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Lieve entità stupefacenti: quando non si applica?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’imputata che chiedeva il riconoscimento del reato di spaccio di lieve entità stupefacenti. La decisione si basa sulla considerevole quantità di cocaina detenuta (107 grammi) e sulla somma di denaro (540 euro) trovata in suo possesso, elementi ritenuti incompatibili con la fattispecie meno grave.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Lieve Entità Stupefacenti: Quando la Quantità e il Denaro Escludono lo Sconto di Pena

Il concetto di lieve entità stupefacenti, previsto dall’articolo 73, comma 5, del Testo Unico sugli Stupefacenti, rappresenta una valvola di sfogo del sistema penale, permettendo di punire in modo meno severo i fatti di spaccio considerati di minima offensività. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e dipende da una valutazione complessiva del giudice. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito quali sono gli elementi che possono escludere categoricamente tale beneficio, focalizzandosi sul dato ponderale e sul possesso di denaro.

Il Caso in Esame: Un Ricorso Contro la Condanna per Spaccio

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un’imputata contro la sentenza della Corte d’Appello che l’aveva condannata per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti. La difesa sosteneva che il fatto dovesse essere ricondotto all’ipotesi di lieve entità, con una conseguente riduzione della pena. L’imputata era stata trovata in possesso di 107 grammi lordi di cocaina, quantitativo ritenuto idoneo al confezionamento di 247 dosi medie giornaliere. Inoltre, occultava nel reggiseno la somma di 540 euro in banconote di piccolo taglio, considerata provento di una pregressa attività di spaccio.

La Decisione della Corte d’Appello

I giudici di secondo grado avevano respinto la richiesta di derubricazione, ritenendo che la notevole quantità di droga e il denaro contante fossero elementi sintomatici di un’attività di spaccio non marginale e, pertanto, incompatibile con la fattispecie di lieve entità.

I Criteri per la Valutazione della Lieve Entità Stupefacenti

La Corte di Cassazione, nel dichiarare inammissibile il ricorso, ha colto l’occasione per ribadire i principi consolidati in materia, richiamando una fondamentale sentenza delle Sezioni Unite (n. 51063 del 2018). Secondo tale orientamento, per stabilire se un fatto è di lieve entità, il giudice deve compiere una valutazione globale che tenga conto di tutti gli indici previsti dalla norma:

* I mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione.
* La qualità e la quantità delle sostanze stupefacenti.

Non si può, quindi, isolare un singolo elemento, ma è necessaria una visione d’insieme. Se da questa analisi emerge che il fatto è di minima offensività, si applica la norma più favorevole.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso inammissibile perché di natura puramente “valutativa”, ovvero teso a ottenere una nuova e diversa valutazione dei fatti, compito che non spetta al giudice di legittimità. La Corte ha stabilito che la sentenza d’appello aveva applicato correttamente i principi di diritto. In particolare, il ragionamento dei giudici di merito era immune da vizi logici nell’escludere la lieve entità stupefacenti sulla base di due elementi oggettivi e decisivi: il considerevole dato ponderale della cocaina e la somma di denaro, chiaro indice di un’attività di spaccio già avviata e redditizia. La combinazione di questi due fattori rendeva l’attività del tutto estranea a una dimensione di minima importanza.

Le Conclusioni

L’ordinanza conferma un punto cruciale: la qualificazione di un fatto di spaccio come di lieve entità non può prescindere da una valutazione rigorosa della quantità di droga detenuta e degli altri indicatori di professionalità, come il possesso di denaro contante. Un quantitativo significativo, capace di generare centinaia di dosi, e la disponibilità di somme di denaro in piccolo taglio sono elementi che, se valutati congiuntamente, costituiscono una barriera quasi insormontabile al riconoscimento del beneficio. La decisione sottolinea inoltre le conseguenze di un ricorso inammissibile: la condanna del ricorrente al pagamento non solo delle spese processuali, ma anche di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, a testimonianza della serietà con cui l’ordinamento sanziona l’abuso dello strumento processuale.

È possibile ottenere la qualifica di ‘lieve entità’ se si viene trovati con una grande quantità di stupefacenti?
No, secondo questa ordinanza, un “considerevole dato ponderale” (in questo caso 107 grammi di cocaina, pari a 247 dosi) è un elemento chiave che porta a escludere la lieve entità del fatto.

Il possesso di denaro contante influisce sulla valutazione della lieve entità?
Sì, il possesso di una somma di denaro (in questo caso 540 euro in piccolo taglio), ritenuta provento di spaccio, è un altro indice sintomatico che, insieme alla quantità di droga, giustifica l’esclusione dell’ipotesi di reato meno grave.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
La parte che ha proposto il ricorso viene condannata al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria (in questo caso 3.000 euro) a favore della Cassa delle ammende, a meno che non dimostri di non avere colpa nell’aver causato l’inammissibilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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