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Limiti indulto: la Cassazione corregge il calcolo

La Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza di un giudice dell’esecuzione che aveva concesso un indulto di tre anni a una condannata. La Corte ha riscontrato un errore nell’applicazione dei limiti dell’indulto, poiché la donna aveva già beneficiato parzialmente dello stesso condono in un precedente procedimento. Il beneficio totale non può superare il massimo legale di tre anni. Il caso è stato rinviato per un nuovo calcolo del beneficio residuo.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Limiti Indulto: La Cassazione Annulla un Condono Eccedente

L’applicazione dei benefici penitenziari, come l’indulto, richiede un’attenta valutazione per rispettare i precisi confini stabiliti dalla legge. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito l’importanza di rispettare i limiti indulto totali, anche quando il beneficio viene concesso in più riprese. In questo caso, la Corte ha annullato la decisione di un Tribunale che aveva concesso un indulto di tre anni senza considerare un precedente condono già goduto dalla stessa persona, superando così il massimo consentito.

I Fatti del Caso

Il Tribunale, in funzione di giudice dell’esecuzione, aveva ricalcolato la pena complessiva per una donna, riconoscendo il vincolo della continuazione tra diverse sentenze e determinando una pena finale di tre anni e otto mesi di reclusione, oltre a una multa. Contestualmente, il Tribunale concedeva alla condannata il beneficio dell’indulto nella misura massima di tre anni per la pena detentiva e per l’intera pena pecuniaria.

Tuttavia, il Procuratore della Repubblica ha impugnato questa decisione, evidenziando un errore cruciale: la donna aveva già beneficiato, anni prima, di un provvedimento di condono basato sulla stessa legge (L. n. 241/2006). In quella precedente occasione, le era stata condonata una pena di due anni, quattro mesi e ventisette giorni di reclusione. Sommando i due benefici, si superava ampiamente il limite massimo previsto dalla normativa.

La Questione Giuridica sui Limiti dell’Indulto

Il nucleo della controversia riguardava l’interpretazione e l’applicazione dell’art. 1 della legge n. 241/2006. Questa norma stabilisce che l’indulto non può essere concesso in misura superiore a tre anni per le pene detentive e a 10.000 euro per quelle pecuniarie. Il ricorso del Procuratore sosteneva che questo limite è assoluto e deve tenere conto di tutti i benefici concessi in base alla medesima legge, anche se derivanti da procedimenti diversi e in momenti differenti.

Il giudice dell’esecuzione, invece, concedendo un nuovo indulto per l’intera durata di tre anni, ha di fatto ignorato il beneficio già fruito dalla condannata, violando i limiti indulto imposti dal legislatore. La questione sottoposta alla Cassazione era quindi se il limite di tre anni fosse da considerarsi ‘per singolo provvedimento’ o ‘complessivo per persona’.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto pienamente il ricorso del Procuratore, ritenendolo fondato. I giudici supremi hanno chiarito che il limite di tre anni previsto dalla legge sull’indulto è invalicabile e si riferisce al beneficio totale di cui una persona può usufruire in base a quella specifica legge. Non è possibile ‘azzerare’ il conteggio e concedere nuovamente il beneficio per intero.

Nel caso specifico, la documentazione prodotta, tra cui il certificato del casellario giudiziario, dimostrava in modo inequivocabile che la condannata aveva già ottenuto un condono di quasi due anni e mezzo. Il Tribunale, concedendo un ulteriore indulto di tre anni, ha ‘travalicato i limiti posti dalla legge’. La Corte ha definito l’ordinanza ‘illegittima’ nella parte relativa alla concessione del beneficio, in quanto non teneva conto del ‘quantum’ di indulto già goduto.

Conclusioni

In conclusione, la Suprema Corte ha annullato l’ordinanza impugnata limitatamente alla misura dell’indulto applicabile. Ha disposto il rinvio al Tribunale affinché proceda a un nuovo giudizio sul punto. Il giudice dell’esecuzione dovrà ora ricalcolare l’esatta misura del beneficio residuo spettante alla condannata, sottraendo dal massimo di tre anni la porzione di pena già condonata con il precedente provvedimento. Questa sentenza riafferma un principio fondamentale: i benefici di clemenza sono soggetti a limiti rigorosi che devono essere calcolati con precisione, garantendo una corretta e uniforme applicazione della legge sull’intero territorio nazionale.

È possibile ricevere l’indulto previsto dalla stessa legge più di una volta?
Sì, ma solo fino al raggiungimento del limite massimo complessivo previsto dalla legge. Il beneficio totale ricevuto da una persona in base alla legge n. 241/2006 non può superare i tre anni per le pene detentive, indipendentemente dal numero di provvedimenti che lo concedono.

Qual è stato l’errore commesso dal giudice dell’esecuzione in questo caso?
L’errore è stato concedere un indulto di tre anni senza considerare che la condannata aveva già usufruito di un precedente condono di oltre due anni e quattro mesi in virtù della stessa legge. In questo modo, il giudice ha superato il limite massimo totale di tre anni di beneficio consentito.

Cosa accade dopo la decisione della Corte di Cassazione?
La Corte ha annullato la decisione del Tribunale solo per quanto riguarda la misura dell’indulto. Il caso torna allo stesso Tribunale, che dovrà effettuare un nuovo calcolo per determinare l’esatta porzione di indulto ancora applicabile, sottraendo dal massimo di tre anni la parte di pena già condonata in passato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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