Limiti del Ricorso in Cassazione: Quando l’Appello è Inammissibile
L’ordinanza in esame offre un’importante lezione sui limiti del ricorso in Cassazione, specialmente nel contesto di un giudizio di rinvio. La Suprema Corte chiarisce con fermezza quali argomenti non possono più essere discussi una volta che una parte della sentenza è diventata definitiva. Questo caso dimostra come un ricorso possa essere dichiarato inammissibile se tenta di riaprire questioni già decise, cristallizzando il principio di certezza del diritto.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale riguarda una persona condannata in primo grado dal Tribunale per una serie di reati di furto. La sentenza veniva parzialmente riformata dalla Corte d’Appello. Successivamente, la Corte di Cassazione, con una prima sentenza, annullava parzialmente la decisione d’appello, ma con rinvio.
In particolare, la Cassazione aveva dichiarato inammissibili i motivi di ricorso sulla colpevolezza, rendendo definitiva l’affermazione di responsabilità per alcuni reati. Aveva però escluso la procedibilità per altri reati per mancanza di querela, rinviando il caso alla Corte d’Appello per la sola rideterminazione della pena complessiva. La Corte d’Appello, in qualità di giudice del rinvio, ricalcolava la pena, condannando l’imputata a tre anni e un mese di reclusione e 1.200,00 euro di multa. È contro questa nuova sentenza che l’imputata ha proposto un ulteriore ricorso in Cassazione.
I Motivi del Ricorso
Il nuovo ricorso si basava su due principali motivi:
1. Vizio di motivazione sulla responsabilità: La ricorrente lamentava che la Corte d’Appello, nel giudizio di rinvio, non avesse motivato in merito alla sua responsabilità penale, nonostante fosse stata chiesta l’assoluzione.
2. Errata determinazione della pena: Si contestava la misura degli aumenti di pena applicati per i reati satellite in continuazione, definendo la motivazione “scarna” e non in linea con i principi giurisprudenziali.
L’Analisi della Corte e i limiti del ricorso in cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile, smontando entrambi i motivi con argomentazioni nette e basate sui principi procedurali che regolano il giudizio di rinvio.
Sul primo punto, la Corte ha sottolineato che il ricorso non si confrontava con la realtà processuale. La precedente sentenza della Cassazione aveva già reso definitiva l’affermazione di colpevolezza per i reati residui. Di conseguenza, la Corte d’Appello, come giudice del rinvio, era vincolata a quel verdetto e non aveva alcun potere di riesaminare la responsabilità dell’imputata. Il suo compito era limitato al ricalcolo della pena. Pertanto, il motivo era palesemente infondato.
Anche il secondo motivo, relativo alla pena, è stato giudicato inammissibile. La Corte ha ritenuto la doglianza generica e manifestamente infondata. La sentenza impugnata aveva infatti ridotto l’aumento complessivo per la continuazione e aveva confermato gli aumenti singoli per ciascun reato satellite basandosi sulla loro gravità, come già valutato nella prima sentenza d’appello. Inoltre, la stessa Cassazione, nella sua precedente decisione, aveva già dichiarato inammissibile il motivo relativo all’eccessività della pena, chiudendo di fatto ogni ulteriore discussione sul punto.
Le Motivazioni della Decisione
La decisione si fonda sul principio del “giudicato progressivo” e sui poteri del giudice del rinvio. Quando la Cassazione annulla una sentenza solo su specifici punti, tutte le altre parti della decisione non annullate passano in giudicato, diventando cioè definitive e immutabili. Il giudice del rinvio ha quindi un mandato limitato: deve attenersi ai principi di diritto enunciati dalla Cassazione e decidere esclusivamente sulle questioni che gli sono state demandate.
Nel caso specifico, la colpevolezza era un capitolo chiuso. Il tentativo della difesa di riaprire tale questione era destinato a fallire, poiché si scontrava con i chiari limiti del ricorso in cassazione contro una sentenza emessa in sede di rinvio. L’inammissibilità del ricorso ha comportato la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, come previsto quando un ricorso viene proposto senza fondamento.
Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un concetto fondamentale della procedura penale: non si può utilizzare il giudizio di rinvio per rimettere in discussione aspetti della controversia già definiti in modo irrevocabile. I limiti del ricorso in cassazione in queste circostanze sono stringenti e mirano a garantire l’efficienza del sistema giudiziario e la certezza del diritto. Per gli avvocati e i loro assistiti, ciò significa che la strategia difensiva deve concentrarsi esclusivamente sui punti aperti dalla sentenza di annullamento, evitando di proporre motivi di ricorso destinati a un’inevitabile declaratoria di inammissibilità.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché pretendeva di discutere nuovamente la colpevolezza dell’imputata, un punto che era già stato reso definitivo e non più giudicabile da una precedente sentenza della stessa Corte di Cassazione.
Qual è il ruolo del ‘giudice del rinvio’ dopo un annullamento parziale della Cassazione?
Il giudice del rinvio ha il compito limitato di decidere nuovamente solo sulle questioni specifiche indicate dalla Corte di Cassazione nella sua sentenza di annullamento. Non può riesaminare le parti della sentenza precedente che non sono state annullate e che sono diventate definitive.
È possibile contestare la determinazione della pena nel giudizio di rinvio?
È possibile contestarla solo se la questione rientra nei limiti del rinvio disposti dalla Cassazione. In questo caso, il motivo sulla pena è stato ritenuto inammissibile perché generico e perché la stessa questione era già stata dichiarata inammissibile in una precedente decisione della Cassazione, rendendo la discussione non più proponibile.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36614 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36614 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
GROSSO NOME COGNOME nato a MOLFETTA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 21/03/2024 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME, per mezzo del suo difensore AVV_NOTAIO, ha proposto ricorso contro la sentenza emessa in data 21 marzo 2024 con cui la Corte di appello di Bari, quale giudice del rinvio disposto dalla Corte di cassazione con sentenza in data 23 maggio 2023, parzialmente riformando la sentenza emessa dal Tribunale di Trani in data 10 giugno 2020, l’ha condannata alla pena di anni tre, mesi uno di reclusione ed euro 1.200,00 di multa per vari reati di furto commessi tra l’ottobre 2012 e il gennaio 2013;
rilevato che la ricorrente deduce il vizio di motivazione per avere la Corte di appello omesso di motivare in ordine alla sua responsabilità per i reati per i quali l’ha condannata, pur essendo stata l’assoluzione chiesta con i motivi di appello, e sussistendo in atti tutti gli elementi idonei per il suo proscioglimento;
ritenuto che il ricorso sia inammissibile perché non si confronta con la sentenza impugnata, in cui la Corte di appello ha evidenziato di essere vincolata al contenuto della sentenza di annullamento con rinvio della Suprema Corte, n. 27574 del 23 maggio 2023, che ha dichiarato inammissibili tutti i mo ivi di ricorso della ricorrente, limitandosi ad escludere la procedibilità per mancanza di querela di alcuni dei molti reati contestati, facendo perciò divenire definitiva, e non più giudicabile, l’affermazione della sua colpevolezza per i delitti residui;
ritenuto altresì che il ricorso sia inammissibile quanto alla doglianza dell’avere la Corte di appello confermato gli aumenti della continuazione nella misura calcolata nelle precedenti sentenze, con una « motivazione scarna» e senza applicare i principi della giurisprudenza di legittimità, trattandosi di doglianza generica e manifestamente infondata, in quanto la sentenza impugnata ha ridotto l’aumento complessivo per la continuazione con tre reati satellite residui, e ha confermato l’entità di ogni singolo aumento per la gravità di ciascuno di tali reati satellite, come ampiamente valutata nella prima sentenza di appello, che è stata annullata limitatamente alla rideterminazione della pena a seguito della declaratoria di improcedibilità di alcuni dei reati posti in continuazione, avendo la sentenza rescindente dichiarato inammissibile anche il motivo di ricorso relativo all’eccessività della pena inflitta;
ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale e in mancanza di elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in
colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in euro 3.000,00;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 23 ottobre 2025
Il Consigliere estensore
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Il Pesi