Lieve entità stupefacenti: la Cassazione dichiara inammissibile il ricorso
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato un caso relativo al reato di detenzione di sostanze stupefacenti, fornendo importanti chiarimenti sui criteri di valutazione della gravità del fatto e sui limiti dell’impugnazione in sede di legittimità. La decisione si concentra sul concetto di lieve entità stupefacenti, delineando i confini tra la valutazione di merito, riservata ai giudici dei primi due gradi, e il controllo di legittimità della Cassazione. Analizziamo insieme i dettagli di questa pronuncia e le sue implicazioni pratiche.
I fatti del caso
Il ricorrente era stato condannato per il reato previsto dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990, ovvero la detenzione di sostanze stupefacenti di lieve entità. Nello specifico, era stato trovato in possesso di una modesta quantità di eroina (1,3 grammi, già suddivisa in due dosi) e di una quantità non marginale di hashish (22 grammi). Oltre alle sostanze, le forze dell’ordine avevano rinvenuto anche materiale per il confezionamento, come un coltello e un bilancino di precisione.
Un ulteriore elemento rilevante era la condizione personale dell’imputato: egli era rientrato clandestinamente in Italia dopo essere stato precedentemente espulso. Di fronte alla condanna della Corte d’Appello, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, contestando la valutazione delle prove e la mancata applicazione di alcune circostanze a lui favorevoli.
La decisione della Corte di Cassazione e la valutazione sulla lieve entità stupefacenti
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La ragione principale risiede nella natura dei motivi proposti: essi, secondo la Corte, erano generici e tendevano a un riesame del merito della vicenda, ovvero a una diversa interpretazione delle prove già valutate dai giudici dei gradi precedenti. Tale operazione è preclusa in sede di legittimità, dove la Cassazione può giudicare solo sulla corretta applicazione della legge e non sui fatti.
I giudici hanno quindi confermato la decisione della Corte d’Appello, ritenendola immune da vizi logici o giuridici. La sentenza impugnata aveva correttamente valorizzato tutti gli elementi a disposizione per delineare la gravità del comportamento dell’imputato.
Le motivazioni: perché il ricorso è stato respinto?
La decisione della Cassazione si fonda su tre pilastri argomentativi principali che meritano un’analisi approfondita.
1. La diversità delle sostanze e il dato quantitativo
La Corte ha sottolineato come i giudici di merito avessero correttamente tenuto conto non solo della quantità, ma anche della diversità delle sostanze detenute (eroina e hashish). Questo elemento, unito alla presenza di materiale per il confezionamento, è stato considerato un indice di una condotta non del tutto marginale, giustificando l’esclusione dell’attenuante del danno di speciale tenuità (art. 62, n. 4 c.p.). Il potenziale profitto derivante dalla vendita di entrambe le droghe è stato ritenuto tutt’altro che trascurabile.
2. Esclusione della non punibilità per particolare tenuità del fatto
Il ricorrente chiedeva anche l’applicazione dell’art. 131-bis c.p., che prevede la non punibilità per i reati particolarmente tenui. La Cassazione ha confermato la correttezza della decisione dei giudici di merito di escludere tale causa di non punibilità. La valutazione non si è basata solo sulla quantità di droga, ma ha incluso le condizioni personali dell’imputato (il rientro clandestino dopo l’espulsione) e le concrete modalità del fatto. La Corte ha ribadito un principio importante: la configurabilità del reato nella sua forma di lieve entità stupefacenti non comporta automaticamente l’applicazione della non punibilità per particolare tenuità del fatto. Si tratta di due istituti giuridici distinti, che richiedono valutazioni autonome.
3. Genericità del ricorso come vizio insanabile
Infine, la Corte ha ribadito che un ricorso per Cassazione non può limitarsi a criticare l’apprezzamento delle prove fatto dal giudice di merito, proponendone uno alternativo. Deve invece individuare precisi vizi di legge o difetti logici manifesti nella motivazione della sentenza impugnata. In questo caso, i motivi del ricorso sono stati giudicati generici proprio perché si limitavano a contestare la valutazione fattuale, senza evidenziare reali errori di diritto.
Conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza
Questa ordinanza offre spunti di riflessione significativi. In primo luogo, ribadisce che nel valutare la gravità di un reato di droga, il giudice deve considerare un complesso di fattori: non solo la quantità, ma anche la tipologia delle sostanze, la presenza di strumenti per lo spaccio e il profilo personale dell’imputato. In secondo luogo, chiarisce la netta distinzione tra il reato di lieve entità e la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, sottolineando che il primo non è un presupposto automatico per la seconda. Infine, rappresenta un monito per la difesa: un ricorso in Cassazione deve essere tecnicamente ineccepibile e concentrarsi su questioni di diritto, evitando di trasformarsi in un tentativo di terzo grado di giudizio sul merito dei fatti.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché i motivi presentati erano generici e miravano a ottenere un riesame delle prove e dei fatti, attività che non è consentita alla Corte di Cassazione, la quale si occupa solo di questioni di diritto.
La detenzione di più tipi di droga, anche in piccole quantità, può escludere le attenuanti?
Sì, la Corte ha confermato che la detenzione di diverse tipologie di sostanze stupefacenti (in questo caso eroina e hashish), unitamente ad altri elementi come la disponibilità di materiale per il confezionamento, è un fattore che i giudici possono legittimamente considerare per escludere l’applicazione di attenuanti, poiché indica una potenziale attività di spaccio con un profitto non trascurabile.
Il reato di lieve entità stupefacenti comporta automaticamente la non punibilità per particolare tenuità del fatto?
No. La Corte ha chiarito che il riconoscimento del reato nella sua forma di lieve entità (art. 73, comma 5) non implica automaticamente l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.). La valutazione per quest’ultima deve tenere conto di ulteriori elementi, come le modalità della condotta e le condizioni personali dell’imputato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 46968 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 46968 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 25/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il 04/04/1981
avverso la sentenza del 19/01/2024 della CORTE APPELLO di ANCONA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso di Ben RAGIONE_SOCIALE; dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che il ricorso è inammissibile perché i motivi di ricorso, concernenti la responsabilità per il reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990, sono generici perché volti all’apprezzamento alternativo delle risultanze di prova essendo stata valorizzata la detenzione di diverse sostanze stupefacenti, eroina (gr. 1,3, confezionata in due dosi) e hashish, quest’ultima in quantità non marginale (gr. 22) nonché di materiale atto al confezionamento (coltello e bilancino).
La diversità delle sostanze detenute e il dato quantitativo sono state correttamente valorizzate dai giudici del merito per escludere l’applicazione dell’attenuante di cui all’art. 62, n. 4 cod. pen. potendo conseguire dallo spaccio un profitto tutt’altro che trascurabile, tenuto conto del prezzo medio su strada dell’eroina e dell’hashish. Le condizioni personali dell’imputato, rientrato clandestinamente in Italia dopo essere stato espulso, e le concrete modalità del fatto sono stati, infine, correttamente valorizzati per escludere l’applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. che non consegue automaticamente alla configurabilità del fatto ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. cit., secondo la corretta interpretazione dei giudici del merito;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 25 novembre 2024 La consigliera relatricé NOME COGNOME
La Presi nte