanti alla Corte di appello del medesimo distretto.
Come correttamente argomentato dalla Corte di appello di Genova, GLYPH il riferimento al citato art. 42 contenuto nel decreto di liquidazione dei compensi emesso dal GIP, era avvenuto al solo fine di applicare al dott. NOME COGNOME i criteri stabili dal d.P.R. n. 177 del 2015 per gli amministratori giudiziari.
Conseguentemente, trattandosi di opposizione al decreto di liquidazione del compenso del custode giudiziario, deve trovare applicazione la disciplina prevista dall’art. 170 d.P.R. 115 del 2002 e 15 d. Igs. 150 del 2022: il ricorso, di natura civilistica, va quindi proposto «al capo dell’ufficio giudiziario cui appartiene il magistrato che ha emesso il provvedimento impugnato», e quindi al Tribunale di Savona.
La conclusione raggiunta, come osservato dal Procuratore generale nella sua requisitoria, trova conforto nella giurisprudenza di questa Corte: la Cass. Sez. civile n. 13853 del 2024 infatti, in motivazione, ha avuto modo di affermare come il rimedio di cui all’art. 170 DPR n. 115 del 2002 «resti applicabile quando ad impugnare sia- un soggetto diverso dall’amministratore giudiziario, e quindi non nel caso in esame».
A sua volta, la Cassazione penale (Sez. 4, n. 20399 del 24/04/2008, P.M. in proc. COGNOME, Rv. 240229 – 01) ha affermato che «la figura dell’amministratore con il compito di provvedere alla custodia ed alla conservazione dei beni sottoposti a
sequestro ai sensi dell’art. 12 sexies L. 7 agosto 1992 n. 356 è diversa da quella dell’amministratore di patrimoni sequestrati ai sensi della L. 31 maggio 1965 n. 575, perché in quest’ultimo caso egli esercita poteri propri dell’attività di gestione dei beni anche al fine di incrementarne la redditività. Ne consegue che l’estensione al custode della normativa antimafia prevista per l’amministratore deve intendersi limitata ai criteri di nomina e non anche alla disciplina dell’impugnazione del decreto di liquidazione del compenso, che nel caso di specie deve essere rinvenuta nell’art. 170 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115».
In conclusione, deve essere indicata la competenza del Tribunale di Savona, al quale vanno restituiti gli atti.
P. Q. M.
Decidendo sul conflitto, dichiara la competenza del Tribunale di Savona cui dispone trasmettersi gli atti.
Così deciso il 16 ottobre 2024