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Lieve entità stupefacenti: quando è esclusa?

Un individuo è stato condannato per spaccio di stupefacenti dopo essere stato trovato in possesso di un’ingente quantità di cocaina. In sede di ricorso, ha richiesto la riqualificazione del reato nella fattispecie di ‘lieve entità stupefacenti’. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando che l’elevato quantitativo della sostanza, l’alto grado di purezza e le circostanze fattuali (come il comportamento del soggetto e il luogo del ritrovamento) sono elementi sufficienti a escludere la fattispecie meno grave e a confermare l’intento di spaccio.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Lieve Entità Stupefacenti: Quando la Quantità Esclude lo Sconto di Pena?

La distinzione tra spaccio di droga e detenzione per uso personale è una delle questioni più delicate nel diritto penale. Ancora più complessa è la valutazione della lieve entità stupefacenti, una fattispecie che consente una pena più mite. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce con forza quali sono i criteri per escludere questa ipotesi meno grave, sottolineando come un singolo elemento, come l’ingente quantitativo, possa essere decisivo.

I Fatti del Caso: Oltre la Semplice Detenzione

Il caso riguarda un uomo condannato in primo e secondo grado a quattro anni di reclusione e 18.000 euro di multa per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti. L’imputato era stato trovato in possesso di 45 grammi di cocaina, da cui si sarebbero potute ricavare circa 232 dosi.

Gli elementi a suo carico non si limitavano alla sola quantità. Altri indizi hanno contribuito a delineare un quadro accusatorio solido:
– Il luogo del controllo, una zona notoriamente frequentata per attività di spaccio.
– Il comportamento dell’uomo: fermo su un motociclo acceso, si è mostrato insolitamente nervoso alla vista degli agenti, tentando immediatamente la fuga e cercando di disfarsi della sostanza.
– Il ritrovamento di denaro in banconote di piccolo taglio, tipico provento dell’attività di spaccio.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione basandosi su tre motivi principali:
1. Errata valutazione dei fatti: Contestava la conclusione dei giudici secondo cui la droga fosse destinata allo spaccio.
2. Mancata riqualificazione del reato: Chiedeva che il fatto venisse classificato come reato di lieve entità, ai sensi dell’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990, che prevede pene molto più basse.
3. Eccessività della pena: Lamentava la mancata concessione delle attenuanti generiche e la severità della pena inflitta, aggravata dalla recidiva.

La Decisione della Corte: Criteri per la Lieve Entità Stupefacenti

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato in ogni suo punto. Vediamo nel dettaglio il ragionamento dei giudici.

L’Intenzione di Spaccio e il Ruolo degli Indizi

Sul primo punto, la Corte ha ricordato che non può riesaminare i fatti, ma solo verificare la logicità e la correttezza giuridica della motivazione dei giudici di merito. In questo caso, la valutazione è stata ritenuta ineccepibile. L’insieme degli indizi (quantità, purezza della sostanza, luogo, comportamento nervoso, fuga, denaro) costituiva un quadro probatorio univoco e coerente, che giustificava pienamente la conclusione dell’intento di spaccio.

L’Esclusione della Lieve Entità

Il cuore della decisione riguarda il secondo motivo. La Corte ha spiegato perché non era possibile applicare l’ipotesi della lieve entità stupefacenti. I giudici di merito avevano correttamente valorizzato elementi ostativi chiari: l’ingente quantitativo (45 grammi lordi, quasi 35 grammi di principio attivo) e l’elevato grado di purezza.

Citando un importante principio stabilito dalle Sezioni Unite della Cassazione, la Corte ha affermato che per escludere la lieve entità è sufficiente che anche uno solo degli indici previsti dalla legge (mezzi, modalità, circostanze, quantità e qualità) risulti “negativamente assorbente”. In altre parole, una quantità così significativa di droga è di per sé sufficiente a qualificare il fatto come grave, rendendo irrilevante ogni altra considerazione.

La Motivazione della Pena e la Recidiva

Infine, anche le doglianze sulla pena sono state respinte. La Corte ha osservato che la pena base era stata fissata in una misura molto vicina al minimo previsto dalla legge, pertanto non era necessaria una motivazione particolarmente dettagliata. Riguardo alla recidiva, i giudici hanno correttamente evidenziato come l’imputato, nonostante precedenti condanne per reati gravi come la rapina, avesse perseverato nella commissione di illeciti, dimostrando una spiccata tendenza a delinquere.

le motivazioni

La motivazione della Corte di Cassazione si fonda sulla correttezza logico-giuridica delle sentenze di merito. I giudici hanno stabilito che la destinazione allo spaccio era stata desunta da un quadro indiziario solido e convergente, che includeva non solo il quantitativo ma anche il contesto e il comportamento dell’imputato. Per quanto riguarda la mancata concessione della lieve entità, la Corte ha ribadito un principio giurisprudenziale consolidato: l’ingente quantitativo e l’elevata purezza della sostanza sono fattori di per sé sufficienti a escludere la fattispecie meno grave, in quanto indicatori di una notevole offensività del fatto. Infine, la determinazione della pena è stata ritenuta congrua e adeguatamente motivata, soprattutto in relazione alla recidiva, che testimoniava la persistenza dell’imputato nel commettere reati.

le conclusioni

Questa ordinanza conferma l’orientamento rigoroso della giurisprudenza in materia di stupefacenti. La qualificazione di un fatto come di lieve entità non è mai automatica ma richiede una valutazione complessiva di tutti gli elementi. In particolare, la quantità e la purezza della sostanza detenuta assumono un ruolo centrale e possono essere decisive per escludere l’applicazione di un trattamento sanzionatorio più mite. La decisione sottolinea inoltre che la storia criminale di un imputato (la recidiva) continua ad avere un peso significativo nella determinazione della pena, limitando la possibilità di ottenere sconti o benefici.

Quali elementi possono dimostrare l’intenzione di spacciare droga, oltre alla semplice detenzione?
Secondo la Corte, l’intenzione di spaccio è stata provata da un insieme di indizi, tra cui: il significativo quantitativo di sostanza (45 grammi di cocaina, pari a 232 dosi), incompatibile con l’uso personale; il luogo del rinvenimento, noto per lo spaccio; il comportamento dell’imputato (nervosismo, tentativo di fuga e di disfarsi della droga); e il possesso di denaro in banconote di piccolo taglio.

Un’elevata quantità di droga è sufficiente per escludere il reato di ‘lieve entità stupefacenti’?
Sì. La Corte ha ribadito che, secondo la giurisprudenza consolidata delle Sezioni Unite, anche un solo elemento negativo, come un ingente quantitativo e l’elevato grado di purezza della sostanza, può essere ‘assorbente’ e quindi sufficiente a escludere la configurabilità della lieve entità, a prescindere da altre circostanze.

Perché la Corte non ha ridotto la pena o concesso le attenuanti generiche?
La Corte ha ritenuto la pena adeguata perché già fissata in una misura prossima al minimo edittale. Inoltre, ha confermato la decisione di non concedere ulteriori benefici a causa della recidiva dell’imputato, il quale, nonostante precedenti condanne per reati gravi (rapina), aveva dimostrato di persistere nella commissione di illeciti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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