I limiti del ricorso in Cassazione: quando un’impugnazione è destinata al fallimento
Comprendere i limiti del ricorso in Cassazione è fondamentale per chiunque si approcci al mondo del diritto penale. Un’ordinanza recente della Suprema Corte ci offre un’occasione preziosa per analizzare i motivi per cui un ricorso può essere dichiarato inammissibile, trasformandosi in un’azione processuale vana e costosa. Il caso in esame dimostra come la Corte di Cassazione non sia un ‘terzo grado di giudizio’ dove si possono ridiscutere i fatti, ma un organo con una funzione ben precisa: garantire l’uniforme e corretta applicazione della legge.
I Fatti del Processo
Un imputato, a seguito di una condanna confermata dalla Corte d’Appello, decideva di presentare ricorso per Cassazione. I motivi dell’impugnazione si concentravano su tre aspetti principali: la presunta erroneità della motivazione sulla sua responsabilità penale, la violazione delle norme sulla valutazione della prova e l’eccessività della pena inflitta. L’obiettivo era ottenere un annullamento della sentenza di condanna, ma l’esito è stato ben diverso.
I Motivi di Inammissibilità: un’Analisi Dettagliata
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dichiarandolo inammissibile. Vediamo nel dettaglio le ragioni, che rappresentano una vera e propria guida sui limiti del ricorso in Cassazione.
1. Critiche Generiche e Ripetitive
Il primo motivo di ricorso, che contestava la valutazione della responsabilità dell’imputato, è stato considerato una ‘pedissequa reiterazione’ degli argomenti già presentati e respinti in appello. La Corte ha sottolineato che un ricorso in Cassazione deve contenere una critica argomentata e specifica contro la sentenza impugnata, non limitarsi a riproporre le stesse difese. Un motivo di ricorso è ‘apparente’ e non ‘specifico’ quando omette di confrontarsi con le ragioni della decisione di secondo grado.
2. Il Divieto di Rivalutazione dei Fatti
Il secondo motivo, relativo alla violazione delle regole di valutazione della prova (art. 192 c.p.p.), è stato respinto perché, di fatto, chiedeva alla Cassazione una nuova e diversa ricostruzione dei fatti. Questo è uno dei limiti del ricorso in Cassazione più invalicabili. La Suprema Corte non è un giudice del fatto, ma del diritto. Non può ‘rileggere’ gli elementi di prova o sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito, a meno che la motivazione di quest’ultimo non sia palesemente illogica o contraddittoria. In questo caso, la motivazione della Corte d’Appello è stata ritenuta esente da vizi logici e giuridici.
3. La Discrezionalità nella Determinazione della Pena
Anche il terzo motivo, che lamentava una pena eccessiva, è stato giudicato infondato. La graduazione della pena, secondo la giurisprudenza consolidata, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, che la esercita sulla base dei criteri indicati dagli artt. 132 e 133 del codice penale. In Cassazione si può contestare la pena solo se il giudice non ha motivato la sua scelta o lo ha fatto in modo manifestamente illogico. Nel caso specifico, il riferimento agli elementi ritenuti decisivi era stato adeguatamente esplicitato nella sentenza d’appello.
Le motivazioni
La decisione della Corte si fonda su un principio cardine del nostro ordinamento processuale: la netta distinzione tra il giudizio di merito e il giudizio di legittimità. Il primo, svolto nei tribunali e nelle corti d’appello, ha il compito di accertare i fatti e le responsabilità. Il secondo, riservato alla Corte di Cassazione, ha la funzione di controllare la corretta applicazione delle norme di diritto e la coerenza logica delle motivazioni. Tentare di superare questi confini, chiedendo alla Cassazione di agire come un giudice di merito, porta inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità.
Le conclusioni
L’ordinanza in esame è un monito chiaro: un ricorso per Cassazione deve essere preparato con estrema perizia tecnica, concentrandosi esclusivamente su vizi di legittimità. Proporre motivi generici, ripetitivi o che mirano a una rivalutazione dei fatti non solo è inutile, ma comporta anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. La conoscenza approfondita dei limiti del ricorso in Cassazione è, quindi, il primo passo per un’efficace strategia difensiva nell’ultimo grado di giudizio.
Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile se non presenta motivi specifici di violazione di legge, ma si limita a ripetere argomentazioni già respinte (pedissequa reiterazione) o se chiede alla Corte una nuova valutazione dei fatti, compito che non le spetta.
La Corte di Cassazione può riesaminare le prove di un processo?
No, la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità e non di merito. Il suo ruolo è verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza sia logica, non può riesaminare le prove o ricostruire diversamente i fatti del caso.
È possibile contestare l’entità della pena inflitta davanti alla Corte di Cassazione?
Sì, ma solo a condizioni molto precise. Non si può contestare la pena semplicemente perché la si ritiene troppo alta. È possibile farlo solo se la motivazione del giudice di merito è inesistente, manifestamente illogica o contraddittoria rispetto ai criteri di legge (artt. 132 e 133 c.p.). La scelta sulla misura della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 30192 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 30192 Anno 2024
Presidente: COGNOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 02/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 01/12/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME, ritenuto che il primo motivo di ricorso, che contesta la correttezza della motivazione quanto alla prova della responsabilità penale dell’imputato, è indeducibile perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito all pagine 2 e 3 della sentenza impugnata, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
considerato che il secondo motivo di ricorso, che contesta la violazione dell’art. 192 cod. proc. pen., non è consentito dalla legge in sede di legittimit perché tende ad ottenere una inammissibile ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito, il quale, c motivazione esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitato le ragioni del su convincimento (si vedano, in particolare, le pagg. 2 e 3 della sentenza impugnata;
che esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una ‘rilettur degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito (per tutte: Sez. U, n. 6402, del 30/4/1997, Dessimone, Rv. 207944);
considerato che il terzo motivo di ricorso, che contesta l’eccessività della pena non è consentito dalla legge in sede di legittimità ed è manifestamente infondato perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare la pena base rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; che nella specie l’onere argomentativo del giudice è adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti (si veda, in particolare pag. 3 della sentenza impugnata);
che le circostanze attenuanti generiche erano già state riconosciute con giudizio di equivalenza sulle circostanze di opposto segno e che non vi era alcun motivo di appello con il quale era stata contestata l’applicazione della recidiva;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al pagamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 2 luglio 2024
Il Consigliere Estensore